CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 febbraio 2018, n. 2936
Tributi – Condono – Art. 9-bis, Legge n. 289 del 2002 – Definizione dei ritardati ed omessi versamenti – Pagamento rateale – Perfezionamento del condono – Integrale pagamento nei termini – Mancanza – Legittimazione dell’Amministrazione finanziaria al recupero della originaria imposta dovuta
Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale R. S., presentate con riferimento al ricorso iscritto al n. 762/2011, del quale il predetto P.M. ha chiesto l’accoglimento.
Rilevato
che con il ricorso per cassazione iscritto al n. 766/2011 R.G.N. l’Agenzia delle Entrate impugna, con due mezzi, nei confronti del Fallimento U. S.r.l. in liquidazione, della F. Group S.p.A. in liquidazione e della SO.GE.PA., Società Generale di Partecipazioni S.p.A. in liquidazione (la quale ultima resiste con controricorso), la sentenza n. 33/2/10 depositata il 13 maggio 2010 con la quale la Commissione tributaria regionale del Piemonte ne ha rigettato l’appello ritenendo illegittimi i provvedimenti di diniego comunicati in relazione a domande di definizione dei ritardati ed omessi versamenti presentate, ai sensi dell’art. 9-bis legge 27 dicembre 2002, n. 289, dalla U. S.r.l. nel 2003 e nel 2004 e dalla F. Group S.p.A. in liquidazione nel 2004;
che con i ricorsi iscritti ai nn. 762/2011 e 770/2011 R.G.N. l’Agenzia delle entrate impugna, in entrambi con sette motivi, nei confronti del solo Fallimento U. S.r.l. in liquidazione (che non svolge difese nella presente sede), la sentenze n. 19/26/10 e n. 18/26/10, depositate il 25 marzo 2010, con le quali la stessa C.T.R. ne ha rigettato gli appelli, ritenendo illegittime le cartelle di pagamento alla predetta società notificate per il pagamento, rispettivamente, di euro 435.558,67 e di euro 1.822.678,40, a titolo di omessi versamenti di ritenute alla fonte, Irap, Iva, oltre sanzioni e interessi, a seguito del mancato perfezionamento del condono richiesto per gli anni d’imposta 2002 e 2003 (oggetto di diniego con i provvedimenti di cui alla controversia trattata nel surriferito ricorso n. 766/2011);
ritenuto che i tre ricorsi vanno riuniti, stante la stretta connessione tra di essi esistente;
considerato
che con il primo motivo del ricorso iscritto al n. 766/2011 R.G.N. l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 9-bis legge n. 289 del 2002, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3 cod. proc. civ., per avere la C.T.R. ritenuto che il tardivo versamento delle rate di condono non costituisce causa di mancato perfezionamento del condono medesimo e che anzi ad esso possa porsi rimedio (anche) con istanza presentata a seguito della riapertura dei termini di scadenza della relativa proposizione e con le maggiorazioni previste per il c.d. ravvedimento operoso;
che, con il secondo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 16 legge n. 289 del 2002, nonché degli artt. 10 e 11 legge 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, comma primo, num. 5 (sic), cod. proc. civ., per avere ritenuto ai fini predetti applicabile alla fattispecie l’istituto dell’errore scusabile, con riferimento al mancato pagamento delle rate di condono entro i termini previsti;
che censure analoghe vengono svolte negli altri ricorsi con il quarto motivo (identico per ciascuno di essi);
ritenuto che tali motivi sono fondati e devono condurre all’accoglimento di tutti e tre i ricorsi, con assorbimento dell’esame dei restanti motivi;
che, secondo principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, il condono tributario previsto dalla legge n. 289 del 2002, art. 9-bis, (come modificato dalla legge n. 350 del 2003, art. 2, comma 45 – legge finanziaria per il 2004) ha struttura e funzione (c.d. demenziale) diversa dalle altre forme di sanatoria previste dagli artt. 8, 9, 15 e 16 della medesima legge; ne discende che, in ipotesi di pagamento rateale, ai fini del perfezionamento del condono – che produce la definizione della lite pendente – non è sufficiente il pagamento della prima o di alcune rate, ma è necessario l’integrale pagamento nei termini perentori stabiliti per il versamento in un’unica soluzione ovvero in tre rate, in difetto restando legittimata l’Amministrazione finanziaria al recupero della originaria imposta dovuta (v. e plurimis Cass. n. 20745 del 2010; n. 19546 del 2011; n. 21364 del 2012; n. 10309, n. 10650, n. 25238 del 2013; n. 9440 e n. 20435 del 2014; n. 420, n. 5116, n. 7852, n. 8149, n. 8209, n. 8420, n. 9543, n. 10583, n. 10881 del 2015, n. 5165 del 2017);
che deve poi escludersi che la detta definizione agevolata possa avere ad oggetto le rate di una precedente istanza di definizione, presentata ai sensi della medesima norma, rimaste insolute;
che infatti, come questa Corte ha avuto modo di precisare, la portata della sanatoria introdotta dall’art. 9-bis legge n. 289 del 2002 ha un ambito ben definito dal legislatore («le imposte o le ritenute risultanti dalle dichiarazioni annuali») e non può estendersi fino a ricomprendervi imposte risultanti da atti totalmente diversi, quale la dichiarazione integrativa proposta in precedenza ai sensi della medesima disposizione condonistica (v. Cass. 24/10/2011, n. 22065; Cass. 24/11/2015, n. 23900);
che deve altresì escludersi che ai detti fini possa assumere rilievo scriminante l’errore scusabile: questo infatti nell’ordinamento tributario, costituisce espressione del principio di collaborazione e di buona fede al quale sono improntati i rapporti tra contribuente ed amministrazione finanziaria ed è riferibile esclusivamente agli istituti sanzionatori (per i quali rileva ove frutto di incertezza normativa oggettiva), restando, invece, sempre dovuto il tributo, né può essere invocato per giustificare l’errore sulla scadenza di un termine decadenziale per potersi avvalere di un istituto demenziale (v. ex multis Cass. 28/02/2017, n. 5105; Cass. 24/10/2016, n. 21416);
che in accoglimento delle predette censure le sentenze impugnate vanno pertanto cassate;
che, inoltre, non richiedendosi ulteriori accertamenti di fatto, è possibile decidere anche nel merito ciascuna delle controversie trattate, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., con il rigetto dei ricorsi introduttivi;
che tenuto conto del fatto che in relazione alla assorbente questione trattata la soluzione interpretativa accolta si è consolidata successivamente alla proposizione dei ricorsi, sussistono i presupposti per l’integrale compensazione tra le parti delle spese dei giudizi di merito, nonché di quelle del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Riunisce al ricorso n. 762/2011 R.G. quelli iscritti ai nn. 766/2011 e 770/2011 R.G.;
accoglie il ricorso iscritto al n. 766/2011 R.G. ed il quarto motivo dei ricorsi iscritti al n. 762/2011 R.G. ed al n. 770/2011 R.G.; dichiara assorbiti i rimanenti motivi; cassa le sentenze in relazione ai motivi accolti; decidendo nel merito, rigetta i ricorsi introduttivi.
Compensa integralmente le spese processuali.
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