CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 febbraio 2018, n. 2946
Tributi – Imposta di registro – Atto di compravendita di immobile – Rettifica di valore – Fabbricato in costruzione abusivo – Successivo diniego di condono e demolizione del manufatto – Immobile privo di valore dall’origine – Nullità della rettifica
Esposizione dei fatti di causa
1. Con contratto di compravendita del 29 settembre 2005 T.G. e P.S. acquistavano un fabbricato in corso di costruzione con annessa area scoperta sito in Palestrina indicando nell’atto il valore di euro 90.000. L’Agenzia delle Entrate, in data 25 settembre 2007, notificava avviso di liquidazione con cui rettificava il valore in euro 306.400,00.
Proponeva ricorso T.G. e la Commissione Tributaria Provinciale di Roma lo rigettava. Il contribuente proponeva appello e la Commissione Tributaria Regionale lo accoglieva sul rilievo che il Comune di Palestrina, con provvedimento notificato il 28 agosto 2007, aveva respinto la richiesta di condono edilizio proposta dal contribuente ed aveva disposto la demolizione del fabbricato abusivo in conformità alla sentenza emessa in data 16 gennaio 2007 dal tribunale di Tivoli, sezione staccata di Palestrina.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate affidato a due motivi. Il contribuente si è costituito in giudizio con controricorso illustrato con memoria.
3. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., in relazione agli articoli 46 del d.p.r. 380/2001, 51 e 52 del d.p.r. 131/86. Sostiene che non possono assumere alcun rilievo la nullità civilistica dell’atto di compravendita né le vicende successive ad essa, quali la mancata approvazione della domanda di permesso di costruire, in quanto la valutazione del bene doveva essere compiuta in riferimento al momento del suo trasferimento nello stato di fatto e di diritto esistente alla data dell’atto.
4. Con il secondo motivo deduce insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversie decisivi per il giudizio, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ.. Sostiene che la CTR ha recepito acriticamente le deduzioni del contribuente, il quale non aveva contestato in alcun modo la quantificazione del valore attribuito dall’ufficio e non aveva prodotto perizie di parte o fornito prove documentali del minor valore del fondo.
Esposizione delle ragioni della decisione
1. Osserva la Corte che entrambi i motivi di ricorso debbono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi. Essi sono infondati. Il D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 43, comma 1, lett. a, dispone che per i contratti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali la base imponibile sulla quale calcolare l’imposta di registro è costituita dal valore del bene o del diritto alla data dell’atto ovvero, per gli atti sottoposti a condizione sospensiva, ad approvazione o ad omologazione, alla data in cui si producono i relativi effetti traslativi o costitutivi. Nel caso che occupa la CTR ha accertato che il Comune di Palestrina, con provvedimento notificato il 28 agosto 2007, aveva respinto la richiesta di condono edilizio proposta dal contribuente ed aveva disposto la demolizione del fabbricato abusivo in conformità alla sentenza emessa in data 16 gennaio 2007 dal tribunale di Tivoli, sezione staccata di Palestrina, e che tali circostanze erano state rese note all’Agenzia delle Entrate da parte del contribuente, il quale aveva chiesto l’annullamento dell’atto impositivo. Ora, mette conto considerare che il fabbricato è stato ritenuto abusivo dall’amministrazione in data successiva alla stipula dell’atto di vendita ma il fabbricato stesso era privo di valore anche al momento dell’atto, dato che non ha mutato le sue caratteristiche dopo l’acquisto da parte dell’odierno controricorrente. Il T. ha acquistato, dunque, un fabbricato privo di valore perché abusivo, a nulla rilevando il fatto che il diniego della sanatoria e l’ordine di demolizione siano intervenuti in epoca successiva, posto che si tratta di provvedimenti amministrativi accertativi e sanzionatori che non mutano la qualità intrinseca del bene.
Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate a rifondere al contribuente le spese processuali che liquida in euro 4.000,00, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge.
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