CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 gennaio 2018, n. 222
Tributi – IRAP – Avvocato – Impiego di personale dipendente e collaborazioni esterne nella veste di sostituti processuali – Requisito di autonoma organizzazione – Esclusione – Rimborso
Con ricorso in Cassazione affidato a due motivi, nei cui confronti il contribuente ha resistito con controricorso, l’ente impositore impugnava la sentenza della CTR della Campania, relativa al silenzio rifiuto serbato dall’Agenzia delle Entrate, nei confronti della istanza di rimborso dell’IRAP per l’anno 2007, deducendo la violazione dell’art. 132 secondo comma n. 4 c.p.c. e dell’art. 36 del d.lgs. n. 546/92, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., in quanto, i giudici d’appello non avrebbero operato una concreta e completa disamina di tutti gli elementi emersi nel corso dell’istruttoria, con particolare riguardo alle spese per il lavoratore dipendente e alle spese per collaborazioni esterne, né avrebbero dato contezza del percorso logico seguito posto a fondamento della decisione finale.
Con un secondo motivo, l’Agenzia ha lamentato la violazione dell’art. 2 e dell’art. 3 del d.lgs. n. 446/97, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., in quanto, i giudici d’appello, in violazione delle norme di cui alla rubrica avevano ritenuto insussistente il requisito dell’autonoma organizzazione, benché il contribuente, esercente la professione di avvocato, si fosse avvalso di lavoro altrui sia nella forma di lavoro dipendente sia nella forma di collaborazioni esterne, in particolare, nella veste di sostituti processuali anche per l’intero procedimento, quali elementi sintomatici di rapporti continuativi e non occasionali.
Il Collegio ha deliberato di adottare la presente decisione in forma semplificata.
Il primo motivo di ricorso è infondato, in quanto, la motivazione della sentenza impugnata si pone, senz’altro, al di sopra del “minimo costituzionale” essendo stata resa una compiuta ricognizione dei mezzi istruttori e una loro valutazione coerente priva di vizi logici.
Anche il secondo motivo è infondato.
Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il requisito della autonoma organizzazione non ricorre quando il contribuente responsabile dell’organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive (Cass. sez. un. n. 9451 del 2016, Cass. n. 13405 del 2016, 18881/16), né sono indicativi del presupposto dell’autonoma organizzazione, i compensi corrisposti da un avvocato per le domiciliazioni presso colleghi (Cass. ord. n. 22695/16) o a colleghi-sostituti (Cass. ord. n. 20088/16) anche se all’esito di una verifica in concreto (Cass. ord. n. 16368/17).
Nel caso di specie, in effetti, l’ufficio propone una valutazione diversa da quella effettuata dal giudice del merito sulla occasionalità o meno del lavoro prestato a favore del contribuente, chiedendo, neppure troppo velatamente, un nuovo accertamento dei fatti di causa, che non è consentito nel presente grado di legittimità, se congruamente motivato, come nel caso di specie (Cass. n. 11892/16, 25608/13).
Il recente consolidarsi della giurisprudenza, giustifica la compensazione delle spese di lite del presente giudizio.
Poiché l’ufficio ricorrente è un’amministrazione dello Stato, non paga il doppio del contributo unificato (Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714; Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550)
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Spese compensate.
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