CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 giugno 2017, n. 14359
Contributi previdenziali – Omissione – Cartella esattoriale – Rapporto di lavoro subordinato – Sussistenza – Accertamento ispettivo
Rilevato
che, con sentenza del 24 settembre 2015, la Corte di Appello di L’Aquila, confermava la decisione del Tribunale di Pescara di rigetto delle opposizioni proposte da L.C. – quale legale rappresentante dell’Istituto P. s.r.l. – e dall’Istituto P. s.r.l. avverso: la cartella esattoriale notificata il 7 aprile 2008 relativa a contributi previdenziali omessi e dovuti in riferimento a rapporti di lavoro asseritamente subordinati di due docenti nel periodo 2002-2007;
l’ordinanza ingiunzione n. 36/2010 della Direzione Provinciale del Lavoro di Pescara e dell’INAIL, concernente le sanzioni conseguenti alle violazioni contestate a seguito di accertamento ispettivo congiunto da parte dell’INPS, dell’INAIL e della DPI, di cui al verbale del 14 agosto 2008;
che per la cassazione di tale decisione propongono ricorso la C. e l’Istituto P. s.r.l. affidato ad un motivo cui l’INAIL , l’INPS e la DPL di Pescara resistono con separati controricorsi;
che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
che le ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ. in cui dissentono dalla proposta del relatore evidenziando di aver denunciato in ricorso la violazione dei parametri normativi utilizzati dalla Corte di Appello per decidere la controversia e non sollecitato un nuovo giudizio di merito;
che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;
Considerato
che con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 e 2222 e ss. cod. civ. (in relazione all’art. 360, primo comma nn. 3 e 4, cod. proc. civ.) per avere la Corte territoriale ritenuto la natura subordinata dei rapporti di lavoro dei docenti dell’Istituto sulla base di parametri erronei dando rilievo a indici sussidiari della subordinazione ed omettendo di accertare la soggezione al potere di direzione del datore di lavoro con riguardo alla particolare natura dell’attività di insegnamento;
che il motivo – ad onta dei richiami normativi in essi contenuti – si risolve nel sollecitare una generale rivisitazione del materiale di causa e nel chiederne un nuovo apprezzamento nel merito, operazione non consentita in sede di legittimità neppure sotto forma di denuncia di vizio di motivazione; invero, è stato in più occasioni affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che la valutazione delle emergenze probatorie, come la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr, plurimis, Cass. n. 17097 del 21/07/2010; Cass. n. 12362 del 24/05/2006; Cass. n. 11933 del 07/08/2003);
che, peraltro, la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro è censurabile in sede di legittimità soltanto limitatamente alla scelta dei parametri normativi di individuazione della natura subordinata o autonoma del rapporto, mentre l’accertamento degli elementi, che rivelino l’effettiva presenza del parametro stesso nel caso concreto attraverso la valutazione delle risultanze processuali e che sono idonei a ricondurre le prestazioni ad uno dei modelli, costituisce apprezzamento di fatto che, se immune da vizi giuridici e adeguatamente motivato, resta insindacabile in Cassazione (v. Cass. 27 luglio 2007, n. 16681; Cass. 23 giugno 2014, n. 14160);
che, l’impugnata sentenza ha analiticamente valutato tutte le risultanze istruttorie con una motivazione priva di contraddizioni;
che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va dichiarato inammissibile;
che le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono poste a carico delle ricorrenti e vengono liquidate come da dispositivo in favore dei controricorrenti;
che sussistono i presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent n. 3774 del 18 febbraio 2014); inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art.1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in favore di ciascuno dei controricorrenti in curo 200,00 per esborsi, euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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