CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 febbraio 2018, n. 3205
Imposta di registro – Avviso di rettifica e liquidazione – Vendita di terreno – Comproprietà – Giudicato tributario – art. 1306 c. c. – Validità della sentenza solo tra le parti del processo
Con rogito in notar Farinaro del 23.9.2004 V. G. insieme ad altri comproprietari, vendeva alla società M. s.r.l. per il corrispettivo di € 58.000,00 un terreno sito in Lusciano (prov. di Napoli). L’Agenzia delle entrate, emetteva un avviso di rettifica e liquidazione in materia di imposta registro, ipotecaria e catastale con la quale accertava , in relazione al terreno, un maggiore valore pari a € 909.497,00 calcolando, conseguentemente, maggiori imposte di registro, catastale ed ipotecaria nonché sanzioni per un totale di € 191.193,67.
V. G. non impugnava l’atto impositivo, contrariamente ad altri venditori.
L’Agenzia delle Entrate notificava al contribuente la cartella di pagamento, oggetto del presente giudizio, con la quale iscriveva a ruolo, a titolo definitivo per omessa impugnazione, le somme originariamente richieste nell’avviso di rettifica e liquidazione.
Il contribuente proponeva impugnazione avverso la cartella di pagamento.
La CTP di Caserta con sentenza n.397/16/10 del 14.5.2010 respingeva il ricorso.
Avverso tale pronuncia proponeva appello il contribuente evidenziando che nelle more era intervenuta la sentenza n. 215/15/09 della stessa Commissione che aveva annullato l’avviso di rettifica e liquidazione emesso nei confronti di altro coobbligato.
La CTR della Campania, con la sentenza n. 160/33/2012 depositata il 26.7.2012 confermava la sentenza di primo grado.
Nei confronti della suddetta pronuncia V. G. propone ricorso per cassazione, illustrato con memoria, sulla base di due motivi. Resiste con controricorso notificato in data 14.5.2013 l’Agenzia delle Entrate.
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1306 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. con riferimento alla ritenuta, da parte della CTP, non estensibilità del giudicato favorevole, riguardante il condebitore solidale, al contribuente di cui si tratta, avendo questi promosso autonomo giudizio nei confronti del medesimo atto.
2. Il motivo è fondato.
È pacifico che il ricorrente non ha impugnato autonomamente l’avviso di rettifica e liquidazione, ma che ha invocato, nel giudizio di appello avverso la cartella esattoriale recante la pretesa erariale derivante dall’avviso, il giudicato favorevole ad un obbligato in solido, che aveva invece impugnato l’avviso di rettifica, producendo la sentenza della CTR Campania n. 215/15/09.
Osserva il Collegio che il tema dei limiti soggettivi del giudicato tributario è stato discusso con riguardo all’applicabilità all’istituto della solidarietà tributaria, dell’art. 1306, 2° comma, cod.civ., che – in deroga ai limiti soggettivi del giudicato – consente al condebitore di opporre al creditore il giudicato intervenuto nel giudizio tra il creditore ed un altro condebitore.
Secondo l’art. 1306 c. c., “la sentenza, pronunciata tra il creditore ed uno dei debitori in solido non ha effetto contro gli altri debitori». Tale norma riflette il principio secondo cui la sentenza vale solo tra le parti del processo, e non ultra partes.
Perciò la sentenza che abbia respinto il ricorso contro l’accertamento proposto da un coobbligato non ha effetti nei processi promossi da altri coobbligati.
In deroga a tale principio, il secondo comma dell’art. 1306 cod. civ. prevede che i debitori, che non hanno partecipato al processo, possono opporre al creditore la sentenza favorevole ottenuta da un altro condebitore (salvo che sia fondata su ragioni personali).
La giurisprudenza di questa Corte ritiene applicabile l’art. 1306 c. c. anche a favore del coobbligato che non ha impugnato l’accertamento, facendo prevalere l’effetto del giudicato (riguardante un condebitore) sull’avviso di accertamento divenuto definitivo con il solo limite che il giudicato non può esser fatto valere dal coobbligato nei cui confronti si sia direttamente formato un giudicato.(Cass. 7255/1994 che ha precisato che la facoltà del singolo condebitore, che non abbia impugnato l’avviso di accertamento di maggior valore, di opporre all’Amministrazione Finanziaria, in sede di ricorso contro l’avviso di liquidazione, il giudicato favorevole intervenuto a favore di altro coobbligato, sussiste anche se il giudicato sopravvenga nelle more del processo contro l’avviso di liquidazione, “vertendosi in materia di condizione del diritto fatto valere in giudizio, da riscontrarsi con riferimento all’epoca della decisione”, Cass, 22885/2005; Cass. 14696/2008; Cass. 14814/2011; Cass. 9577/2013).
Il collegio non ha ragione di discostarsi da tale indirizzo.
Nella specie il contribuente ha invocato correttamente il giudicato favorevole ottenuto da altro condebitore nel giudizio sull’avviso di rettifica e liquidazione, nel presente diverso giudizio di opposizione alla cartella esattoriale, avente altro oggetto e nel quale, evidentemente, non si era ancora formato alcun giudicato nei suoi confronti.
2. a.Va peraltro osservato che il processo tributario è un processo costitutivo rivolto all’annullamento di atti autoritativi. Considerato che i ricorsi dei condebitori in solido hanno per oggetto un identico atto impositivo, l’annullamento di un atto non può che valere erga omnes. Ciò implica che se un condebitore impugna, ed un altro condebitore non impugna, l’annullamento ottenuto dal condebitore impugnante è annullamento dell’unico atto impositivo che sorregge il rapporto ed esplica i suoi effetti verso tutti i condebitori cui sia stato notificato.
Per tale motivo, dell’annullamento potrà giovarsi anche il condebitore rimasto inerte per opporsi alla pretesa di pagamento.
Ha errato dunque la CTR a ritenere non estensibile il giudicato al contribuente.
3. Con il secondo motivo del suo ricorso V. G. lamenta il contribuente la violazione degli artt. 2697 c.c. 115 e 167 c.p richiamati dall’art. 1 comma 2 d.lgs n.546/1992 in relazione all’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c. e il difetto di motivazione (art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c.) in quanto la CTR avrebbe erroneamente ritenuto non provato che la sentenza depositata si riferisse alla stessa pretesa.
Il motivo è fondato.
Affinché il giudicato esterno, che è rilevabile d’ufficio, possa far stato nel processo, è necessaria la certezza della sua formazione, la quale deve essere provata attraverso la produzione della sentenza con il relativo attestato di cancelleria. Nessun altro onere incombeva sulla parte.
L’amministrazione non ha contestato che si fosse formato un giudicato sull’identico atto impositivo. Dalla cartella impugnata si evince che l’avviso, contenente la pretesa erariale iscritta a ruolo era lo stesso avviso di rettifica e liquidazione riguardante l’atto in Notar Farinaro del 23.9.2004.
4. Il ricorso deve essere conseguentemente accolto.
Va cassata senza rinvio l’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, ex art. 384 c.p.c.,deve essere accolto l’originario ricorso introduttivo.
Le spese del giudizio di merito possono essere compensate in ragione dell’evoluzione nel tempo della giurisprudenza in materia.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Cassa la sentenza Impugnata e decidendo nel merito accoglie il ricorso introduttivo ed annulla la cartella di pagamento impugnata;
Compensa le spese del giudizio di merito;
Condanna L’Agenzia delle Entrate a rifondere le spese di lite di questa fase, liquidate in € 7000,00 oltre al rimborso delle spese forfettarie, ed agli accessori di legge.
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