CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 maggio 2017, n. 11397
Contenzioso tributario – Società di comodo – Compagine sociale – Contratto di locazione – Acquisto dell’immobile
Rilevato
che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere con motivazione sintetica;
che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, che aveva accolto l’appello della s.r.l. Y.G. contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Napoli. Quest’ultima aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione della società contribuente contro il provvedimento di diniego della disapplicazione delle norme relative alle società di comodo per l’anno 2011;
che, nella decisione impugnata, la CTR ha rilevato come il suddetto provvedimento di diniego fosse autonomamente impugnabile e come, nel merito, all’atto dell’acquisto dell’immobile il contratto di locazione fosse già esistente e dunque l’atteggiamento tenuto di lasciare in vita la preesistente regolamentazione pattizia non integrasse un comportamento elusivo;
Considerato
che il ricorso è affidato a due motivi;
che, col primo, l’Agenzia deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 19 D.Lgs. n. 546/1992 e 100 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., giacché tutti gli atti riconosciuti immediatamente impugnabili conterrebbero l’esplicitazione di una pretesa tributaria definita ed attuale, presupponendo necessariamente l’adozione di atti ricompresi nell’elenco di cui all’art. 19 D.Lgs. n. 546/1992;
che, con la seconda doglianza, la ricorrente lamenta omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, già oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., ossia la possibilità di modificare i contratti, considerata la coincidenza tra le compagini sociali delle due società coinvolte nel contratto di locazione, atteso che la società conduttrice era controllata al 100% dalla società locatrice e pertanto la rideterminazione del canone pattuito sarebbe stata riconducibile alla volontà della società istante;
che l’intimata non si è costituita;
che il primo motivo non è fondato;
che, infatti, con un orientamento ormai consolidato, questa Corte ha affermato che, in tema di contenzioso tributario, l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1993, n. 546, ha natura tassativa, ma, in ragione dei principi costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento della P.A. (art. 97 Cost.), ogni atto adottato dall’ente impositore che porti, comunque, a conoscenza del contribuente una specifica pretesa tributaria, con esplicitazione delle concrete ragioni fattuali e giuridiche, è impugnabile davanti al giudice tributario, senza necessità che si manifesti in forma autoritativa (Sez. 6- 5, n. 25797 del 28/11/2014; Sez. 6-5, n. 3315 del 19/02/2016; oltre a Sez. 5, n. 17010 del 05/10/2012, già opportunamente citata dalla CTR);
che anche il secondo motivo è infondato, posto che i giudici di appello non hanno omesso l’esame della circostanza lamentata (la coincidenza delle compagini sociali), ma hanno affermato che l’originario contratto era stato stipulato fra soggetti diversi, anche quanto alla compagine sociale (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014);
che al rigetto del ricorso non segue la condanna dell’Agenzia alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, stante la mancata attività difensiva di quest’ultima;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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