Accertamento – Immobili – Classamento – Rendita
Fatto e diritto
Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016, osserva quanto segue;
Con sentenza n. 571/30/15, depositata il 24 marzo 2015, non notificata, la CTR del Veneto ha rigettato l’appello proposto nei confronti della sig.ra M.S., comproprietaria per % della S.p.A. I.T.B., dall’allora Agenzia del Territorio, per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Belluno, che aveva accolto il ricorso della contribuente per l’annullamento dell’avviso di accertamento impugnato avente ad oggetto il classamento in categoria D/ 8, con attribuzione della relativa rendita, delle unità immobiliari nel Comune di Livinallongo Col di Lana, destinate ad ospitare, rispettivamente, i locali tecnici, servizi e magazzini (sub 1) e la cabina di manovra (sub 2) a servizio della seggiovia quadriposto, gestita in concessione dalla società, che collega Arabba a Col del Burz, per le quali la contribuente con dichiarazione DOCFA aveva proposto l’inquadramento nella categoria E/1.
Avverso la pronuncia della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, al quale la contribuente resiste con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria, depositata a seguito della notifica del decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata su relativa proposta del relatore.
Con il primo motivo l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 6 comma 1 e 8 del d.P.R. n. 1142/1949, dell’art. 2, comma 40 e ss. del d.l. n. 262/2006 e del loro combinato disposto, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., lamentando l’erroneità dell’impugnata pronuncia nella parte in cui ha statuito che i locali a servizio della stazione di arrivo di seggiovia quadriposto siano da inquadrare come “stazione” di un servizio pubblico di trasporto, come tale classificabili in categoria E, compatibile con attività di tipo imprenditoriale.
Con il secondo motivo la ricorrente amministrazione finanziaria deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 8, comma 2, del d.P.R. n. 1142/1949, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. nella parte in cui la decisione impugnata ha equiparato, in punto di destinazione, l’unità immobiliare in oggetto a “stazione di trasporto terrestre”.
I motivi possono essere congiuntamente esaminati perché connessi. Essi appaiono manifestamente fondati alla stregua dei precedenti in materia di questa Corte (oltre a Cass. sez. 6-5, 5 marzo 2015, n. 4541, indicata dall’Amministrazione ricorrente, si veda anche Cass. sez. 6-5, 24 febbraio 2015, n. 3733), che, con riferimento ad impianti di risalita funzionali al servizio di piste sciistiche, hanno affermato che non sussiste il presupposto del classamento come “mezzo pubblico di trasporto”, che presuppone una sia pur parziale utilizzabilità della struttura come mezzo di trasporto a disposizione del pubblico, laddove un impianto di risalita svolge un’esclusiva funzione commerciale di ausilio ed integrazione dell’uso delle piste sciistiche.
Né può aver rilievo l’essere il servizio di trasporto degli utenti della seggiovia oggetto di concessione di pubblico servizio, atteso che gli immobili rientranti nel gruppo E sono indicati in maniera analitica e specifica, con metodo casistico che non legittima una estensione a tutti gli immobili di rilevanza pubblica, tanto che anche la categoria residuale E/9 non menziona affatto il requisito della pubblicità, ma fa riferimento alla sola particolarità della destinazione (in tal senso Cass. sez. 5, 15 settembre 2008, n. 23608), mentre proprio con riferimento alla destinazione, che costituisce il fondamento stesso dell’attribuzione della categoria catastale, appare illegittimo, in relazione al disposto dell’art. 8, comma 2 del d.P.R. n. 1142/1949, l’inquadramento nella categoria E/1 (stazione di trasporto terrestre) affermato dalla decisione impugnata, essendo l’impianto a servizio di una ben specifica categoria di utenti (gli utilizzatori, per scopi ludico – sportivi delle piste) nel contesto dello svolgimento di un’attività tipicamente caratterizzata da fine di lucro.
Le considerazioni di cui sopra non paiono contraddette anche nel quadro del più ampio contesto normativo, su cui parte controricorrente insiste in memoria, quanto alla natura di servizio pubblico da attribuirsi all’impianto in questione, nel quale, tra le norme indicate, proprio il menzionato art. 17 della Legge Regione Veneto 21 novembre 2008, n. 17, al comma 2, classifica gli impianti a fune descritti dalla norma secondo le specifiche finalità e non vi è dubbio che negli impianti in questione ricorra essenzialmente la strumentalità all’esercizio degli sport sulla neve, viceversa esclusa con riferimento ad alcune delle ipotesi previste dalla norma in questione.
Anche in relazione a tale profilo deve pertanto escludersi l’inquadramento nella categoria E/1 attribuita dal giudice di merito, in armonia, del resto, ai criteri applicativi (art. 1) dettati con provvedimento del Direttore dell’Agenzia del Territorio del 2 gennaio 2007, avuto riguardo al carattere residuale del censimento delle unità immobiliari in categoria E alla stregua del disposto dell’art. 2, comma 40 del d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito con modificazioni in legge 24 novembre 2006, n. 286, secondo cui “nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6, ed E/9 non possono essere compresi immobili oporzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale”.
Il ricorso dell’Amministrazione finanziaria va pertanto accolto e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con rigetto dell’originario ricorso della contribuente.
Avuto riguardo all’andamento del giudizio, possono essere compensate tra le parti le spese del doppio grado in merito, ponendosi a carico della controricorrente, secondo soccombenza, le spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente.
Dichiara compensate tra le parti le spese del doppio grado di merito e condanna la controricorrente alla rifusione in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 2300,00 per compenso, oltre spese prenotate a debito.