CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 gennaio 2017, n. 383
IRAP – Professionista – Attività di collaborazione nello studio medico
Fatto e diritto
Costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:
Con sentenza n. 523/06/15, depositata il 16 marzo 2015, non notificata, la CTR del Veneto (Venezia — Mestre) ha rigettato l’appello proposto nei confronti del dott. L.C. dall’Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale di Venezia, per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Venezia, che aveva accolto, salvo che per l’anno 2004, in relazione al quale il contribuente era incorso in decadenza, il ricorso proposto dal dott. C. avverso il silenzio – rifiuto dell’Ufficio sull’istanza di rimborso che il contribuente aveva presentato per l’Irap versata negli anni d’imposta dal 2004 al 2007.
Avverso la pronuncia della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
L’intimato non ha svolto difese.
Con il primo motivo l’Amministrazione ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 8, 27 e 36 del d.lgs. n. 446/1997 e dell’art. 3, comma 144 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c., nella parte in cui la sentenza impugnata ha negato rilevanza, ai fini della verifica della ricorrenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione, all’attività svolta dal professionista, medico di base convenzionato con il SSN, in forma associativa.
Il motivo è infondato, alla luce del principio di diritto recentemente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 13 aprile 2016, n. 7291) secondo cui «in tema di imposta regionale sulle attività produttive, “la medicina i gruppo, ai sensi dell’art. 40 del d.P.R. n 270/2000, non è un’associazione tra professionisti, ma un organismo promosso dal servizio sanitario nazionale, sicché la relativa attività integra il presupposto impositivo non per la forma associativa del suo esercizio, ma solo per l’eventuale sussistenza di un’autonoma organizzazione”.
Nella fattispecie in esame l’Amministrazione, nell’articolazione del motivo, ha riferito invece la sussistenza del presupposto impositivo all’esercizio in sé nella forma associata dell’attività medica da parte del professionista.
Con il secondo motivo l’Amministrazione ricorrente denuncia ancora violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 8, 27 e 36 del d.lgs. n. 446/1997 e dell’art. 3, comma 144 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c. laddove la sentenza impugnata ha in radice escluso che possa concorrere ad integrare il presupposto impositivo del tributo in oggetto l’impiegare alle proprie dipendenze dei collaboratori.
Il motivo è fondato nei limiti di seguito precisati.
Le Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. 10 maggio 2016, n. 9451), componendo il contrasto emerso nell’ambito della sezione tributaria nella risoluzione di questione di massima di particolare importanza, hanno recentemente affermato il principio che il requisito dell’autonoma organizzazione di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 446/1997, quale presupposto impositivo dell’Irap, ricorre quando il contribuente: “‘a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segretaria ovvero meramente esecutive”.
Le conclusioni alle quali è pervenuta la decisione impugnata, che ha dato atto che per l’anno 2004 il professionista si è avvalso dell’utilizzo di una lavoratrice dipendente a tempo parziale, mentre dal 2005 in poi ha avuto alle proprie dipendenze due collaboratrici presentano profili dissonanti con il succitato principio di diritto.
Va premesso che per l’anno 2004 la questione è comunque ormai irrilevante, essendosi formato il giudicato interno sulla legittimità del diniego di rimborso, essendo incorso il contribuente in decadenza per detta annualità.
L’avere invece la sentenza impugnata escluso in radice la possibile concorrenza dell’impiego di due collaboratrici all’organizzazione autonoma dell’attività dello studio medico convenzionato con il SSN facente capo al contribuente, senza accertarne dapprima la riferibilità al servizio di medicina di gruppo o in concreto lo svolgimento delle mansioni, se meramente esecutive o di segreteria, e le concrete modalità d’impiego, potendosi ritenere che, ove assunte entrambe con contratto part- time, l’attività di collaborazione delle stesse possa essere equiparata alla collaborazione di un’unità lavorativa a tempo pieno, si discosta dal principio di diritto sopra impugnato, anche in considerazione del fatto che incombe al professionista, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte in materia, l’onere di provare l’insussistenza dell’autonoma organizzazione quale presupposto impositivo del tributo in oggetto (tra le molte cfr. Cass. sez. 5, 28 novembre 2014, 25311; Cass. sez. 6-5, ord. 5 settembre 2014, n. 18749). Il ricorso va dunque accolto per manifesta fondatezza in ordine al secondo motivo, rigettato il primo, con conseguente rinvio per nuovo esame a diversa sezione della CTR del Veneto che svolgerà, alla stregua del principio di diritto innanzi richiamato, i necessari accertamenti di fatto in ordine alla natura delle mansioni svolte dalla due collaboratrici e delle modalità di espletamento dell’anzidetta attività di collaborazione nello studio medico del contribuente (se a tempo pieno o parziale).
P.Q.M.
Accoglie il ricorso in relazione al secondo motivo, rigettato il primo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, a diversa sezione della CTR del Veneto.
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