CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 novembre 2017, n. 26667
Tributi – Imposta di registro – Responsabilità solidale al pagamento – Ripetizione di indebito
Ragioni in fatto e in diritto della decisione
M.A. e C.R. propongono ricorso per cassazione articolato in quattro motivi nei confronti di M.S.A. e M.F.B., per l’annullamento della sentenza n. 909/2016, depositata in data 7.4.2016 dal Tribunale di Monza in grado di appello, con la quale il tribunale rigettava il loro appello confermando la sentenza di primo grado, di parziale accoglimento della azione di ripetizione di indebito da loro proposta nei confronti delle controricorrenti, per aver redatto l’atto di precetto considerando uno scaglione di valore non corretto, con leggera alterazione in aumento dell’importo dovuto e di contestuale accoglimento di un diverso conteggio dei rapporti di dare e avere tra le parti prodotto dalle convenute, dal quale risultava un modesto credito delle convenute (relativo al pagamento di una imposta di registro a carico solidale di entrambe le parti) dedotto in compensazione. Resistono M. e B. con controricorso.
La causa, su proposta del relatore nel senso della manifesta infondatezza del ricorso, è stata avviata alla trattazione camerale non partecipata.
Il collegio, previa discussione in camera di consiglio, presa visione della memoria depositata dai controricorrenti, concorda con la valutazione del relatore.
I ricorrenti deducono, con il primo motivo, che erroneamente il giudice di merito avrebbe fatto applicazione del principio di non contestazione nei loro confronti.
Non sussiste alcun errore in diritto, in quanto la sentenza spiega compiutamente che, a fronte di una specifica contrapposizione da parte delle convenute di un diverso conteggio a fronte della domanda di ripetizione di indebito avversaria, i ricorrenti non potessero limitarsi a affermare che gli errori nel precetto fossero inaccettabili, ma avrebbero dovuto specificamente contestare le voci del conteggio contrapposto loro dalla controparte. L’applicazione del principio di non contestazione è stata quindi corretta.
Con il secondo motivo si denuncia la presenza di un errore di calcolo nella sentenza impugnata, relativo all’insignificante importo di euro 8,40, deducendo che quell’importo sarebbe già stato pagato: osservi il collegio che al di là della modestia della somma controversa, non si tratta di un errore di diritto sindacabile in sede di legittimità.
Con il terzo motivo, i ricorrenti denunciano che sia stata correttamente applicata la compensazione a fronte dell’avvenuto pagamento, da parte delle controricorrenti, dell’imposta di registro loro richiesta dallo Stato e rispetto alla quale esse erano verso lo Stato obbligate solidalmente con i ricorrenti osserva il collegio: premesso che lo Stato avrebbe potuto richiederne il pagamento alternativamente ad uno dei due gruppi di obbligati, e che lo ha chiesto alle controricorrenti, che hanno pagato l’intero importo dovuto, ovvero anche la parte di competenza degli attuali ricorrenti, dal momento del pagamento esse avrebbero avuto diritto di ripetere il 50% dell’importo pagato dai ricorrenti ovvero, essendoci reciproche ragioni di credito, come nel caso di specie, di opporlo in compensazione essendo con il pagamento verso il terzo divenute creditrici nei loro confronti.
Infine, con il quarto motivo, i ricorrenti si dolgono che le loro controparti non siano state condannate ex art. 96 per lite temeraria, avendo loro richiesto più del dovuto.
Il rigetto di questo motivo di ricorso discende dal rigetto dei precedenti.
Il ricorso, che è anche estremamente carente sotto il profilo di una chiara, benché sommaria, esposizione dei fatti di causa, richiesta a pena di inammissibilità dall’art. 366, primo comma, n. 3 c.p.c., va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.
Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e il ricorrente risulta soccombente, pertanto egli è gravato dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dell’ art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Pone a carico dei ricorrenti le spese di lite sostenute dai controricorrenti, che liquida in complessivi euro 800,00, oltre 200,00 per esborsi, oltre contributo spese generali ed accessori.
Dà atto della sussistenza dei presupposti di legge per l’obbligo del ricorrente e del controricorrente al versamento di un importo pari al contributo unificato.
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