CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 dicembre 2017, n. 29587
Verbale di accertamento – Rapporto di lavoro subordinato tra la società e la moglie del titolare – Non sussiste -Collaboratrice familiare – Fattispecie del lavoro prestato “affectionis causa” – Onere della prova a carico dell’opponente
Rilevato
che a seguito di accesso ispettivo l’INPS notificava un verbale di accertamento alla R.A. srl, esercente l’attività di supermercato, nel quale veniva negato il rapporto di lavoro subordinato tra la stessa società e T.M. moglie del titolare della società ed affermato in suo luogo un rapporto come collaboratrice familiare;
che a seguito di opposizione al verbale, il tribunale aveva accolto la domanda della R.A. srl e pertanto, previa declaratoria di sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra la società ricorrente e T.M., aveva dichiarato che non sussistesse alcun obbligo contributivo a carico della società nei riguardi dell’INPS, in relazione al verbale ispettivo del 15 marzo 2001;
che la Corte d’appello di Napoli con sentenza numero 5539/2011 ha accolto il gravame proposto dalI’INPS riformando la sentenza e rigettando la domanda della società;
che a fondamento della decisione la Corte, premesso che tra T.M. e il titolare della società R.A. intercorreva un rapporto di coniugio, affermava che l’approfondito riesame delle prove assunte in giudizio non consentiva di ritenere provata con sicurezza la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato, ed induceva piuttosto ad individuare nel caso concreto la fattispecie del lavoro prestato “affectionis causa” proprio in forza del vincolo coniugale esistente tra le parti;
che contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società R.A. Snc con un motivo nel quale lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 116 c.p.c. e 2697 c.c. in relazione all’articolo 360 n. 3 c.p.c.; e la consequenziale mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione in relazione all’articolo 360 numero 5 c.p.c.; posto che la corte territoriale ritenendo che non sussistesse la sicura e tranquillizzante dimostrazione della intervenuta sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato aveva invertito l’onere della prova che nella fattispecie era posto a carico dell’Inps, ancorché esso fosse convenuto in un giudizio di accertamento negativo inteso a contestare la pretesa inerente il credito contributivo contenuto in un verbale ispettivo;
che l’Inps ha rilasciato procura in calce al ricorso notificato;
Ritenuto
che il motivo di ricorso deve ritenersi infondato atteso che la corte territoriale a seguito di una lunga e puntuale disamina delle prove, ivi comprese le dichiarazioni rese dalla stessa M. in sede ispettiva, non ha deciso la causa attraverso la meccanica applicazione – in danno della parte che non risulta gravata – della regola di giudizio contenuta del principio dell’onere della prova in relazione alla fattispecie del lavoro subordinato; e nemmeno ha affermato che nel giudizio di accertamento negativo, promosso contro un verbale ispettivo, l’onere della prova fosse a carico dell’opponente e non dell’INPS;
che i giudici di appello hanno bensì proceduto all’accertamento della fattispecie sostanziale alternativa, affermando che nel caso concreto il lavoro, per le sue modalità e caratteristiche, fosse stato prestato dalla M. “affectionis causa” proprio in forza del vincolo coniugale esistente tra le parti, dando così credito alla tesi sostenuta dall’INPS e posta a fondamento della pretesa contributiva contenuta nel verbale opposto;
che si tratta di una tesi che non risulta nemmeno investita da uno specifico motivo di censura, posto che il ricorso nulla dice per contestare la legittimità della conclusione cui è approdata la sentenza;
che del pari vanno respinte le censure riguardanti gli asseriti vizi di motivazione atteso che la sentenza contiene una motivazione analitica, priva di vizi logici, e risulta fondata su una minuziosa disamina delle prove assunte in giudizio, tra le quali rientrano anche le dichiarazioni rilasciate in sede ispettiva, le quali, benché prive di fede privilegiata, costituiscono elementi di prova validi, sufficienti ai fini della decisione della causa, in base al corretto esercizio dei poteri riservati al giudice del merito di selezionare e valutare il materiale istruttorio ;
che pertanto la sentenza impugnata resiste alle critiche sollevate col ricorso che va quindi rigettato;
che le spese seguono la soccombenza come da dispositivo;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in favore dell’INPS 900, di cui 700 per compensi professionali, oltre al 15% di spese aggiuntive ed oneri accessori.
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