CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 settembre 2017, n. 21104
Fallimento – Società – Revisore legale – Responsabiltà – Eccezione d’inadempimento
Rilevato che:
Con decreto del 9/3/2016, il Tribunale di Trieste ha respinto l’opposizione allo stato passivo del Fallimento T. Casa di Spedizioni già G.V. & Co. Srl, proposta V.G. a fronte della reiezione dell’ammissione al passivo del credito di euro 19.638,13, derivante dall’attività di revisore legale della società.
Il Tribunale ha ritenuto che, incontestato l’incarico di “organo di controllo monocratico, con ulteriore attribuzione delle funzioni di revisore”, con gli obblighi previsti in capo al collegio sindacale, ex art. 2477 cod. civ., ed eccepito dal curatore l’inadempimento in relazione a specifiche contestazioni, il G. si sarebbe dovuto attivare per segnalare la perdita di capitale o comunque la gravissima crisi della società ormai evidente, mentre la parte si era limitata a “nascondersi” dietro le valutazioni operate dai predecessori, e che era sufficiente, al fine di non ritenere provata la diligenza nelle prestazioni, “evidenziare la mancata prova di aver adempiuto diligentemente ad obblighi primari come la corretta appostazione in bilancio di crediti ormai inesigibili, di indebiti prelievi da parte dell’amministratore, di illusorie patrimonializzazioni”.
Ricorre il G., con ricorso affidato a due motivi.
Si difende con controricorso il Fallimento.
Il ricorrente ha depositato memoria.
Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata. Considerato che:
Il primo motivo, anche a tacere dal riferimento in rubrica a norme della cui violazione o falsa applicazione non v’è riscontro nella parte espositiva (e che invero non si attagliano alla parte della pronuncia che si intende impugnare), si sviluppa: nella contestazione del riferimento dell’eccezione di inadempimento a “profili contenutistici dell’attività svolta”, che andrebbero accertati in altra sede, nel giudizio di responsabilità, mentre l’eccezione ex art. 1460 cod. civ. non può che sostanziarsi avuto riguardo alla concreta attività svolta; nella censura alla compensazione, che non fa parte del giudizio, visto che il curatore ha solo sollevato l’eccezione di inadempimento per paralizzare la richiesta del G.; nel resto, nella sostanziale, inammissibile, richiesta di una diversa valutazione dei fatti, anche considerando profili che il Tribunale non ha posto a base della decisione(vedi i punti d), e), f), trattati alle pagine 10 e 11 del ricorso).
Ed è consolidato il principio secondo cui, posto che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa, ne consegue che la parte non può limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti (così, tra le ultime, le pronunce 25332/2014, 19959/2014 e 91/2014, tra le altre).
Quanto ai rilievi meglio precisati nella memoria, vertenti sulla non invocabilità nella specie dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 cod. civ., va richiamata di contro la pronuncia 23345 del 2009, che ha affermato che la parte evocata in giudizio per il pagamento di una prestazione rivelatasi inadeguata può non solo formulare le domande ad essa consentite dall’ordinamento in relazione al particolare contratto stipulato, ma anche limitarsi ad eccepire – nel legittimo esercizio del potere di autotutela che l’art. 1460 cod. civ. espressamente attribuisce al fine di paralizzare la pretesa avversaria chiedendone il rigetto – l’inadempimento o l’imperfetto adempimento dell’obbligazione assunta da controparte, in qualunque delle configurazioni che questo può assumere, in esse compreso, quindi, il fatto che il bene consegnato in esecuzione del contratto risulti affetto da vizi o mancante di qualità essenziali.
Con il che deve ritenersi la totale infondatezza della tesi del ricorrente, secondo cui l’eccezione di inadempimento non potrebbe attenere “ai profili contenutistici dell’attività svolta”.
Il secondo motivo è inammissibile, essendo stato articolato come vizio di motivazione errata, illogica e contraddittoria su valutazioni ed elementi di fatto, posto che l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia) da ciò conseguendo che, come ritenuto nelle pronunce delle S.U. 8053/2014, 8054/2014, è oggi denunciabile soltanto l’omesso esame di un fatto decisivo, che sia stato oggetto di discussione tra le parti, nei limiti in cui l’anomalia motivazionale si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente alla esistenza in sé della motivazione, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto delle altre risultanze processuali(nelle ipotesi quindi di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, “motivazione apparente”, “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e” motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” di motivazione).
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente alle spese, liquidate in euro 2100,00, di cui euro 100,00 per esborsi; oltre spese forfettarie ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 30/5/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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