CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 dicembre 2017, n. 29759

Risarcimento iure hereditatis – Danno biologico di titolarità del de cuius – Rigetto – Condizione del lavoratore nell’intervallo tra la manifestazione della malattia e la morte – Non rileva – Danno da inabilità temporanea assoluta – Capacità recuperatoria o stabilizzatrice della salute irreversibilmente compromessa

Rilevato

che con sentenza del 16 febbraio 2012, la Corte d’Appello di Trieste, confermava la decisione resa dal Tribunale di Trieste e rigettava la domanda proposta da V.G., N.Z. e A.Z., quali eredi di G.Z. nei confronti di P.O., M.D. nella loro qualità di direttori dello stabilimento F. di R.T. di S.L. e della stessa F. S.p.A., avente ad oggetto il risarcimento iure hereditatis del danno biologico di titolarità del de cuius; che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, da un lato, a fronte delle carenze di allegazione e prova in ordine alla condizione dello Z. nell’intervallo tra la manifestazione della malattia ed il decesso, il danno risarcibile limitato alla sola inabilità temporanea assoluta relativamente a tutto il periodo e tenuto conto del riconoscimento da parte dell’INAIL dei postumi permanenti pari al 100%, da considerarsi, tuttavia, non stabilizzati, dall’altro non assoggettata a gravame la quantificazione del danno ed omessa l’indicazione di elementi atti a consentire la personalizzazione dello stesso; che, per la cassazione di tale decisione ricorrono gli eredi Z., affidando l’impugnazione ad un unico articolato motivo, cui resiste, con controricorso, la sola F., che ha poi presentato memoria, depositata altresì da P.O., peraltro non costituitosi;

Considerato

che, con l’unico motivo, i ricorrenti, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 1226 e 2059 c.c., lamentano la non conformità a diritto della pronunzia della Corte territoriale per aver disconosciuto, in relazione alla stabilizzazione dei postumi permanenti della patologia sofferta nel non breve lasso di tempo intercorso tra l’insorgere della stessa ed il sopravvenire del decesso, la trasmissibilità iure hereditatis del diritto al risarcimento del danno biologico rapportata al consolidamento dell’invalidità permanente;

– che il motivo è fondato intendendo questo Collegio far proprie le argomentazioni espresse da questa Corte con la sentenza del 18.1.2011, n. 1072, in base alle quali “nessun danno alla salute è più grave per entità ed intensità di quello che trovando causa nelle lesioni che esitano nella morte, temporalmente la precede.

In questo caso, infatti, il danno alla salute raggiunge quantitativamente il 100%, con l’ulteriore fattore “aggravante, rispetto al danno da inabilità temporanea assoluta, che il danno biologico terminale è più intenso perché l’aggressione subita dalla salute dell’individuo incide anche sulla possibilità di essa di recuperare (in tutto o in parte) le funzionalità perdute o quanto meno diu stabilizzarsi sulla perdita funzionale già subita, atteso che anche questa capacità recuperatoria o, quantomeno stabilizzatrice, della salute risulta irreversibilmente compromessa.

La salute danneggiata non solo non recupera (cioè non “migliora”) né si stabilizza ma degrada verso la morte; quest’ultimo evento rimane fuori dal danno alla salute … ma non la “progressione” verso di esso, poiché durante detto periodo il soggetto leso era ancora in vita (in tal senso Cass., sez. 3^, 23.6.2006, n. 3766)”;

– che, a tale stregua, si deve accogliere il principio espresso nella predetta sentenza, secondo cui, in caso di lesione che abbia portato anche a breve distanza di tempo ad esito letale, sussiste in capo alla vittima che abbia percepito lucidamente l’approssimarsi della morte, un danno biologico di natura psichica, la cui entità non dipende dalla durata dell’intervallo tra lesione e morte, bensì dall’intensità della sofferenza provata dalla vittima dell’illecito ed il cui risarcimento può essere reclamato dagli eredi della vittima (in senso non dissimile si erano espresse, peraltro, Cass., sez. 3^, 14.2.2007, n. 3260 e Cass. sez. 3^, 2.4.2001, n. 4783);

che, inoltre, si deve ritenere che, qualora il giudice si determini all’applicazione dei criteri di liquidazione tabellare o a punto, debba necessariamente procedere alla cd. “personalizzazione” degli stessi, costituita dall’adeguamento al caso concreto, atteso che, come già più volte ribadito da questa Corte, la legittimità dell’utilizzazione di detti ultimi sistemi liquidatori è pur sempre fondata sul potere di liquidazione equitativa del giudice; che, peraltro, si deve ritenere, contrariamente a quanto opinato dalla Corte territoriale, che gli eredi Z., avevano proposto idonea impugnazione della sentenza di primo grado riguardo al profilo dell’inabilità temporanea in caso di morte non immediata del soggetto ammalatosi;

che il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Venezia, che provvederà in conformità, disponendo altresì anche per l’attribuzione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese, alla Corte d’Appello di Venezia.