CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 dicembre 2017, n. 29819
Trattamenti pensionistici – Rivalutazione contributiva – Esposizione qualificata all’amianto – Decadenza della domanda – Sussiste
Rilevato che
– con la sentenza impugnata, la Corte di Appello di Cagliari – sezione distaccata di Sassari, in riforma della decisione di primo grado, accoglieva la domanda con la quale R.D. aveva chiesto nei confronti dell’I.N.P.S. il riconoscimento del beneficio della rivalutazione contributiva ai sensi della l. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8. La Corte territoriale, superata la questione della decadenza di cui all’art. 47 del d.P.R. n. 269/2003 (per la considerazione che la domanda di rivalutazione contributiva andava parificata a quella di riliquidazione della pensione e che dunque andava fatta applicazione del principio di cui a Cass., Sez. Un., 29 maggio 2009, n. 12720), riteneva che, nella specie, fosse stata fornita dall’appellante la prova dell’esposizione qualificata all’amianto;
– avverso tale sentenza propone ricorso l’I.N.P.S. con un motivo;
– il lavoratore resiste con controricorso;
– la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;
– non sono state depositate memorie;
– il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.
Considerato che
– con l’unico motivo l’I.N.P.S. deduce la violazione dell’art. 47 del d.p.r., 30 aprile 1970, n. 639 in relazione alla ritenuta inapplicabilità della decadenza rispetto alla domanda presentata all’I.N.P.S. in data 20 aprile 2007;
– il motivo è fondato alla luce dei principi affermati da questa Corte in plurime decisione nelle quali è stato specificamente affrontato il problema dell’applicazione a fattispecie analoghe a quella in esame della decadenza prevista dal d.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, nel testo sostituito dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4, convertito nella L. n. 438 del 1992 (cfr. Cass. 3 febbraio 2012, n. 1629 ed in senso conforme Cass. 30 maggio 2012, n. 8650, id. Cass. 14 agosto 2012, n. 14471; Cass. 4 dicembre 2013, n. 27148; Cass. 4 marzo 2014, nn. 5008 e 5009; Cass. 25 febbraio 2014, n. 4484). E’ stato, così, sancito il principio che la suddetta decadenza dall’azione giudiziaria trova applicazione anche per le controversie aventi ad oggetto il riconoscimento del diritto alla maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto, siano esse promosse da pensionati ovvero da soggetti non titolari di alcuna pensione, così da doversi ritenere incluso, nella previsione di legge, anche l’accertamento relativo alla consistenza dell’anzianità contributiva utile ai fini in questione, sulla quale, all’evidenza, incide il sistema più favorevole di calcolo della contribuzione in cui si sostanzia il beneficio previdenziale previsto dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8. Si è, altresì, chiarito, con specifico riferimento alle domande giudiziarie avanzate da soggetti già pensionati, che non sono applicabili i principi affermati dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n. 12720/2009, poiché ciò che si fa valere non è il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell’ammontare dei singoli ratei erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di determinazione amministrativa, bensì il diritto a un beneficio che, seppure previsto dalla legge “ai fini pensionistici” e ad essi, quindi, strumentale, è dotato di una sua specifica individualità e autonomia, operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri e distinti da quelli in presenza dei quali era sorto (o sarebbe sorto) – in base ai criteri ordinari – il diritto al trattamento pensionistico. È stato, al riguardo, così precisato: “È opportuno anche rilevare che dal sistema è ricavabile l’onere degli interessati di proporre all’istituto gestore dell’assicurazione pensionistica la domanda di riconoscimento del beneficio per esposizione all’amianto, nonostante incertezze lessicali del legislatore (cfr. Cass. n. 15008/2005)” ed anche chiarito che neppure è validamente invocabile il principio di imprescrittibilità del diritto a pensione, in quanto “tale particolarissimo regime non si estende a tutte le singole azioni relativa alla costituzione della posizione contributiva. E del carattere sostanzialmente costitutivo del procedimento amministrativo e dell’azione in giudizio diretto al riconoscimento del beneficio contributivo per esposizione all’amianto sembra non potersi dubitare, stante i vincoli sostanziali, temporali e procedurali posti dalla legislazione in materia”. A tale orientamento non può validamente opporsi che la legge n. 257/92 non prevede espressamente la necessità di presentazione della domanda amministrativa, a differenza di quanto dispone, con riferimento all’I.N.A.I.L., il D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 47, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326. Esiste, infatti, la norma generale prevista dalla L. n. 533 del 1973, art. 7, (cui è sotteso l’interesse pubblico “ad una sollecita e meno costosa definizione di determinate controversie” – Cass., Sez. Un., 5 agosto 1994, n. 7269) che impone alla parte privata di compulsare ante causa/n l’ente erogatore, cioè la controparte, avviando così un procedimento amministrativo necessario che lasci all’amministrazione uno spatium deliberandi di 120 giorni. La tesi della generale indispensabilità dell’istanza amministrativa in relazione a tutte le controversie di cui all’art. 442 cod. proc. civ., (nella materia previdenziale e nell’assistenza sociale; nei confronti sia dell’I.N.P.S. sia degli altri enti erogatori; anche nel caso in cui ad agire sia il datore di lavoro per questioni concernenti i contributi assicurativi) è, del resto, assolutamente prevalente (cfr. ex multis Cass. 28 novembre 2003, n. 18265; Cass. 12 marzo 2004, n. 5149; Cass. 24 giugno 2004, n. 11756; Cass. 27 dicembre 2010, n. 26146; Cass. 30 gennaio 2014, n. 2063; si veda, per l’improponibilità della domanda proposta dal datore di lavoro nei confronti dell’ente previdenziale, avente ad oggetto il rimborso di contributi non dovuti ove il giudizio sia stato instaurato senza la preventiva presentazione della domanda amministrativa, Cass. 21 dicembre 2001, n. 16153). In conformità del sopra richiamato orientamento giurisprudenziale ed in base ai principi generali va, dunque, ritenuto che la domanda giudiziale di rivalutazione contributiva per esposizione all’amianto proposta da soggetto – iscritto (o pensionato) debba essere preceduta, a pena di -improponibilità, da quella amministrativa rivolta all’ente competente a erogare la prestazione.
Presupposto logico e fattuale di tale ragionamento è la necessità che l’assicurato porti a conoscenza dell’Istituto “fatti” la cui esistenza è nota solo all’interessato (si consideri, del resto, che l’a necessità della domanda è stata ritenuta anche in materia di ripetizione di contributi indebitamente versati – così Cass. 21 dicembre 2001, n. 16153 – ed in ogni caso in cui occorra fare conoscere all’ente i presupposti del diritto alla prestazione – così Cass. 5 ottobre 2007, n. 20892 -);
– la giurisprudenza prevalente di questa Corte ha ritenuto, poi, che in caso di domanda giudiziale intesa ad ottenere il beneficio contributivo della rivalutazione per esposizione all’amianto non possa trovare applicazione la disciplina della decadenza c.d. mobile (o per ciascun rateo), atteso che in tale tipo di controversia non si tratta di rivalutare l’ammontare di singoli ratei, bensì i contributi previdenziali necessari calcolare la pensione originaria (cfr. Cass. 19 maggio 2008, n. 12685; Cass. 29 marzo 2011, n. 7138; Cass. 31 maggio 2011, n. 12052, Cass. 19 aprile 2011, n. 8926; 24 aprile 2012, n. 6382). I suddetti benefici aggiuntivi, richiesti in via amministrativa, vanno cosi rivendicati giudizialmente entro un termine del tutto ragionevole e, qualora ciò non avvenga per fatto addebitabile all’interessato, quest’ultimo così agendo non ha perso l’effettività del diritto (nel suo nucleo sostanziale) riconosciutogli all’art. 38 Cost. – si vedano anche Cass. 3 luglio 2012, n. 11094 secondo cui: “la soggezione del relativo diritto alla decadenza dall’azione giudiziaria comporta unicamente la non applicazione del più favorevole sistema di calcolo delle contribuzione versata nel periodo di esposizione all’amianto e non certo la perdita del diritto alla pensione che, solo, dovrà essere calcolata in base all’anzianità contributiva maturata secondo gli ordinali criteri”, nonché le successive Cass. 14 agosto 2012, n. 14471; Cass. 28 maggio 2013, n. 13265; 10 gennaio 2014, n. 436; Cass. 20 gennaio 2014, n. 1028 ; 17 gennaio 2014, nn. 950, 951 e 952; 2 aprile 2014, n. 7728; 31 luglio 2014, n. 17500; Cass. 13 agosto 2014, n. 17941; Cass. 22 settembre 2014 n. 19876; Cass. 4 febbraio 2015, n. 1999);
– tanto premesso, si evince dalla stessa sentenza impugnata che la domanda amministrativa all’I.N.P.S. era stata presentata in data 18/4/2007 ed era stata respinta in data 20/4/2007, che il ricorso amministrativo era stato presentato in data 7 maggio 2007 ed era stato respinto in data 30/8/2007. Orbene, alla stregua di tali dati temporali di riferimento, ricordato che per costante giurisprudenza di questa Corte (v. da ultimo Cass. n. 18528 del 2011, n. 6331 del 2014), la decadenza dall’esercizio dell’azione giudiziaria, prevista dall’art. 47 del d.P.R. n. 639, del 1970 come modificato dall’art. 4 del d.l. n. 384 del 1992, conv. in legge n. 438 del 1992, è un istituto di ordine pubblico dettato a protezione dell’interesse alla definitività e certezza delle determinazioni concernenti erogazioni di spese gravami sui bilanci pubblici, ed è pertanto rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, con il solo limite del giudicato – nella specie non verificatosi – deve convenirsi con l’I.N.P.S. in ordine al fatto che la domanda giudiziale era inammissibile essendo stata proposta decorso. il termine di tre anni e trecento giorni di cui all’art. 47 d.P.R. cit. (120 giorni ex art. 7 L. 533/73 e 180 giorni ex art. 443 cod. proc. civ..) rispetto al ricorso giudiziario depositato il 30/8/2010. Ed infatti essendo la decisione sul ricorso amministrativo intervenuta dopo i 90 giorni dalla sua proposizione, il termine ex art. 46 della l. n. 88/1989 andava calcolato dal 7 maggio 2007 e quindi andava a scadere il 5 agosto 2007, formatosi il silenzio del comitato provinciale sul ricorso amministrativo. Da tale data iniziava a decorre il termine triennale di decadenza che, di conseguenza, alla data di presentazione del ricorso giudiziario era già scaduto;
– ricorre con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ. per la definizione camerale del processo;
– conclusivamente, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va accolto e l’impugnata sentenza va cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, co. 2, cod. proc. civ., con la declaratoria di inammissibilità della domanda giudiziale;
– le spese dell’intero processo vanno compensate in ragione del consolidarsi dell’orientamento giurisprudenziale qui condiviso in epoca successiva alla presentazione del ricorso di primo grado;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, dichiara l’inammissibilità della domanda giudiziale. Compensa tra le parti le spese dell’intero processo.