CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 febbraio 2018, n. 3284
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Sentenza – Sufficienza della motivazione
Atteso che
Circa l’avviso di accertamento notificato a M.B. per recupero IVA su operazioni oggettivamente inesistenti relative all’anno d’imposta 2006, l’Agenzia delle Entrate impugna per cassazione il rigetto dell’appello erariale contro l’annullamento di primo grado.
Il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.
Il ricorso denuncia la nullità della sentenza per motivazione apparente, non avendo il giudice d’appello valorizzato il fatto che il contribuente avesse patteggiato la violazione tributaria in sede penale.
Il ricorso è infondato: il giudice d’appello ha motivato nel senso dell’effettività dei lavori fatturati con plurimi e univoci argomenti (positiva verifica per i fondi europei, riscontro coi lavori eseguiti da altra ditta, dichiarazioni di attività al Comune), precisando che il quadro probatorio non risulta sovvertito dal patteggiamento, cui il contribuente può essersi determinato «per ragioni di opportunità, ossia per accelerazione degli esiti e per i minori costi»; quindi, non ricorre affatto l’impercettibilità della ratio decidendi che rende solo apparente la motivazione e vizia di nullità la sentenza (Cass. SU 22232/2016 Rv. 641526), piuttosto il ricorso erariale attinge la sufficienza della motivazione, ciò che non è più consentito nel regime minimale ex art. 360 n. 5 c.p.c. nov. (Cass. SU 8053/2014 Rv. 629830, Cass. SU 8054/2014 Rv. 629833); d’altronde, il fatto storico (id est, l’avvenuto patteggiamento) è stato esaminato dal giudice di merito nella sua valenza probatoria, sicché il mezzo non sarebbe fondato neppure ove riqualificato in prospettiva dell’art. 360 n. 5 c.p.c. nov. (Cass. SU 8053/2014 Rv. 629831, Cass. SU 8054/2014 Rv. 629834).
– Il ricorso deve essere respinto e le spese regolate per soccombenza; prenotando a debito, l’Agenzia delle entrate non ha obbligo di versare l’ulteriore importo per contributo unificato ex art. 13, comma 1 – quater, d.P.R. 115/2002 (Cass. 5955/2014 Rv. 630550, Cass. 1778/2016 Rv. 638714).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 2.200,00 per compensi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.
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