CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 luglio 2017, n. 17179
Tributi – ICI – Notifica avviso di accertamento tramite messo comunale – Legittimità
Fatto e diritto
Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1-bis del D.L. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197/2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata e che parte ricorrente ha depositato memoria, osserva quanto segue:
Con sentenza n. 2775/34/2015, depositata il 24 giugno 2015, non notificata, la CTR della Sicilia – sezione staccata di Catania – accolse l’appello proposto dal Comune di Gravina di Catania nei confronti della società L.S.C. S.r.l. (di seguito società) avverso la pronuncia di primo grado resa tra le parti dalla CTP di Catania, la quale aveva accolto il ricorso proposto dalla contribuente avverso cartella di pagamento relativa a ruoli emessi dal Comune per ICI dovuta per gli anni 2001, 2002 e 2003.
Avverso la pronuncia della CTR la società ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Il Comune resiste con controricorso.
Con il primo motivo la contribuente denuncia «violazione e falsa applicazione dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in relazione agli art. 11, commi 1 e 2 del d. lgs. n. 504/1992, all’art. 1, commi 158, 159 e 160 della legge 27/12/2006 n. 296 e agli art. 137 e segg. C.p.c.», nella parte in cui la CTR ha escluso la nullità della notifica dei prodromici avvisi di accertamento in quanto eseguiti per mezzo di messo comunale appartenente all’ente impositore, sostenendo la società che detta facoltà è stata attribuita agli enti locali solo in virtù del disposto dell’art. 1, comma 158, della l. n. 296/2006, con decorrenza, quindi, dal primo gennaio 2007.
Con il secondo motivo la società, censura la sentenza impugnata, testualmente, per «violazione e falsa applicazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, C.p.c., in relazione all’art. 11, commi 1 e 2 del D. Lgs. 504/1992, all’art. 1, commi 158, 159 e 160 della L. 27/12/2006 n. 296 e agli art. 137 e segg. c.p.c.», reiterando sostanzialmente la medesima doglianza sotto il profilo della dedotta nullità della sentenza per omessa ed illogica motivazione.
Di là anche da rilievi in punto d’inammissibilità in relazione alle modalità di formulazione delle rispettive censure, con particolare riferimento al secondo motivo, dove sostanzialmente la ricorrente lamenta insufficienza motivazionale con riferimento a questioni di diritto involgenti direttamente l’interpretazione di norme giuridiche, i motivi, che possono essere congiuntamente esaminati in quanto tra loro connessi, risultano manifestamente infondati.
Invero in ricorso parte ricorrente contesta in sé la legittimazione del messo comunale ad eseguire la notifica degli avvisi di accertamento relativi a tributi locali propri del Comune sul presupposto che solo in forza della l. n. 296/2006, avente efficacia dal 1° gennaio 2007, sarebbe stato attribuito al messo comunale il potere di effettuare le notifiche di detti atti impositivi, vertendosi nella fattispecie in esame in tema di notifiche di tre avvisi di accertamento per ICI del Comune di Gravina di Catania per gli anni 2001, 2002 e 2003, che sarebbero stati notificati il 14 dicembre 2005.
In tali termini la questione sollevata dalla ricorrente già dinanzi al giudice tributario di primo grado e d’appello è priva di fondamento, atteso che, anteriormente alla disciplina di cui alla l. n. 296/2006, la notifica a mezzo di messo comunale degli atti in questione doveva ritenersi legittima in virtù dell’art. 200 del Decreto del Presidente della Regione Sicilia per effetto di quanto previsto dalla L. Regione Sicilia 15 marzo 1963, n. 16, secondo cui, per quanto qui rileva, ogni Comune e ogni libero consorzio hanno uno o più messi autorizzati a notificare gli atti delle rispettive Amministrazioni per i quali non siano prescritte speciali formalità, di modo che, prevedendo già l’art. 11, comma 2 del d. lgs. n. 504/1992 in tema di ICI che la notifica dei relativi atti impositivi potesse avvenire “anche” a mezzo posta, non v’era dubbio alcuno che il messo comunale potesse provvedere alla notifica in oggetto.
D’altronde, in generale, con riferimento al messo di conciliazione, facente parte di un ufficio statale, ormai soppresso, ma rientrante nell’apparato organizzativo del Comune, la giurisprudenza di questa Corte si era espressa nel senso dell’ammissibilità della notifica di atto tributario a mezzo di messo di conciliazione (cfr. Cass. sez. 5, 17 aprile 2001, n. 5654; Cass. sez. 5,12 maggio 2006, n. 11062).
Viceversa nella memoria prodotta ex art. 378 c.p.c. all’esito del deposito della proposta del relatore, parte ricorrente adduce una circostanza di fatto, quella della notifica avvenuta fuori dal territorio comunale, precisamente in Pedara, da parte del messo comunale, ipotizzando quindi non una carenza assoluta di potere del messo di procedere alla relativa notifica degli avvisi di acccertamento, ma un vizio d’incompetenza territoriale che, non solo non risulta in alcun modo dalla sentenza impugnata essere stato prospettato dinanzi al giudice di merito, ma che neppure costituisce oggetto specifico di doglianza da parte ricorrente nella formulazione dei motivi del ricorso per cassazione, nei quali la società contesta in radice il potere del messo del Comune di Gravina di Catania di provvedere alla notifica degli atti impositivi per conto dell’Amministrazione locale di appartenza anteriormente all’entrata in vigore della l. n. 296/2006.
In tali termini la questione prospettata nella memoria si pone in termini di novità e come tale inammissibile in sede di legittimità.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso articolo 13.
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