CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 luglio 2017, n. 17216

Prestazioni assistenziali – Indennità di accompagnamento – Domanda – Requisiti – Revoca

Rilevato che

– il Tribunale di Milano rigettava la domanda di A. L. intesa ad ottenere la declaratoria di irripetibilità dell’indebito di euro 13.948,38 per somme corrisposte a titolo di indennità di accompagnamento in assenza di domanda da parte dell’interessata; la decisione veniva riformata dalla Corte di appello di Milano che, pur ritenendo inapplicabile la disciplina dell’indebito pensionistico (trattandosi, nella specie, di prestazione assistenziale), tuttavia considerava sussistenti il requisito della non addebitabilità al percipiente dell’erogazione non dovuta e la contemporanea sussistenza di una situazione idonea a generarne l’affidamento incolpevole. In conseguenza dichiarava che l’indebito contestato dall’I.N.P.S. per il periodo dal 1° aprile 2007 al settembre 2009 (e cioè per il periodo dalla data di decorrenza della revoca fino al provvedimento di revoca) non era ripetibile e che l’appellante nulla doveva a tale titolo;

– avverso tale sentenza l’I.N.P.S. propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo;

– A. L. resiste con controricorso;

– la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;

– solo la controncorrente ha depositato memoria;

– il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Considerato che

– è preliminarmente infondata l’eccezione di inammissibilità formulata dalla controricorrente con riferimento all’intervenuto mutamento del legale rappresentante dell’I.N.P.S. all’atto della notifica del ricorso per cassazione;

– va infatti richiamato il principio della irrilevanza del mutamento dell’organo investito della rappresentanza processuale della persona giuridica sulla regolarità del procedimento iniziato in forza di procura rilasciata dal precedente rappresentante che vale ad escludere l’idoneità del mutamento stesso a privare della sua perdurante efficacia un mandato “ad litem” originariamente concesso dall’organo effettivamente investito del potere rappresentativo (v. Cass. 11 dicembre 1999, n. 13881 ; Cass. 22 maggio 2007, n. 11847);

– con il motivo l’I.N.P.S. denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della l. n. 18/1980 e dell’art. 2033 cod. civ.. Lamenta la mancata applicazione dei principi in materia di indebito in ipotesi di revoca della prestazione assistenziale per mancanza dei requisiti previsti dalla legge;

– il motivo è manifestamente infondato anche se la motivazione della sentenza impugnata necessita di correzione ex art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ. (cfr. Cass. n. 23989/2014 e n. 16157/2016);

– come è stato da questa Corte più volte affermato la disciplina della ripetibilità muta a seconda della ragione che ha dato luogo all’indebito assistenziale (mancanza dei requisiti sanitari ovvero dei requisiti reddituali ovvero ancora dei requisiti di legge in via generale);

– in particolare, vertendosi nella specie in una ipotesi di revoca della prestazione riconosciuta per errore in assenza di domanda amministrativa, devono trovare applicazione le norme sull’indebito assistenziale che fanno riferimento alla mancanza dei requisiti di legge in via generale (dovendosi escludere ogni rilevanza di quelle specifiche disposizioni che regolano espressamente la sorte dell’indebito per la mancanza del requisito sanitario e per la mancanza del requisito reddituale: cfr., ad esempio il D..L. n. 850 del 1976, art. 3 ter, convertito in 1. n. 29 del 1977, il D.L. n. 173 del 1988, art. 3, co. 9, convertito nella 1. n. 291 del 1988, la 1. n. 537 del 1933, art. 11, co. 4, disposizione poi abrogata dall’art. 4, co. 3 nonies, introdotto dalla 1. n. 425 del 1996 di conversione del D.L. n. 323 del 1996, il d.P.R. n. 698 del 1994, art. 5, co. 5);

– deve allora richiamarsi il principio secondo cui in materia di ripetizione dell’indebito nell’ambito delle prestazioni dell’invalidità civile, si applica la disciplina generale nell’art. 2033 cod. civ. (non potendosi fare un’applicazione estensiva dei principi vigenti nel sottosistema della previdenza sociale) e solo in via eventuale quella derogatoria di dettaglio in specifiche disposizioni di legge (cfr. Cass. 23 gennaio 2008, n. 1446; si vedano anche Cass. 28 marzo 2006, n. 7048; Cass. 17 aprile 2014, n. 8970);

quando manca radicalmente il diritto alla prestazione l’indebito è così pienamente ripetibile ^xart. 2033 cod. civ., non sussistendo la ratio per applicarsi, in questo caso, il principio di settore di necessaria tutela del percettore in buona fede della prestazione assistenziale indebita (si veda, ad es., per la corresponsione dovuta ad errore di persona di una prestazione a carattere assistenziale che dunque non sia mai stata richiesta Cass. 23 agosto 2003, n. 12406; principio richiamato anche dalla citata Cass. n. 1446/2008 e riaffermato proprio con riguardo alle ipotesi di ‘estraneità’ dell’accipiens a qualsivoglia rapporto previdenziale od assistenziale anche da Cass. 1° ottobre 2015, n. 19638);

– conseguentemente, in tal caso vanno restituiti i ratei indebitamente erogati a partire dalla data del provvedimento che accerta che la prestazione assistenziale non era dovuta (essendo irripetibili solo i ratei percepiti anteriormente a tale data) – cfr. anche Cass. 28 aprile 2009, n. 9939; Cass. 25 novembre 2009, n. 24778 oltre alle già citate Cass. n. 2048/2006, Cass. n. 1446/2008; Cass. n. 8970/2014, Cass. n. 19638/2015 -;

– a sostegno della affermata ripetibilità dell’indebito anche per il periodo precedente rispetto all’intervenuta revoca, l’I.N.P.S. pone l’accento sulla pretesa mancanza di buona fede del soggetto percettore;

– in realtà la Corte territoriale ha evidenziato, sul punto, che un affidamento incolpevole era riscontrabile nel contemporaneo riconoscimento da parte dell’Amministrazione competente della condizione di invalido al 100% oltre che dello stato di handicap grave (elementi, questi, forniti dalla parte privata che aveva agito per ottenere l’accertamento negativo del suo obbligo di restituire quanto l’ente previdenziale abbia ritenuto indebitamente percepito e rispetto ai quali non erano stati acquisiti elementi di segno contrario – Cass., Sez. Un., 4 agosto 2010, n. 18046 -);

– trattasi di argomentazione ancorata a dati fattuali insuscettibile di revisione in questa sede;

– la proposta va, pertanto, condivisa e il ricorso va rigettato;

– la regolamentazione delle spese segue la soccombenza;

– va dato atto dell’applicabilità dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, co. 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna l’I.N.P.S. al pagamento, in favore della contoricorrente, delle spese processuali che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge e rimborso forfetario in misura del 15% da corrispondersi agli avvocati Silvia Assennato e Massimiliano Pucci, anticipatali.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.