CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 giugno 2017, n. 14693
Fallimento – Ammissione al passivo – Crediti privilegiati e chirografari – Condizioni – Estratto ruolo e notifica cartella esattoriale
Rilevato che
Equitalia Sud s.p.a. chiedeva di essere ammessa al passivo del fallimento di P.A.M.F. per la complessiva somma di euro 601.202,97, parte in privilegio e parte al chirografo; la domanda veniva accolta per la minor somma di euro 505.344,75, in quanto, per il residuo, era mancata la prova della notifica della cartella esattoriale;
Equitalia Sud proponeva opposizione al passivo deducendo che alla domanda di insinuazione era stato legittimamente allegato l’estratto di ruolo;
il tribunale di Lucera ha rigettato l’opposizione perché, al fine della verifica dei crediti tributari, è condizione necessaria “non solo la produzione dell’estratto di ruolo certificato conforme all’originale (..) ma anche (..) la prova dell’avvenuta notifica della cartella esattoriale”, dovendo la riscossione coattiva essere preceduta dagli adempimenti tesi a consentire al curatore di sollevare eventuali contestazioni davanti al giudice tributario;
a dire del tribunale, la ricorrente aveva prodotto le cartelle in udienza, non unitamente al ricorso in opposizione, e tanto era sufficiente a disattendere la pretesa;
Equitalia Sud ha proposto ricorso per cassazione in quattro motivi, denunziando nell’ordine: (i) la contraddittoria motivazione del decreto e la falsa applicazione dell’art. 2718 cod. civ. per avere il tribunale, da un lato, riconosciuto alle copie conformi degli estratti di ruolo valenza di prova del credito in essi riportato e, dall’altro, ritenuto indefettibile la prova della notifica della cartella di pagamento; (ii) la violazione e falsa applicazione degli artt. 87 e 88 del d.P.R. n. 602 del 1973, in quanto la produzione degli estratti di ruolo suddetti doveva ritenersi esaustiva ai fini dell’ammissione allo stato passivo; (iii) la violazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992 a proposito del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice tributario, essendo escluso che il curatore potesse sollevare eccezioni sul merito della pretesa in una sede diversa da quella tributaria; (iv) violazione e falsa applicazione dell’art. 345 cod. proc. civ. in ordine alla ritenuta tardività della produzione delle relate di notifica delle cartelle; la curatela non ha svolto difese;
il procuratore generale ha depositato conclusioni scritte.
Considerato che
Il ricorso è fondato con specifico riferimento al secondo motivo, il cui esame si rivela assorbente di ogni questione;
questa Corte, a sezioni unite, ha affermato il principio per cui la domanda di ammissione al passivo di un fallimento avente a oggetto un credito di natura tributaria non presuppone necessariamente, ai fini del buon esito della stessa, la precedente iscrizione a ruolo del credito azionato, la notifica della cartella di pagamento e l’allegazione all’istanza della documentazione comprovante l’avvenuto espletamento delle dette incombenze, potendo viceversa essere basata anche su un titolo di diverso tenore (v. Cass. Sez. U n. 4126-12), come per esempio i fogli prenotati a ruolo, le sentenze tributarie di rigetto dei ricorsi del contribuente e così via;
tale insegnamento trova base nella considerazione che quel che interessa è soltanto la prova del credito tributario; a proposito degli artt. 87 e 88 del d.P.R. n. 602 del 1973, è stato inoltre a più riprese chiarito che l’ammissione al passivo dei crediti tributari è richiesta dalle società concessionarie per la riscossione sulla base del semplice ruolo, senza che occorra, in difetto di espressa previsione normativa, anche la previa notifica della cartella esattoriale, salva la necessità, in presenza di contestazioni del curatore, dell’ammissione con riserva, da sciogliere poi ai sensi dell’art. 88, secondo comma, del d.P.R. n. 602 del 1973, allorché sia stata definita la sorte dell’impugnazione esperibile davanti al giudice tributario (v. tra le tante Cass. n. 23110-16, Cass. n. 6126-14; Cass. n. 12019-11; Cass. n. 19718-03; e v. pure, per l’estensione del principio ai crediti previdenziali, Cass. n. 6520-13; Cass. n. 5066-08); di tale indirizzo giurisprudenziale – che ben può dirsi consolidato – il rappresentante del procuratore generale ha sollecitato, nelle sue conclusioni, un ripensamento, previa rimessione della causa alle sezioni unite, in base alla differenza corrente tra il ruolo (atto impositivo espressamente previsto e regolato dalla legge) e l’estratto di ruolo (mero elaborato informatico contenente gli estremi della cartella);
richiamando la sentenza n. 280-05 della Corte costituzionale e l’esigenza di trasparenza e correttezza dell’azione amministrativa al fondo della previsione di termini perentori per la notifica della cartella, ha sottolineato la distinzione corrente tra insinuazioni al passivo di iscrizioni a ruolo antecedenti al fallimento (eseguite cioè quando il contribuente si trovava ancora in bonis) e iscrizioni a ruolo successive al fallimento; ciò al fine di dedurne che solo nel secondo caso potrebbe rilevare, per il concessionario, l’alternativa se notificare o meno la cartella al curatore, giacché nel primo la notifica (o almeno il tentativo di notifica), sulla base della legislazione vigente, si imporrebbe al fine della regolarità formale e sostanziale del procedimento impositivo;
quanto esposto a suffragio della sollecitata rivisitazione dell’orientamento richiamato non può essere condiviso; la necessità della notifica della cartella al fine di consentire l’ammissione al passivo trova sostegno in un solo precedente di questa Corte (segnatamente in Cass. n. 6032-98); quel precedente, secondo cui in caso di fallimento del contribuente, presupposto indefettibile dell’ammissione al passivo del credito portato dalla cartella esattoriale è la notifica della stessa al curatore fallimentare, al fine di consentirgli di eventualmente proporre ricorso contro il ruolo, faceva leva sull’ammissione con riserva a suo tempo prevista dall’art. 45, secondo comma, del d.P.R. n. 602 del 1973; in disparte però che il suddetto art. 45 è stato sostituito, nella legge sulla riscossione, (come le disposizioni seguenti sino all’art. 90) dall’art. 16 del d.lgs. n. 46 del 1999, sicché l’interpretazione dominante è oggi correttamente sottesa dalla lettera dei citati artt. 87 e 88, vi è che l’affermazione di indefettibilità della cartella al fine di proporre ricorso al giudice tributario è errata; e questo induce a conclusioni del tutto diverse da quelle sostenute dal procuratore generale, atteso che le contestazioni avverso la pretesa iscritta a ruolo possono essere dal curatore fallimentare avanzate ugualmente, come appunto evidenzia il testo delle citate disposizioni, contro il ruolo documentato mediante l’estratto, e atteso che ogni diversa opinione non tiene conto della specifica sede nella quale si intende far valere il credito e della ratio sottesa alla scelta legislativa; tale ratio risiede nell’esigenza di assoggettare – seppure nel rispetto dei diversi privilegi che li assistono – pure i crediti tributari alla stessa procedura alla cui osservanza sono tenuti gli altri creditori in ragione del principio della par condicio, e di rifiutare, conseguentemente, percorsi procedurali differenziati in ragione della posizione del soggetto titolare del credito;
ora, secondo l’art. 87 del d.P.R. n. 602 del 1973, il concessionario chiede di essere ammesso al passivo, per conto dell’amministrazione finanziaria, “sulla base del ruolo”;
a sua volta l’art. 88 prevede che, se sulle somme iscritte a ruolo sorgono contestazioni, il credito è ammesso al passivo con riserva, anche nel caso in cui la domanda di ammissione sia presentata in via tardiva, e nel fallimento la riserva è sciolta dal giudice delegato con decreto, su istanza del curatore o del concessionario, quando è inutilmente decorso il termine prescritto per la proposizione della controversia davanti al giudice competente, ovvero quando il giudizio è stato definito con decisione irrevocabile o risulta altrimenti estinto; le riportate previsioni sono chiarissime nel senso di imporre al concessionario niente altro che la documentazione dell’avvenuta iscrizione a ruolo, stante che il ruolo, in base all’art. 49 del d.P.R. n. 602 del 1973, costituisce il “titolo esecutivo”;
deve anche esser puntualizzato che il ruolo – titolo esecutivo – è materialmente l’elenco dei debitori e delle somme da essi dovute, formato dall’ufficio ai fini della riscossione a mezzo del concessionario (art. 10 del d.P.R. n. 602 del 1973): è cioè un atto collettivo formato al fine di iscrivere i crediti per tributi, sanzioni e interessi risultanti riscuotibili nel periodo di riferimento; cosicché ipotizzare la produzione del ruolo (id est, dell’elenco formato in base alla norma citata) sarebbe irrazionale; il ruolo viene portato a conoscenza del contribuente mediante la cartella di pagamento, al tempo stesso mezzo di intimazione conseguente al titolo esecutivo e mezzo di notifica del ruolo;
dal quadro di regole e principi appena esposti possono trarsi due conseguenze quanto al fallimento: da un lato, le disposizioni sopra richiamate consentono al concessionario di insinuarsi al passivo “in base al ruolo”, non in base alla cartella che ne rappresenta (mero) strumento di notificazione, sicché in nessun modo legittimano la necessità della previa notifica di questa; dall’altro lato, posto che le medesime disposizioni debbono essere interpretate nel senso di imporre, come detto, al concessionario di semplicemente documentare l’esistenza del titolo esecutivo, proprio l’estratto di ruolo, certificato conforme alle risultanze del ruolo dal concessionario agente, si presta alla riferita funzione; esso vale a documentare il titolo, donde sicuramente legittima il concessionario all’insinuazione mediante la produzione afferente;
la conclusione trova ulteriore conforto in ciò: che, se è vero che l’estratto di ruolo è il documento informatico proveniente dal concessionario per la riscossione, e se è vero che, per tale suo carattere, l’estratto non necessariamente va impugnato davanti al giudice tributario al momento in cui è conosciuto dal contribuente, non è men vero che è comunque e sempre ammissibile l’impugnazione della cartella di pagamento (ovverosia dell’iscrizione a ruolo) che non sia stata previamente notificata, e di cui l’interessato sia venuto a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo rilasciato dal concessionario (v. risolutivamente Cass. Sez. U n. 19704-15); è difatti consentita a ogni contribuente – e quindi massimamente alla curatela del fallimento di un contribuente – la tutela dinanzi al giudice tributario, rispetto all’impugnazione della cartella di pagamento, senza la necessità di attendere la notificazione di questa, in via anticipata rispetto all’atto in cui si snoda il procedimento di riscossione; per modo che è del tutto certo – oggi più che mai dopo la pronuncia delle sezioni unite ultima citata, ma finanche prima in ragione della ritenuta mancanza di tassatività dell’elenco degli atti impugnabili di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 (v. Cass. n. 724-10; Cass. n. 15946-10; Cass. n. 2248-14) – che il curatore fallimentare, avuta conoscenza del ruolo per il tramite dell’estratto prodotto in sede di insinuazione, di niente altro ha bisogno per contestare il credito nella competente sede giurisdizionale; la contestazione ben può essere avanzata facendo valere l’eventuale vizio del procedimento che si annida nel non essere stata notificata al fallito la cartella esattoriale nel termine di decadenza (C. cost. n. 280-05), esattamente come accade per ogni contribuente; tanto è per la curatela possibile impugnando l’iscrizione a ruolo di cui sia venuta a conoscenza attraverso l’estratto allegato alla domanda del concessionario della riscossione;
si comprende allora come non sia pertinente l’argomento che nega all’estratto di ruolo la natura di atto impositivo; l’estratto serve a documentare, nella sede fallimentare, l’esistenza del titolo, e dunque (semmai), mediatamente, l’esistenza dell’atto tributario posto a base dell’iscrizione a ruolo;
l’obbligazione tributaria, come questa Corte da tempo riconosce in sintonia con la più accorta dottrina, nasce non dall’atto impositivo ma dalla legge, essendo ogni atto tributario vincolato nei presupposti del credito e destinato a esprimere semplicemente la determinazione dell’amministrazione in ordine a quanto dal contribuente dovuto per norma di legge;
i crediti tributari nascono cioè ex lege con l’avveramento dei relativi presupposti (v. tra le tante Cass. Sez. U n. 4779-87 e n. 4780-87), e ciò è tanto vero che da tempo, per esempio, si riconosce che quelli dell’esattore, per tributi i cui presupposti si siano verificati prima dell’apertura del concordato preventivo, sono da considerare anteriori al concordato stesso ancorché non accertati o iscritti a ruolo (v. Cass. Sez. U n. 9201-90);
consegue che da niente può considerarsi sorretta la conclusione che intenda negare la legittimità dell’ ammissione del concessionario al passivo fallimentare, se del caso con riserva (ove vi siano contestazioni da sviluppare nella sede giurisdizionale deputata), sulla base del solo ruolo, non occorrendo la previa notifica della cartella esattoriale al curatore fallimentare né la prova, nella sede fallimentare, della avvenuta notifica della cartella al fallito quando ancora era in bonis;
il decreto del tribunale di Lucera va quindi cassato in relazione al secondo motivo di ricorso, tutti gli altri rimanendo assorbiti; segue il rinvio affinché il giudice del merito provveda sull’opposizione uniformandosi al principio di diritto esposto;
il giudice di rinvio si designa nel tribunale di Foggia, attesa l’avvenuta soppressione del tribunale di Lucera;
esso provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al tribunale di Foggia.
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