CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 settembre 2017, n. 21253
Credito d’imposta – Accertamento – Acquisto veicoli elettrici – Contributo statale
Rilevato che
– la R. P. I. & B. S.p.A., ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia (Ctr), che ha confermato la sentenza di primo grado, di rigetto del ricorso della contribuente contro avviso di accertamento, con il quale, per quanto ancora interessa in questa sede, era stato recuperato, per l’anno di imposta 2003, il credito per l’acquisto di veicoli a trazione elettrica, in relazione ad una operazione di importazione di motorini elettrici dalla Repubblica Slovacca, rivenduti successivamente alla Top Casa s.r.l.;
– la Ctr, nel confermare la sentenza di primo grado, ha rilevato che le operazioni commerciali risultavano estranee all’oggetto sociale sia della società venditrice, sia della società acquirente;
-in ogni caso, il credito non avrebbe potuto essere utilizzato dalla venditrice, in quanto, sulla base della normativa applicabile, spettava esclusivamente per il recupero del contributo statale riconosciuto alle persone fisiche per l’acquisto di veicoli elettrici, mentre, nel caso di specie, l’operazione era intercorsa fra due società;
– il ricorso per cassazione, cui l’Agenzia delle entrate ha reagito con controricorso, è proposto sulla base di due motivi;
– la ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che
– con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4 c.p.c., la violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla domanda con cui la società aveva posto in rilievo che l’estraneità rispetto all’oggetto sociale non comportava l’invalidità dell’operazione, che rimaneva valida e vincolante per la società nei confronti dei terzi, ivi compreso l’Erario;
– con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione delle norme riguardanti il contributo statale accordato per l’acquisto di veicoli elettrici;
– la ricorrente sostiene che il contributo è sì riconosciuto alle persone fisiche, tuttavia ciò non esclude che vi possa essere un passaggio intermedio fra la importatrice e il venditore, così come avvenuto nel caso in esame, in cui i motorini, importati dalla contribuente dalla Repubblica Slovacca, furono successivamente rivenduti alla Top Casa s.r.l., la quale li aveva a sua volta ceduti, riconoscendo, per le sole vendite a persone fisiche, uno sconto pari al contributo statale di cui all’art. 145, comma 6, della I. n. 388 del 2000, rivalendosi poi, per la minor somma incassata, nei confronti della importatrice, cui aveva esibito idonea documentazione comprovante l’acquisto da parte di persona fisica;
– a questo, punto, la società contribuente aveva legittimamente recuperato l’esborso sotto forma di credito di imposta, ai sensi dell’art. 22, comma 5, della I. n. 266 del 1997;
– la deduzione cui è riferita l’omessa pronuncia oggetto del primo motivo è quella con la quale la ricorrente aveva sostenuto la validità e vincolatività delle operazioni di commercializzazione di motorini elettrici, benché non annoverate nell’oggetto sociale;
– secondo la ricorrente, se la Ctr avesse esaminato la questione circa la validità, ex art. 2384 c.c., degli atti posti in essere al di fuori dell’oggetto sociale, avrebbe potuto concludere per la correttezza delle operazioni commerciali e conseguentemente ritenere legittima la utilizzazione del credito di imposta, annullando la relativa ripresa;
– il motivo è infondato;
– «ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia» (Cass. n. 20311/2011; conf. n. 21612/2013; n. 17956/2015);
– ciò posto è agevole osservare che la finalità della deduzione cui è riferita l’omessa pronuncia non era certamente quella di sostenere la validità negoziale dell’operazione in astratto, ma di sostenere che l’estraneità dell’operazione rispetto all’oggetto sociale non pregiudicava il recupero del credito di imposta;
– la Ctr ha invece fatto derivare da quella estraneità l’illegittima utilizzazione del credito, con ciò assumendo una decisione incompatibile con la supposta deduzione non esaminata, che è stata così implicitamente rigettata;
– in altre parole, la Ctr, diversamente dal giudice di primo grado, che aveva fondato la propria decisione negativa per la contribuente esclusivamente sull’argomento che il contributo è riconosciuto alle sole persone fisiche, ha fatto leva innanzitutto proprio sulla estraneità dell’operazione rispetto all’oggetto sociale, attribuendo rilevanza solo concorrente all’argomento ulteriore che «il credito di imposta di cui trattasi non può inoltre essere utilizzato dalla società appellante in quanto, in base alla normativa richiamata in premessa, spetta esclusivamente per il recupero del contributo statale riconosciuto alle persone fisiche per l’acquisto di autoveicoli elettrici e non alle persone giuridiche quale Top Casa s.r.l.»;
– da tale rilievo ne consegue che la estraneità delle operazioni rispetto all’oggetto sociale costituisce un’autonoma ratio deciderteli, in termine speculari, del resto, rispetto all’avviso di accertamento, che, indipendentemente dal rilievo che il contributo era riferito alle persone fisiche, aveva disconosciuto la sostanza economica dell’operazione;
– la relativa statuizione, pertanto, andava impugnata autonomamente per violazione di legge con riferimento al principio che l’estraneità all’oggetto sociale non costituisce un limite alla capacità della società che è generale, mentre sul punto la sola ragione di censura ha riguardato infondatamente l’omessa pronuncia;
– l’infondatezza del primo motivo di ricorso porta con sé l’inammissibilità del secondo, in forza del principio che quando «la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza» (Cass. n. 9752/2017; conf. n. 2108/2012);
– la ricorrente, con la memoria, richiede l’applicazione dello ius superveniens di cui al d. Igs. n. 158 del 2015 e, di conseguenza, la rideterminazione della sanzione applicata con riferimento alla ripresa cui si riferisce la vicenda giudiziale;
– nel giudizio di cassazione sono proponibili le questioni riguardanti la violazione di legge sopravvenuta, in quanto il giudizio della Corte non è sull’operato del giudice, bensì sulla conformità all’ordinamento giuridico della decisione impugnata (Cass., S.U. n. 21691/2016);
– questa Corte ha, peraltro, già avuto occasione di chiarire che le modifiche apportate dal d. Igs. n. 158 del 2015 non rendono la sanzione irrogata automaticamente illegale, perché non operano in maniera generalizzata quale favor rei, escludendosi pertanto che la mera deduzione, in sede di legittimità, dello ius superveniens, senza specifiche allegazioni riferite al caso concreto idonee ad influire sui parametri di commisurazione della sanzione entro la cornice edittale, imponga la cassazione con rinvio della sentenza impugnata;
– tuttavia, diversamente da altri casi recentemente esaminati da questa Corte (con sent. n. 9670 e n. 9505 del 2017), in cui era stato genericamente invocato il principio del favor rei, senza indicare gli elementi considerati dall’Amministrazione, nell’ipotesi in esame la contribuente in memoria ha richiamato le pagine dell’avviso di accertamento concernenti l’irrogazione delle sanzioni, evidenziando che furono applicate nel minimo edittale prò tempore vigente e non quale misura comunque idonea, anche nel caso di modifiche alla cornice edittale, a sanzionare la condotta della società;
– occorre quindi che il giudice del merito rinnovi la propria valutazione, al fine di verificare se il nuovo valore del minimo previsto per la sanzione conseguente alla contestata violazione sia adeguato alla specifica fattispecie, in considerazione degli elementi soggettivi ed oggettivi rilevanti e se risulti favorevolmente modificato il complessivo trattamento sanzionatorio;
– per quest’aspetto va cassata la sentenza, con rinvio per tale profilo alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
rigetta il ricorsi nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata nei sensi di cui in motivazione e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione.
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