CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 settembre 2017, n. 21256
Tributi indiretti – Imposta di registro, ipotecaria, catastale – Immobile – Compravendita – procedura DOCFA
Ritenuto
che la Commissione tributaria regionale del Lazio respinse, con la sentenza n. 249/6/11, depositata il 29/11/2011, l’appello di S. T., avverso la sentenza di primo grado, avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta di registro, ipotecaria, catastale, oltre interessi e sanzioni, notificato il 16/11/2005, relativamente ad immobile, sito in Comune di Genzano, acquistato dalla predetta contribuente con rogito del 30/10/2001, e registrato il 19/11/2001, sulla base del valore catastale “proposto” all’Agenzia del Territorio; che la CTR osservò, in particolare, che all’epoca della compravendita la rendita era quella dichiarata il 19/10/2001 con la procedura DOCFA, prevista dal D.M. 701 del 1994, palesemente incongrua rispetto alla consistenza dell’immobile, e giustamente rettificata nel 2005 con la stima UTE del 12/10/2005, più rispondente al valore di mercato di immobili aventi caratteristiche similari, valutazione peraltro non adeguatamente contrastata dalla contribuente;
che per la cassazione della sentenza la T. ha proposto ricorso affidato a due motivi, illustrati con memoria, cui resiste l’intimata Agenzia delle Entrate con controricorso;
Considerato
che la ricorrente con il primo motivo denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in quanto l’atto di rettifica della rendita catastale, su cui si basa l’avviso impugnato, non risulta né notificato alla contribuente, né depositato in giudizio dall’Agenzia delle Entrate, e che a far data dal 1° gennaio 2000, ai sensi dell’art. 74, comma 1, L. 342 del 2000, gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, a cura dell’ufficio del territorio competente, ed ancora, che l’immobile acquistato in data 30/10/2001 ricade nella comunione legale dei beni, ex art. 177 c.p.c., sicché la CTR avrebbe dovuto rilevare l’assenza in giudizio di G. B., litisconsorte necessario, in quanto coniuge della contribuente; che con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 5, omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, giacché né la CTP, né la CTR, hanno ritenuto di esperire alcun accertamento circa l’esistenza della notifica della rendita catastale definitiva, determinata dall’Agenzia del Territorio a seguito della procedura DOCFA avviata dalla parte venditrice dell’immobile il 19/10/2001, limitandosi la sentenza d’appello a richiamare le risultanze di una “visura storica” da cui risulterebbe l’avvenuta notifica dell’accertamento, atto prodromico all’avviso di rettifica e liquidazione impugnato; che, anzitutto, va disattesa l’eccezione di nullità della sentenza impugnata per difetto del contraddittorio con il coniuge della contribuente, in regime di comunione legale dei beni, ex art. 177 c.p.c., in quanto la parte che eccepisce la non integrità del contraddittorio ha l’onere non soltanto di indicare le persone che debbono partecipare quali litisconsorti necessari, e di provarne l’esistenza, ma anche di dimostrare i presupposti di fatto che giustificano l’integrazione stessa, ed ove detta eccezione sia proposta – come nel caso qui esaminato – per la prima volta nel giudizio di cassazione, la sua prova deve emergere dagli atti e dai documenti del processo di merito, essendo l’acquisizione di nuove prove, e lo svolgimento di attività istruttorie, incompatibili con il giudizio di legittimità (Cass. n. 10693/1994; n. 770171994; n. 1831/1989; n. 5552/1978);
che, viceversa, la ricorrente non allega il momento in cui tale dimostrazione sarebbe stata fornita ai giudici di merito, e soprattutto non contrasta l’affermazione dell’intimata Agenzia delle Entrate secondo cui “in sede di rogito, l’unica comparente in atto come acquirente” era appunto la T.;
che ¡a contribuente si duole, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, della mancata notificazione dell’atto di rettifica della rendita catastale emesso dall’Agenzia del Territorio all’esito della menzionata procedura DOCFA, non essendo all’uopo sufficiente il mero richiamo, contenuto nella sentenza della CTR, alle risultanze della “visura storica” versata in atti dall’Agenzia delle Entrate, costituendo tale dedotta mancanza vizio dell’avviso di rettifica e liquidazione della maggiore imposta di registro, ipotecaria e catastale, richiesta con relative sanzioni alla contribuente, in relazione alla compravendita immobiliare stipulata il 30/10/2001, ateo registrato il 19/11/2001 sulla base del valore catastale “proposto” all’Agenzia del Territorio, e dal giudice tributario ritenuto palesemente Incongruo rispetto a quello emerso in sede di stima UTE;
che la suesposta doglianza è Infondata poiché la contribuente avrebbe dovuto impugnare il classamento dell’UTE dopo la contestuale notifica dell’avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta di registro, circostanza che le aveva consentito la conoscenza della rendita catastale definitiva, chiamando in giudizio lo stesso ente, considerata l’autonomia tra i giudizi aventi ad oggetto, per un verso, la rendita attribuita e, per altro verso, l’atto impositivo, cosa che comporta l’obbligo di impugnazione autonoma dell’atto modificativo della rendita medesima, nel termine di sessanta giorni dalla data della notifica, ed anche perché la dichiarazione presentata dal contribuente ai sensi dell’art. 56, D.P.R. n. 1142 del 1949, vale come “rendita proposta” fino a che l’Ufficio non provveda alla determinazione di quella definitiva, efficace a partire dalla data di presentazione della relativa istanza;
che, peraltro, il problema specifico della necessità della notifica dell’atto di attribuzione della rendita, per gli atti posti in essere a decorrere dal 1/1/2000, è stato risolto dall’art. 74, comma 1, L. 342 del 2000, secondo il quale gli atti attributivi o modificativi della rendita sono efficaci a partire dalla loro notifica da parte dell’Agenzia dei territorio, ma la disposizione si interpreta nel senso che dalla notifica decorre il termine per l’impugnazione, e ciò non esclude l’applicabilità della rendita anche al periodo precedente, stante la natura dichiarativa e non costitutiva dell’atto attributivo della rendita, e la liquidazione della maggiore imposta avviene, nel caso di specie, sulla base della volontà espressa dalla contribuente di beneficiare dell’assoggettamento dell’atto al sistema di valutazione automatica di cui all’art. 54, comma 4, D.P.R. n. 131 del 1986, che conseguentemente la sentenza impugnata non merita d’essere censurata, ed al rigetto del ricorso segue, secondo soccombenza, la condanna della contribuente alla rifusione delle spese dei giudizio di legittimità, le quali sono liquidate come in dispositivo;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro 5.600,00 per compensi, oltre rimborso spese prenotate a debito.
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