CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 aprile 2017, n. 9669
PIA (Fondo pensione dell’Enel) – Rimborso ritenute – Pensione integrativa – Tassazione separata
Esposizione delle ragioni in fatto ed in diritto della decisione
1. La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia rigettando l’appello del contribuente M. V., confermava la decisione di primo grado che aveva rigettato il ricorso proposto avverso il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza intesa ad ottenere il rimborso delle ritenute operate dal PIA (Fondo pensione dell’Enel) nel momento in cui il fondo previdenziale predetto gli aveva corrisposto la pensione integrativa convertita in capitale a seguito di opzione esercitata dal contribuente, assoggettandola a tassazione separata e operando la ritenuta nella misura del 29,81%. Ad avviso del contribuente, sulla somma percepita avrebbe dovuto essere operata la ritenuta del 12,50%, come i redditi di capitale, la cui base imponibile è determinabile secondo le disposizioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 42, comma 4, (nel testo vigente precedentemente alla riforma del 2004, ora art. 44). La Commissione adita affermava che la ritenuta del 12,50% avrebbe potuto essere operata limitatamente alla componente reddituale del fondo e non anche alla componente ascrivibile al capitale formatosi con i contributi versati dal datore e dal lavoratore; ciò premesso, rilevava che il contribuente non aveva fornito la prova del quantum da liquidare. Il contribuente proponeva ricorso per cassazione e la Suprema Corte, con ordinanza n. 2685 depositata il 22.2.2012, affermava che doveva trovare applicazione il principio di diritto affermato dalla Cassazione a SS.UU. con la sentenza n. 13642/2011 secondo il quale “In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 124/1993, ad un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui agli arti. 16, comma 1, lett. a), e 17 del T.U.I.R., solo per quanto riguarda la “sorte capitale” corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre le somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dall’art. 6 della legge n. 482 del 1985; h) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui agli arti. 16, comma 1, lett. a), e 17 del T.U.I.R.”. Conseguentemente la Corte cassava la sentenza impugnata e rinviava la causa al giudice del merito per la determinazione della somma proveniente dalla liquidazione del c.d. rendimento di polizza alla quale soltanto doveva essere applicata la ritenuta del 12,50%, prevista dall’art. 6 della legge n. 482 del 1985. La causa era riassunta dal contribuente innanzi alla CTR, la quale riconosceva il diritto al rimborso della somma di euro 28.638,68. Osservavano i giudici del rinvio che dai documenti rilasciati dal datore di lavoro risultava che i rendimenti erano pari ad euro 165.445,88 e che tale somma andava assoggettata alla ritenuta del 12,50% anziché all’aliquota del 29,81%.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l’agenzia delle entrate affidato ad un motivo. Il contribuente si è costituito in giudizio con controricorso illustrato con memoria.
3. Con l’unico motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione agli artt. 63 d. Igs. 546/1992, 384 e 392 cod. proc. civ.. Sostiene che la CTR non si è attenuta al principio di diritto enunciato dalla corte di cassazione con la ordinanza di annullamento con rinvio in quanto non ha verificato l’impiego sul mercato del capitale accantonato né la natura del rendimento.
7. Osserva la Corte che il ricorso è fondato. La CTR ha, infatti, accertato il rendimento da assoggettare a tassazione nella misura del 12,50% sulla base della mera rendita del capitale attestata dalla documentazione Enel ed ha omesso di esaminare il rendimento nel senso precisato dalle SSUU della Corte di legittimità con la sentenza n. 13642/11, richiamata nell’ordinanza n. 2685 depositata il 22.2.2012, secondo cui occorre accertare se i capitali rivenienti dalla contribuzione siano stati effettivamente investiti sul mercato finanziario. Il giudice di rinvio avrebbe dovuto, dunque, conformarsi alla nozione di rendimento evincibile dalla decisione delle SSUU cit., cui hanno fatto seguito altre sentenze (Cass. 720/2017; Cass. 5614/15; Cass.287/12; Cass. 14498/12; Cass. 23520/12; Cass. 3130/14; Cass.17365/14).
E’ stato, invero, precisato che per rendimento del capitale deve intendersi, come espressamente precisato nella parte motiva della citata sentenza n. 13642/11 delle Sezioni Unite, il “rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato”, la cui quantificazione deve essere compiuta dal giudice di merito sulla base di una congruente analisi giuridica della fattispecie concreta, che operi l’accertamento della natura e quantità del rendimento che sarebbe stato erogato a favore del contribuente, verificando se vi sia stato (e quale sia stato) l’impiego da parte del Fondo sul mercato del capitale accantonato e quale (e quanto) sia stato il rendimento conseguito in relazione a tale impiego.
Si impone, dunque, l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata affinché il giudice di merito accerti, sulla base degli elementi probatori forniti dal contribuente, se in concreto sussistesse un rendimento imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato (ossia, in termini più espliciti, se la differenza tra le somme erogate al beneficiario e l’ammontare dei contributi versati da lui e dal datore di lavoro derivasse in tutto o in parte dalla gestione di tali contributi sul mercato finanziario). Procederà, poi, il giudice di merito a quantificare la parte della somma complessivamente erogata al contribuente che corrisponda al rendimento netto derivante dalla gestione sul mercato finanziario del capitale accantonato mediante la contribuzione del lavoratore e del datore di lavoro e, quindi, calcolerà l’imposta dovuta dal contribuente (e, conseguentemente, l’ammontare del suo effettivo credito restitutorio) applicando solo a tale parte l’aliquota del 12,5% secondo la disciplina dettata dalla L. n. 482 del 1985, art. 6, fermo restando, per il residuo, il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17.
8. Il ricorso va, dunque, accolto e l’impugnata decisione va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione che, adeguandosi ai principi esposti, procederà alle necessarie verifiche e deciderà nel merito oltre che sulle spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso dell’Agenzia Entrate, cassa l’impugnata decisione e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione.
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