CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 giugno 2017, n. 14825
Accertamento – Irpef – Possesso di beni – Presunzione di capacità di spesa – Verificabilià
Rilevato
che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere con motivazione semplificata;
che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria che aveva accolto l’appello di M.F.B. contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Cosenza. Quest’ultima aveva rigettato l’impugnazione della contribuente avverso l’avviso di accertamento IRPEF, per l’anno 2007;
che, nella decisione impugnata, la CTR ha osservato come l’immobile era stato trasferito per donazione, mentre l’acquisto dell’imbarcazione risaliva a diversi anni precedenti l’anno di imposta contestato, mentre, d’altronde, nell’accertamento non vi sarebbero state indicazioni chiare in ordine al maggior reddito da capitale percepito nell’anno di riferimento;
Considerato
che il ricorso è affidato a due motivi;
che, col primo, l’Agenzia assume la violazione dell’art. 36 comma 2° n. 4 D.Lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.;
che, a fronte del riconoscimento che il possesso dei beni indice avrebbe fatto presumere una capacità di spesa correlata, la CTR avrebbe opposto fatti del tutto inconferenti rispetto alla capacità di spesa insita nel loro utilizzo, trascurando tra l’altro di accertare se la prova presuntiva fosse stata o no vinta;
che, col secondo, denunzia violazione dell’art. 38, commi 4°, 5° e 6°, DPR n. 600/1973, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.; che, infatti, una volta reputato applicabile il redditometro, la presunzione legale relativa avrebbe potuto essere superata solo attraverso la dimostrazione di una prova contraria, volta alla dimostrazione del possesso di redditi o disponibilità idonei a giustificare il reddito sinteticamente accertato; che l’intimata si è costituita, eccependo l’inammissibilità del ricorso, per carenza di sottoscrizione digitale della relata; che tale eccezione è destituita di fondamento, giacché l’attestazione di notifica del ricorso, prodotta unitamente all’atto, riporta la sottoscrizione con firma digitale dell’avvocato dello S.C.M. (insieme al codice fiscale della medesima), secondo il disposto degli artt. 4 I. n. 53/94 e 55 I. n. 69/09;
che tanto è sufficiente a ritenere perfezionata la notifica, una volta che lo stesso avvocato dello Stato abbia poi attestato (con firma autografa) la conformità delle copie allegate al messaggio di posta elettronica ed agli originali informatici; che il ricorso è infondato;
che, quanto al primo motivo, la critica dell’Agenzia non coglie nel segno, giacché, a fronte di una decisione della CTR che aveva ritenuto di individuare precise lacune in ordine alla motivazione dell’accertamento, la doglianza si impernia su una pretesa contraddittorietà di motivazione della sentenza impugnata;
che neppure il secondo motivo, in tema di accertamento dei redditi con metodo sintetico ex art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, attinge la ratio della sentenza di secondo grado: non si discute del fatto che la disponibilità di un alloggio e di un natante possano integrare, ai sensi dell’art. 2 del d.P.R. citato, nella versione ratione temporis vigente, una presunzione di capacità contributiva “legale” ai sensi dell’art. 2728 c.c., quanto piuttosto del fatto che, secondo la CTR, l’avviso di accertamento (ancora una volta) sia carente ab origine degli elementi idonei ad integrare la presunzione; che al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.000, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%.
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