CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 novembre 2016, n. 23170
IRAP – Esercente attività di ragioniere e consulente fiscale e societario – Rimborso
In fatto
P.P.P. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrare (che si è costituita al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione) e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia-Romagna n. 42/16/2012, depositata in data 1/06/2012, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione del silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria ad istanza di rimborso dell’IRAP versata dal contribuente (esercente l’attività di ragioniere e consulente fiscale e societario) negli anni di imposta 2003, 2004, 2005 e 2006 – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente.
In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame dell’Agenzia delle Entrate, hanno sostenuto che ricorrono, nella specie, i presupposti per l’applicazione dell’IRAP in quanto il contribuente svolge “la sua attività in modo abituale”, è “autonomamente organizzato perché quella piccola organizzazione che dichiara di avere è adeguata all’attività che svolge ed è autonoma perché non dipende dal committente”, “si avvale di una struttura che comporta costi d’ammortamento, oneri per collaborazioni, spese per consumi”.
A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti. Il ricorrente ha depositato memoria.
In diritto
1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., degli artt. 2 e 3 d.lgs. 446/1997, avendo la C.T.R. ritenuto che possa ritenersi autonoma l’attività professionale svolta all’interno di strutture organizzative predisposte da altri (le imprese associate o partecipate dalla CNA di Modena). Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta poi un vizio di omessa o insufficiente motivazione, ex art. 360 n. 5 c.p.c., essendosi limitati i giudici di appello ad affermazioni apodittiche sulla sussistenza dell’autonoma organizzazione.
2. La prima censura è fondata, con assorbimento della seconda.
Questa Corte ha affermato che l’IRAP coinvolge una capacità produttiva “impersonale ed aggiuntiva” rispetto a quella propria del professionista (determinata dalla sua cultura e preparazione professionale) e colpisce un reddito che contenga una parte aggiuntiva di profitto, derivante da una struttura organizzativa “esterna”, cioè da “un complesso di fattori che, per numero, importanza e valore economico, siano suscettibili di creare un valore aggiunto rispetto alla mera attività intellettuale supportata dagli strumenti indispensabili e di corredo al know-how del professionista (lavoro dei collaboratori e dipendenti, dal numero e grado di sofisticazione dei supporti tecnici e logistici, dalle prestazioni di terzi, da forme di finanziamento diretto ed indiretto etc..” cosicché è “il surplus di attività agevolata dalla struttura organizzativa che coadiuva ed integra il professionista … ad essere interessato dall’imposizione che colpisce l’incremento potenziale, o quid pluris, realizzabile rispetto alla produttività auto organizzata del solo lavoro personale” Cass. n. 15754/2008).
Di recente, poi, le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n.9451/16) hanno ulteriormente specificato che il requisito dell’autonoma organizzazione -previsto dall’art. 2 del d.lgs. 15 settembre 1997, n. 446-, il cui accertamento è rimesso al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.
Si era, già, affermato, con riguardo all’ipotesi di medico chirurgo che si avvale delle strutture messegli a disposizione da una Clinica, che ” in base al D.Lgs. n. 446 del 1991, art. 2, (come modificato dal D.Lgs. n. 131 del 1988, art. 1) ai fini della soggezione ad IRAP dei proventi di un lavoratore autonomo (o un professionista), non è sufficiente che il lavoratore si avvalga di una struttura organizzata, ma è anche necessario che questa struttura sia “autonoma”, cioè faccia capo al lavoratore stesso, non solo ai fini operativi bensì anche sotto i profili organizzativi” (Cass. 9692/2012 e di recente in fattispecie analoga Cass. ord. n. 27032/2013).
La sentenza impugnata si è discostata dai superiori condivisi principi, avendo anzi affermato che il contribuente svolge l’attività in modo “autonomo” perché “non dipende dal committente”, pur avvalendosi di strutture da altri organizzate.
3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del primo morivo del ricorso, assorbito il secondo, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla C.T.R. dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla CT.R. dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
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