CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 dicembre 2017, n. 30190
Tributi – Accertamento – Cessione di immobili – Presunzione di sottofatturazione – Presunzione basata unicamente sulla scarsità del reddito dichiarato – Illegittimità
Esposizione dei fatti di causa
1. La società B. Costruzioni S.r.l. impugnava l’avviso di accertamento notificato il 29 dicembre 2009 con cui l’agenzia delle entrate aveva accertato per l’anno di imposta 2004 maggiori ricavi per euro 259.580,12 ai fini Irpef, Irap ed Iva. L’accertamento era basato sul fatto che la società aveva venduto cinque appartamenti ed un garage siti nel comune di Osimo ad un prezzo superiore a quello indicato nei relativi atti di compravendita. La commissione tributaria provinciale di Ancona accoglieva parzialmente il ricorso riducendo le sanzioni.
Proposti appello principale ed incidentale da parte della società contribuente e dell’agenzia delle entrate, la commissione tributaria regionale delle Marche li rigettava entrambi. Osservava la CTR, per quanto qui interessa, che l’avviso di accertamento non era nullo per difetto di motivazione, come sosteneva la contribuente, per non aver l’agenzia delle entrate tenuto conto delle deduzioni svolte dalla contribuente nella fase dell’accertamento con adesione, in quanto non si trattava dell’applicazione del cosiddetto redditometro e l’accertamento si fondava su documenti acquisiti ai sensi dell’articolo 32 del d.p.r. 600/73; inoltre l’ufficio aveva compiutamente spiegato l’iter logico seguito per determinare i maggiori ricavi. L’accertamento, poi, era basato su presunzioni gravi, precise e concordanti consistenti nel fatto che la società aveva dichiarato un utile d’impresa di €. 3.124,00 che di per sé era rilevatore di sottofatturazioni. Inoltre il valore attribuito uniformemente a tutti gli appartamenti era congruo, tenuto conto che l’agenzia delle entrate aveva applicato a tutti gli immobili il valore più basso accertato nei confronti di un appartamento di grande metratura.
2. Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per cassazione la società B. Costruzioni S.r.l. svolgendo due motivi illustrati con memoria. L’agenzia delle entrate si è costituita in giudizio con controricorso. A seguito del dichiarato fallimento della società, si è costituito in giudizio il curatore fallimentare. Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ..
3. Con il primo motivo la ricorrente deduce difetto di motivazione, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., in quanto la CTR non ha motivato in ordine al fatto che era stato sostenuto che l’avviso di accertamento era nullo per difetto di motivazione in quanto erano state ignorate completamente le deduzioni difensive e la documentazione offerta in fase di contraddittorio dalla società ricorrente.
4. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n.3, cod. proc. civ., in relazione all’articolo 39 del d.p.r. 600/73. Sostiene che gli accertamenti svolti e le verifiche effettuate non hanno evidenziato elementi che fossero in grado di assurgere a presunzioni con le specifiche caratteristiche della gravità, della precisione e della concordanza richiesti dalla legge. Ciò in quanto i contratti preliminari che erano stati rinvenuti presso la banca che aveva concesso agli acquirenti B. e C. i mutui per l’acquisto degli immobili erano privi di rilevanza probatoria sia perché non recavano la sottoscrizione dei promissari acquirenti sia perché erano stati prodotti, nella fase di accertamento con adesione, due preliminari sottoscritti da entrambe le parti che recavano il medesimo prezzo indicato negli atti notarili. Inoltre l’agenzia delle entrate si era avvalsa di una doppia presunzione poiché, sulla base delle presunzioni dell’esistenza dei preliminari riguardanti due immobili e della perizia di stima degli stessi nonché dello scarso reddito dichiarato, aveva presunto la sottofatturazione in relazione anche agli altri appartamenti venduti.
Esposizione delle ragioni della decisione
1. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è inammissibile. Invero la ricorrente censura sotto il profilo del vizio di motivazione la decisione in diritto implicitamente assunta riferita al fatto che l’avviso di accertamento non deve necessariamente essere motivato con riferimento agli elementi assunti in sede di accertamento con adesione, laddove il vizio di motivazione denunciabile ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. può concernere esclusivamente l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia, non anche l’interpretazione e l’applicazione delle norme giuridiche (Cass. Sez. Un. n. 21712 del 17.11.2004).
2. In ordine al secondo motivo di ricorso, si osserva che la Corte di legittimità ha già affermato il principio, che questo collegio condivide, secondo cui «In tema di accertamento tributario relativo sia all’imposizione diretta, che all’IVA, la legge – rispettivamente art. 39, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (richiamato dal successivo art. 40 per quanto riguarda la rettifica delle dichiarazioni di soggetti diversi dalle persone fisiche) ed art. 54 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 – dispone che l’inesistenza di passività dichiarate, nel primo caso, o le false indicazioni, nel secondo, possono essere desunte anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, senza necessità che l’Ufficio fornisca prove “certe”. Pertanto, il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio (impugnabile in cassazione non per il merito, ma solo per inadeguatezza o incongruità logica dei motivi che lo sorreggono) e solo in un secondo momento, qualora ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, che ne è onerato ai sensi degli articoli 2727 e ss. e 2697, secondo comma, cod. civ.» (Cass. n. 14237 del 07/06/2017; Cass. n. 9784 del 23/04/2010). Nel caso di specie la CTR, con valutazione di merito che non è censurata sotto il profilo motivazionale, ha ritenuto che gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione, consistenti nel rinvenimento presso gli istituti bancari di due contratti preliminari afferenti gli immobili venduti ai signori B. e C., nelle perizie effettuate dalle banche stesse sugli immobili e nella scarsità del reddito denunciato dalla contribuente, costituissero presunzioni gravi, precise e concordanti del fatto che il prezzo indicato nei due atti di acquisto era inferiore a quello effettivamente pagato ma non ha esplicitato le ragioni per le quali non ha ritenuto di prendere in considerazione altri contratti preliminari asseritamente sottoscritti da entrambe le parti e nei quali il prezzo indicato corrispondeva a quello indicato nell’atto. Ciò facendo la CTR ha omesso di valutare la prova contraria offerta dalla contribuente, incorrendo così nel denunciato vizio.
La CTR ha, poi, confermato la legittimità dell’avviso di accertamento anche avuto riguardo ad altre unità immobiliari vendute dalla contribuente a terzi con applicazione presuntiva del medesimo prezzo. Sennonché, così operando, la CTR è incorsa nel divieto della c.d. “praesumptio de praesumpto”, non potendosi valorizzare una presunzione come fatto noto, per derivarne da essa un’altra presunzione (ex multis, Cass. n. 5045 del 09/04/2002). Invero dall’esistenza dei due preliminari e delle perizie attinenti a due immobili nonché dalla scarsità del reddito dichiarato ( fatto noto ) la CTR ha fatto derivare la simulazione del prezzo delle compravendite B. e C. (fatto ignoto) e da tale fatto ha fatto derivare l’ulteriore presunzione che anche per gli altri immobili fosse stato incassato un prezzo superiore a quello indicato negli atti di acquisto. Per contro, l’unico fatto noto su cui si basava la presunzione di sottofatturazione per gli altri immobili era la scarsità del reddito dichiarato, elemento che, da solo, non è stato ritenuto sufficiente a sostenere la legittimità dell’atto impositivo.
3. Il ricorso va, dunque, accolto in relazione al secondo motivo e l’impugnata decisione va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale delle Marche in diversa composizione che, adeguandosi ai principi esposti, procederà alle necessarie verifiche e deciderà nel merito oltre che sulle spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo, cassa l’impugnata decisione e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale delle Marche in diversa composizione.
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