CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 dicembre 2017, n. 30198
Tributi – Imposta di registro – Rettifica valore terreno – Natura edificabile del terreno – Criteri di rettifica – Valutazione congruità
Atteso che
In ordine all’avviso di liquidazione dell’imposta complementare di registro n. 20071T000916000 notificato ad A. s.r.l. per l’acquisto di un terreno in data 2 febbraio 2007 da F.F., G., M. e M.S. al valore dichiarato di € 207.000,00 e rettificato in € 982.400,00, la società ricorre per cassazione con tre motivi avverso la sentenza che ha accolto l’appello erariale e confermato il titolo impositivo.
Il primo mezzo denuncia violazione degli artt. 43, 51 e 52 d.P.R. 131/1986, art. 2697 cod. civ., il secondo denuncia extrapetizione, il terzo denuncia vizio motivazionale: la ricorrente lamenta che il giudice d’appello abbia ritenuto legittima e congrua la rettifica basata sulla natura edificabile del terreno, nonostante si trattasse di un’edificabilità meramente potenziale a ragione degli stringenti limiti volumetrici; lamenta inoltre che il giudice d’appello ciò abbia fatto sulla scorta di elementi non esposti dall’avviso di liquidazione, ma introdotti soltanto dal gravame erariale.
Il ricorrente per cassazione che impugna la sentenza tributaria d’appello quanto al giudizio sulla motivazione di un avviso impositivo deve riportare in ricorso i passi dell’avviso interessati dalla censura, al fine di consentirne la verifica mediante l’esame del solo ricorso, altrimenti privo dell’autosufficienza prescritta dall’art. 366 cod. proc. civ. (Cass. 13 agosto 2004, n. 15867, Rv. 575601; Cass. 4 aprile 2013, n. 8312, Rv. 625996; Cass. 19 aprile 2013, n. 9536, Rv. 626383; Cass. 28 giugno 2017, n. 16147, Rv. 644703).
– La motivazione dell’avviso di rettifica ha la funzione di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ufficio finanziario nell’eventuale successiva fase contenziosa, sicché, fermo che l’onere della prova in giudizio spetta all’ufficio, è sufficiente che questo enunci nell’avviso il criterio astratto di rettifica, senza dover esplicitare in esso anche gli elementi applicativi di fatto, giacché il contribuente, reso edotto del criterio di valutazione, è già in condizione di opporsi alla pretesa fiscale (Cass. 3 agosto 2012, n. 14027, Rv. 623653; Cass. 8 novembre 2013, n. 25153, Rv. 628985; Cass. 22 settembre 2017, n. 22148, Rv. 645464).
Vale anche qui il principio per cui il controllo di logicità del giudizio di fatto ammesso dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. (testo vigente ratione temporis, anteriore alla I. 134/2012) non equivale alla revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice di merito a una determinata soluzione della questione, revisione che si risolverebbe in un nuova formulazione del giudizio di fatto, del tutto estranea al perimetro istituzionale della giurisdizione di legittimità (Cass. 28 marzo 2012, n. 5024, Rv. 622001; Cass. 7 gennaio 2014, n. 91, Rv. 629382).
– Il ricorso per cassazione di A. s.r.l. non riproduce in alcuna parte l’avviso di liquidazione e neppure lo indica tra gli allegati, rendendo così impossibile al giudice di legittimità verificare quali elementi di rettifica l’avviso enunciasse e quali sono stati eventualmente introdotti solo in fase contenziosa.
– Gli elementi valutati dal giudice d’appello per concludere nel senso della congruità della rettifica in danno di A. s.r.l. sono plurimi e circostanziati (valorizzazione insita nel piano di riqualificazione, negozi similari inter partes e soprattutto concessione di mutuo bancario di € 1.500.000,00 con ipoteca sull’immobile per € 3.000.000,00).
– Traducendosi in un’istanza di revisione del giudizio di merito condotto su tali elementi di fatto, le doglianze di A. s.r.l. si pongono oltre i limiti funzionali della sede di legittimità.
– Il ricorso deve essere respinto e le spese regolate per soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 5.600,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Dichiara che la ricorrente ha l’obbligo di versare l’ulteriore importo per contributo unificato ex art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 115/2002.
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