CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 novembre 2017, n. 27027
Tributi locali – ICI – Accertamento – Rendita catastale – Notificazione – Calcolo dell’imponibile
Ritenuto che
L. Z. proponeva ricorso avverso gli avvisi di liquidazione ICI, emessi dal Comune di Formia, anni di imposta 1994 – 2000, assumendone la nullità per carenza di motivazione e la violazione dell’art. 74, comma 1, della legge n. 342 del 2000, tenuto conto che la rendita catastale non era stata notificata dall’Ufficio del Catasto, pertanto, la rendita definitiva doveva intendersi nota solo con la notifica degli atti di liquidazione, avvenuta il 20.11.2002, dalla cui data poteva ritenersi valida ed efficace.
La CTP di Latina, previa riunione, accoglieva i ricorsi.
La sentenza veniva impugnata dal Comune di Formia innanzi alla CTR del Lazio, che accoglieva l’appello dell’ente impositore. La sentenza veniva annullata con rinvio, per vizio di motivazione, con ordinanza n. 8346/09, depositata il 7.4.2009, a seguito di ricorso proposto dalla contribuente. L. Z. riassumeva il giudizio innanzi alla CTR del Lazio che, con la sentenza in epigrafe, rigettava l’appello proposto dall’ente comunale.
Il Comune di Formia ricorre per la cassazione della sentenza, svolgendo due motivi, illustrando il ricorso anche con memorie. La contribuente ha resistito con controricorso. In data 5.6.2017, La Procura Generale della Corte di cassazione ha depositato memorie, chiedendo l’accoglimento del ricorso con le conseguenze previste dalla legge.
Considerato che
1. Con il primo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata per omessa motivazione su un punto di fatto decisivo della controversia (art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.).
Parte ricorrente lamenta che i giudici di appello hanno omesso di valutare le circostanze esposte dal Comune di Formia sia in grado di appello, che nella fase del rinvio. In particolare, il Comune, nella fase del merito, aveva evidenziato che l’Ufficio del territorio di Latina aveva notificato in data 22.1.2002 ai contribuenti comproprietari (Z. F., P., L. e M., e S. C.) l’atto attributivo della rendita, esibendo copia dell’avviso di ricevimento della raccomandata e della visura catastale dell’immobile, nonché della sentenza n. 661/40/05 con la quale la CTR aveva deciso un analogo contenzioso ICI riguardante il medesimo immobile, accertando la notifica della predetta rendita.
2. Con il secondo motivo di ricorso, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 74, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 342, e dell’art. 11, comma 1, del d.lgs. n. 504 del 1992, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., in ragione della legittimità V degli avvisi di accertamento impugnati, essendo stati emessi nel rispetto della previsione di cui all’art. 74, comma 1, cit. Parte ricorrente argomenta che la Suprema Corte, con ordinanza n. 8346 del 2009, emessa nel presente giudizio, nel cassare con rinvio la decisione di secondo grado, aveva fatto proprio un orientamento interpretativo relativo all’applicazione dell’art. 74, comma 1, cit. non ampiamente condiviso, tanto che la Suprema Corte a S.U. con le sentenze n. 3160 e 3666 del 2011, aveva modificato il predetto indirizzo, sostenendo che il notificato provvedimento di modifica della rendita catastale, emesso dopo il 1 gennaio 2000, era utilizzabile anche per i periodi di imposta precedenti a quello della notifica, purché successivi alla denuncia di variazione.
3. Con il controricorso, L. Z. ha eccepito la nullità del ricorso per cassazione per nullità della notifica, in quanto eseguita entro il termine lungo di impugnazione al procuratore costituito, anzicchè alla parte personalmente, rilevandone anche rinammissiblità/improcedibilità/improponibilità per violazione dell’art. 384 c.p.c., per intervenuto giudicato a seguito della sentenza di annullamento con rinvio della Corte di Cassazione.
4. Per ragioni di priorità logica vanno esaminate le eccezioni di nullità e di inammissibilità del ricorso proposte dalla parte controricorrente.
4.1. Rileva la Corte che la prima eccezione non è fondata, atteso che l’impugnazione non preceduta dalla notificazione della sentenza impugnata e successiva all’anno della pubblicazione di questa, ma ancora ammessa per effetto della sospensione del termine di cui all’art. 327 c.p.c. durante il periodo feriale, deve essere notificata nei luoghi indicati dal primo comma dell’art. 330 c.p.c. e non personalmente alla parte, come invece previsto dal terzo comma di suddetta norma per il diverso caso di impugnazione oltre il suddetto termine (Cass. S.U. 20.12.1993, n. 12593; Cass. 11.11.2003, n. 16945; Cass. 15.9.2004, n. 18572); pertanto, correttamente la notificazione è stata effettuata al procuratore costituito in pendenza del termine lungo.
4.2. Priva di rilievo anche l’ulteriore eccezione di inammissibilità/improcedibilità/improponibilità del ricorso, tenuto conto che la sentenza rescindente della Corte, la quale indica i punti specifici di carenza o contraddittorietà della motivazione, non limita in alcun modo il potere del giudice del rinvio all’esame dei soli punti indicati, da considerarsi come isolati dal restante materiale probatorio, ma conserva al giudice stesso tutte le facoltà che gli competevano originariamente quale giudice di merito, relative ai poteri di indagine e di valutazione della prova, nell’ambito dello specifico capo della sentenza di annullamento (Cass. n. 23335 del 2016; Cass. n. 13719 del 2006). Nel giudizio di rinvio, i limiti dei poteri attribuiti al giudice sono diversi a seconda che la sentenza di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa
applicazione di norme di diritto ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, ovvero per l’una o per l’altra ragione: nella prima ipotesi, il giudice del rinvio è tenuto solo ad uniformarsi al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo; nel caso, invece, come nella fattispecie, di cassazione con rinvio per vizio di motivazione (da solo o cumulato con il vizio di violazione di legge), il giudice è investito del potere di valutare liberamente i fatti già accertati ed anche di indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo, in relazione ad una pronuncia da emettere in sostituzione di quella cassata (Cass. n. 16660 del 2017). Ne consegue che il presente ricorso è ammissibile e consente l’indagine sui profili motivazionali della decisione.
5.1 motivi di ricorso vanno essere esaminati congiuntamente per connessione logica, in quanto inerenti alla medesima questione.
Le censure sono fondate in ragione delle seguenti considerazioni.
a) In tema di imposte comunale sugli immobili (ICI), l’art. 74, comma 3, della legge 21 novembre 2000, n. 342 nel disporre che gli atti attributivi o modificativi della rendita sono efficaci a partire dalla loro notifica da parte dell’Agenzia del territorio, si interpreta nel senso che dalla notifica decorre il termine per l’impugnazione, ma ciò non esclude l’applicabilità della rendita anche al periodo precedente, stante la natura dichiarativa e non costitutiva dell’atto attributivo della rendita (Cass. n. 18056 del 2016).
La norma citata va, pertanto, intesa nel senso che detta notifica è mera condizione di efficacia, ma non esclude l’utilizzabilità di tale rendita, una volta notificata, per le annualità di imposte sospese, ossia suscettibili di accertamento, di liquidazione o di rimborso. Questa Corte ha, infatti, sostenuto che: “In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’art. 74, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 342, nel prevedere che, a decorrere dal 1 gennaio 2000, gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci a decorrere dalla loro notificazione, va interpretato nel senso dell’impossibilità giuridica di utilizzare una rendita prima della sua notifica al fine di individuare la base imponibile ICI, ma non esclude affatto l’utilizzabilità della rendita medesima, una volta notificata, ai finì impositivi anche per annualità di imposte “sospese”, ovverossia suscettibili di accertamento e/o di liquidazione e/o di rimborso” (Cass. S.U. sent. 3160 del 2011, Cass. S.U. n. 3666 del 2011, Cass. n. 14773 del 2011, Cass. n. 23600 del 2011, Cass. n. 14402 del 2017). Il suindicato indirizzo giurisprudenziale, intervenuto successivamente, è applicabile al presente giudizio, giacché, come detto, la Suprema Corte ebbe a cassare con rinvio la sentenza della CTR per vizio motivazionale.
b) Ciò premesso, nella fattispecie, parte ricorrente deduce che la rendita definitiva attribuita in data 28.12.2001 era stata notificata alla contribuente in data 22.1.2002. Il Comune ricorrente rese nota la circostanza sia nel giudizio di appello che successivamente nella fase di rinvio, producendo copia della visura storico-catastale dell’immobile in cui erano riportati i dati identificativi del cespite, nonché copia dell’avviso di ricevimento della raccomandata spedita dall’Ufficio del Territorio di Latina ai contribuenti su cui erano stati trascritti i dati identificativi.
Tali rilievi non sono stati adeguatamente valutati dalla CTR, con la conseguenza che deve evidenziarsi la correttezza della censura, avendo il giudicante omesso di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento e apoditticamente sostenuto che l’attribuzione della rendita definitiva alla unità immobiliare in contestazione non risultava notificata al diretto interessato, quindi, omettendo di esaminare compiutamente la documentazione versata in atti dall’Ente impositore. L’impugnata sentenza non risulta aver effettuato una adeguata disamina della realtà fattuale, rendendo così impossibile il controllo sulla logicità del ragionamento sviluppato dal giudicante per giungere alla rassegnata decisione. Inoltre, come evidenziato dal P.G. nelle sue conclusioni, la CTR non si è uniformata ai principi di diritto espressi, atteso che, muovendo da un presupposto erroneo, relativo alla mancata notifica dell’atto attributivo della rendita, ha desunto che tale omissione ne pregiudicasse la retroattività.
4. Sulla base dei rilievi espressi, il ricorso va accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ricorrendone le condizioni, rigetta l’originario ricorso proposto dalla contribuente. In ragione dell’andamento della lite nei gradi di merito e del recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sulle questioni trattate, rispetto all’epoca della introduzione della lite, le spese di giudizio delle fasi di merito vanno interamente compensate tra le parti, mentre la parte soccombente va condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate da dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto dalla contribuente. Compensa le spese di lite dei gradi di merito e condanna la parte soccombente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2500,00 per compensi, oltre spese forfetarie ed accessori di legge.
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