CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 gennaio 2017, n. 1009
Tributi – Avviso di accertamento – Società cancellata dal registro delle imprese – Differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione ex art. 28, co. 4, del D.Lgs. n. 175 del 2014 – Applicabilità – Cancellazioni successive al 13 dicembre 2014
«Con sentenza in data 11 marzo 2015 la Commissione tributaria regionale della Lombardia accoglieva l’appello proposto dalla E.A. srl in liquidazione avverso la sentenza n. 169/5/14 della Commissione tributaria provinciale di Como che ne aveva rigettato il ricorso contro l’avviso di accertamento IRES, IVA, IRAP ed altro 2008.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione – notificato alla società contribuente ed ai suoi soci, di cui uno, S.M., anche quale liquidatore della società medesima – l’Agenzia delle entrate deducendo un unico motivo – ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. – per violazione/falsa applicazione degli artt. 39, d.P.R. 600/1973, 2697, 2729, cod. civ.
Resistono con controricorso i destinatari della notificazione dell’impugnazione.
Il ricorso si palesa inammissibile.
Pacifico è in fatto che la società contribuente, già in liquidazione, è stata cancellata dal registro delle imprese in data 11 novembre 2014, quindi prima della sentenza impugnata.
Ciò posto, bisogna ribadire che «l’art. 28, comma 4, del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, recante disposizioni di natura sostanziale sulla capacità delle società cancellate dal registro delle imprese, non ha valenza interpretativa, neppure implicita, e non ha, quindi, alcuna efficacia retroattiva. Ne consegue che il differimento quinquennale (operante nei confronti soltanto dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati nello stesso comma, con riguardo a tributi o contributi) degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495, secondo comma, cod. civ., si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese (che costituisce il presupposto di tale differimento) sia presentata nella vigenza della nuova disciplina di detto d.lgs., ossia il 13 dicembre 2014, o successivamente» (Sez. 5, Sentenza n. 6743 del 02/04/2015, Rv. 635140).
Dunque la società contribuente non poteva essere destinataria del ricorso in esame.
Nemmeno peraltro lo potevano essere i suoi soci qualificati come “successori”, essendosi anche affermato nella giurisprudenza di questa Corte che «Il processo tributario iniziato nei confronti di una società successivamente estintasi per cancellazione dal registro delle imprese non può proseguire nel giudizio di cassazione ad opera o nei confronti degli ex-soci, poiché essi rispondono del pagamento di tali imposte, ex art. 36, comma 3, del d.P.R. n. 602 del 1973, solo se abbiano ricevuto beni sociali dagli amministratori nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione o dai liquidatori durante il tempo della liquidazione, e nei limiti del valore di detti beni, per cui l’accertamento tali circostanze comporta un ampliamento del “thema decidendum” e del “thema probandum” non consentito in sede di legittimità» (Sez. 5, Sentenza n. 19611 del 01/10/2015, Rv. 636519).
Peraltro – come la pronuncia da ultimo citata anche afferma – per la medesima ragione di diritto deve escludersi analogamente che destinatario del ricorso e parte nel presente giudizio possa essere S.M., quale ex liquidatore della società contribuente, in quanto tale non qualificabile “successore”, ma al più civilmente responsabile del mancato pagamento dei debiti della società estinta, ma solo ove ne venisse accertato il relativo titolo con specifica azione risarcitoria, diversa e distinta da quella tributaria oggetto del presente giudizio.
Si ritiene pertanto la sussistenza dei presupposti di cui all’ art. 375, cod. proc. civ. per la trattazione del ricorso in camera di consiglio e se ne propone la declaratoria di inammissibilità».
Il Collegio condivide la relazione depositata.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile e la ricorrente Agenzia fiscale condannata alla rifusione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente a rifondere ai resistenti le spese del presente giudizio che liquida in euro 7.300, oltre spese borsuali euro 200, 15 % per contributo spese generali ed accessori di legge.
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