CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 maggio 2017, n. 12248
Tributi – Accertamento – Parametri – DPCM 29.1.1996 – Attività giornalistica
Massima:
Ai fini della tassazione in base ai parametri di cui al DPCM 29.1.1996, come modificato dal DPCM 27/3/97 (studi di settore) è importante inquadrare con esattezza la reale attività svolta, ai fini dell’inserimento nel corretto cluster di riferimento. L’attività di pubbliche relazioni, pertanto, risulta diversamente qualificata da quella di giornalismo ai fini dell’applicazione dei relativi parametri degli studi di settore.
Rilevato che
– A.G. ricorre per l’annullamento della sentenza della C.T.R. della Lombardia, n. 163/24/09 dep. 11.11.2009, che confermando la decisione di primo grado ha rigettato l’appello della contribuente.
– Il contenzioso ha origine dalla notifica dell’avviso di accertamento, emesso previo contradditorio, col quale sulla base dei parametri (di cui al DPCM 29.1.1996, come mod. dal DPCM 27/3/97), è stata recuperata la maggiore imposta ai fini Irpef, Irap, Iva per l’anno 1999, avendo l’Ufficio ritenuto prevalente l’attività di giornalista, svolta dalla contribuente, rispetto a quella di pubbliche relazioni, considerata di supporto alla prima.
– Rifiutata la proposta dell’Ufficio di ridurre del 50% i maggiori compensi presuntivamente accertati la G. ha proposto ricorso alla C.T.P. di Lecco, che lo ha parzialmente accolto, con decisione confermata dalla C.T.R. con la sentenza oggetto del presente ricorso per cassazione.
– In particolare la CTR ha statuito che “appare pacifico che l’appellante sino al 31.12.2003 ha svolto l’attività di giornalista e non di pubbliche relazioni e quindi i maggiori ricavi di lavoro autonomo per E. 33.568.000 determinati dal giudice di prime cure sono sorretti da una logica presunzione di attendibilità per similitudine delle due attività con punti di confine molto incerti”.
– L’Agenzia si costituisce con controricorso.
– La ricorrente ha presentato memoria ex art. 378 c.p.c..
Considerato che
1. Col primo motivo la ricorrente deduce violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., vertendosi in ipotesi di motivazione meramente apparente.
Il motivo è infondato, contenendo la sentenza una pur sintetica motivazione circa un accertamento di fatto sullo svolgimento dell’attività svolta dalla contribuente.
2. Col secondo motivo si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., nella parte in cui la CTR non ha motivato sulla dedotta illegittimità dell’accertamento per violazione dell’art. 3, commi 181 e 183, I. 549/95, in quanto basato esclusivamente sui parametri presuntivi senza tener conto della situazione concreta riferibile alla contribuente.
Anche questo motivo è infondato poiché alla contribuente il pur svolto contraddittorio avrebbe consentito la più ampia facoltà di provare, senza limitazioni di mezzi e di contenuto, la sussistenza di circostanze di fatto da allontanare l’attività del contribuente dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento (cfr., fra le altre, Cass. n. 3415/2015). Peraltro la C.T.P. aveva rettificato l’accertamento, con decisione confermata dalla C.T.R.
3. Col terzo motivo si deduce omessa motivazione sull’inquadramento dell’attività svolta dalla contribuente, in base a due fatti, ritenuti decisivi e non esaminati dalla C.T.R.: a) contabilità, la cui corretta tenuta non è stata contestata; b) introduzione solo nel 2004, per l’attività di pubbliche relazioni, del codice di riferimento, rispetto al quale sono applicabili gli studi di settore e non i parametri.
Questo motivo è fondato, risultando del tutto carente la motivazione della sentenza a fronte delle ampie argomentazioni della contribuente che ha, fin dal primo grado di giudizio, dedotto la diversa qualificazione dell’attività lavorativa svolta (di pubbliche relazioni) sulla base di fatti ed elementi non esaminati dalla C.T.R., anche in relazione all’inquadramento dell’attività di pubbliche relazioni nel corretto cluster di riferimento.
Il ricorso va conseguentemente accolto nei limiti anzidetti e la sentenza cassata con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, che si pronuncerà anche sulle spese.
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo e il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione.
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