CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 maggio 2017, n. 12460
Interposizione di manodopera illecita – Contratto sociale con società cooperative – Contratti di somministrazione di lavoro – Licenziamento – Differenze retributive
Rilevato che
A.P., A.S. e M.M. avevano adito il Tribunale di Velletri in funzione di giudice del lavoro per l’accertamento dell’interposizione di manodopera illecita posta in essere ai loro danni, con riconducibilità dei rapporti lavorativi, fin dalla relativa costituzione, alla I.P. srl, per l’accertamento della simulazione e/o inesistenza e/o nullità o annullabilità del contratto sociale intercorso con le numerose società cooperative susseguitesi nei rapporti con ciascuno di essi, per l’accertamento dell’irregolarità dei contratti di somministrazione di lavoro con la srl I.P., oltre che della simulazione del contratto di appalto tra questa e le cooperative convenute, con condanna della prima, al risarcimento dei danni subiti fino alla data del licenziamento loro intimato in data 28.8.2015 ed al pagamento, anche in solido con le cooperative, di differenze retributive, tfr, scatti di anzianità, indennità per ferie non godute, nonché alla regolarizzazione contributiva, oltre che al corretto inquadramento in base al ccnl applicabile;
il Giudice adito dichiarava la propria l’incompetenza in favore del Tribunale di Roma sezione specializza in materia di impresa; i ricorrenti propongono ricorso per regolamento di competenza in base a tre motivi di impugnazione, cui non hanno opposto difese gli intimati (T.R. società cooperativa a r.l., I.P. società a r.l., M, Società cooperativa a r.l., Soc. cooperativa T.V. in liquidazione, Soc. cooperativa S., soc. Cooperativa E. 2001, Soc. cooperativa P., nonché Spa Gruppo PAM);
la Procura Generale ha concluso per la declaratoria di competenza del Tribunale di Velletri giudice del lavoro;
Considerato che
1. si assume da parte dei ricorrenti 1) violazione ed errata applicazione dell’art. 1, comma 3, e dell’art. 5, comma 2, della L. 142/2001, nonché dell’art. 40 cpc e dell’art. 409 cpc; 2) violazione ed errata applicazione dell’art. 2, comma 3, d.l. 1/2012, conv. dalla legge 27/2012, illegittimità costituzionale dell’articolo suddetto in relazione agli artt. 3, 24 e 25 Cost. e violazione del principio di concentrazione del processo, nonché 3) violazione ed errata applicazione dell’art. 5, comma 2, l. 142/2001, l. 30/2003 e dell’art. 2533 c.c., nonché dell’art. 40 cpc;
2. i motivi posti a fondamento dell’istanza, in quanto connessi, sono trattati congiuntamente;
3. nel caso di domanda del lavoratore intesa ad accertare un’intermediazione illecita di manodopera e la sussistenza del rapporto lavorativo con il committente quale effettivo datore di lavoro, non è necessaria l’estensione del contraddittorio all’appaltatore (interposto) ai sensi dell’art. 102 cpc (v., da ultimo, Cass. 6794/2013) e che l’accertamento negativo della natura fittizia del rapporto con il datore di lavoro interposto costituisce oggetto di un accertamento incidentale rispetto alla questione che costituisce l’oggetto della causa, ossia la dedotta interposizione con la conseguente costituzione di rapporti di lavoro direttamente con la committente;
4. questa Corte ha, in più occasioni, precisato che, a seguito delle modifiche apportate dalla legge 14.2.2003 n. 30 alla legge n. 142 del 2001, solo le controversie tra socio e cooperativa relative alla “prestazione mutualistica” sono di competenza del Tribunale e, che, come già affermato, da ultimo, da Cass, n.19975 del 2015 (cfr. anche Cass. 10306/2016 e Cass. 15798/2016 per un’ipotesi sovrapponibile), con ampia motivazione alla quale si rinvia, la l. n. 142 del 2001, art. 5, comma 2, come sostituito dalla L. 14 febbraio 2003, n. 30, art. 9, ha contemplato la competenza del giudice ordinario limitatamente alle “controversie tra socio e cooperativa relative alla prestazione mutualistica”;
5. invero, i soci della cooperativa sono portatori di uno specifico interesse a che l’attività d’impresa sia orientata al soddisfacimento delle loro richieste di prestazioni (mutualistiche) ed alle condizioni più favorevoli consentite dalle esigenze di economicità nella condotta dell’impresa sociale e che tale interesse è realizzabile dal socio azionando i mezzi di tutela predisposti dall’ordinamento qualora la gestione dell’impresa sociale non sia improntata al rispetto dello scopo mutualistico o abbia leso diritti del socio (l’art. 2533 cod. civ., in particolare, regola l’ambito di applicabilità dell’esclusione del socio, includendo – tra le diverse ipotesi – le gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge, dal contratto sociale, dal regolamento o dal rapporto mutualistico);
6. l’ambito della competenza del giudice ordinario è, pertanto, circoscritto alle controversie aventi un oggetto riconducibile nell’alveo della prestazione mutualistica, laddove, allorchè si determini una connessione tra cause aventi ad oggetto il rapporto mutualistico e cause aventi ad oggetto quello lavorativo, opera l’art. 40, terzo comma, c.p.c., che fa salva l’applicazione del rito speciale quando una di esse rientri tra quelle di cui agli artt. 409 e 442 cod. proc. civ;
7. a tale regola è sottesa la preminenza di interessi di rilevanza costituzionale: di qui, la prevalenza del rito speciale del lavoro su quello ordinario, allorché la connessione riguardi una controversia rientrante tra quelle previste dall’art. 409 cod. proc. civ. (cfr. Cass. nn. 24917, 25237 del 2014);
8. tali principi valgono anche nel mutato contesto normativo segnato dalla legge n. 27 del 2012, atteso che il principio della vis attractiva del rito del lavoro costituisce una regola a cui deve riconoscersi carattere generale e preminente per gli interessi di rilevanza costituzionale che la norma processuale è preordinata a garantire;
9. informando a tali principi l’interpretazione della locuzione “ragioni di connessione” di cui al d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168, art. 3, terzo comma, deve affermarsi che il regime della connessione, ove riferibile al cumulo di cause relative al rapporto mutualistico e al rapporto lavorativo, determina il radicamento della competenza per le cause connesse dinanzi al giudice del lavoro;
10. nel caso di specie, secondo la prospettazione dei ricorrenti, le ragioni della domanda — indipendentemente dal rilievo che ci si riferisca anche all’accertamento della simulazione del rapporto di lavoro attraverso lo schema cooperativistico con le società intermediarie – attengono, essenzialmente, non alla prestazione mutualistica, ma al rapporto di lavoro, posto che il petitum è costituito dalla richiesta di condanna della committente reale datrice di lavoro, sebbene in solido con le società interposte per il pagamento delle competenze economiche rivendicate;
11. che, pertanto, indipendentemente, dalla fondatezza o meno dell’asserita simulazione del rapporto associativo, le domande di costituzione del rapporto di lavoro subordinato con la s.r.l. I.P. e l’accertamento incidentale del vincolo associativo determinano un’ipotesi di connessione di cause che impone di individuare il giudice competente a norma dell’art. 40, terzo comma, seconda parte, c.p.c.;
12. ai sensi della norma da ultima indicata, va affermata la competenza del Tribunale di Velletri, giudice del lavoro, davanti al quale vanno rimesse le parti per la prosecuzione del giudizio;
13. che si ritiene di demandare al definitivo la regolamentazione delle spese del presente regolamento;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso e dichiara la competenza del Tribunale di Velletri, in funzione di Giudice del Lavoro, dinanzi al quale rimette le parti per la prosecuzione del giudizio ed anche per le spese.
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