CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 dicembre 2017, n. 30297
Fallimento – Notifica dell’istanza – Nullità – Assenza Pec e di sede effettiva – Notifica presso il domicilio del liquidatore – Validità
Rilevato che
Con sentenza depositata il 23/8/2016, la Corte d’appello di Bari ha respinto il reclamo proposto da B. I. srl in liquidazione avverso la sentenza di fallimento della società, ritenendo infondata l’eccezione di nullità della sentenza per nullità della notifica dell’istanza di fallimento col pedissequo decreto di fissazione d’udienza ex art. 15 legge fall., eseguita a mezzo posta presso il domicilio del liquidatore, stante la disattivazione della Pec ed in assenza di una sede effettiva; che la ricorrente non aveva seriamente contestato i requisiti di fallibilità, avendo depositato documentazione incompleta, dalla quale tuttavia emergevano i requisiti di fallibilità quanto ai crediti, contestati con l’affermazione apodittica e generica di sovrastima; che lo stato di insolvenza era provato dalla mancata corresponsione dei crediti del creditore istante oltre che dalla chiusura sede e delle attività della società. Ricorre la società, sulla base di quattro motivi.
Gli intimati non hanno svolto difese.
Il Collegio ha disposto la redazione della pronuncia nella forma della motivazione semplificata.
Considerato che
Col primo motivo, la ricorrente si duole della nullità della pronuncia impugnata, reiterando l’eccezione di nullità della notificazione ex art. 15 legge fall.
Il motivo è manifestamente infondato.
La notifica ex art. 15 legge fall., in assenza di casella pec e di una sede effettiva (e queste due affermazioni in fatto della Corte del merito non sono state censurate)è stata eseguita a mezzo posta presso il domicilio del liquidatore e da questi ricevuta.
Ora, secondo la ricorrente, detta notifica andrebbe considerata radicalmente nulla, perché non sono state seguite le specifiche prescrizioni dell’art. 15 legge fall, come modificato dal d.l. 179/2012, che dispone, ove non sia possibile la notificazione a mezzo pec, che “la notifica a cura del ricorrente, del ricorso e del decreto si esegue esclusivamente di persona a norma dell’art. 107, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, presso la sede risultante dal registro delle imprese.Quando la notificazione non può essere compiuta con queste modalità, si esegue con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese e si perfeziona nel momento del deposito stesso…”.
Nella specie, occorre partire dai dati di fatto indicati dalla Corte d’appello ed incontestati dalla ricorrente, ovvero, la disattivazione della casella pec e l’inesistenza della sede della società, dato quest’ultimo che esclude in radice la possibilità di eseguire la notifica secondo la prima modalità alternativa prevista dalla norma, da cui la possibilità di eseguire la notifica col mero deposito nella casa comunale.
Ora, la notificazione eseguita presso il domicilio del liquidatore, legale rappresentante della società, è da ritenersi validamente eseguita, come modalità maggiormente garantista rispetto a quella prevista per legge, di talché la regolare ricezione da parte del liquidatore è servita a rendere edotta la società in liquidazione dell’istanza di fallimento e della fissazione dell’udienza ex art. 15 legge fall.
Col secondo motivo, la ricorrente si duole del mancato esame di tutta la documentazione prodotta, al fine della prova dei requisiti di non fallibilità.
Unitamente al secondo motivo, in quanto strettamente collegato, va valutato il quarto mezzo, col quale la ricorrente si duole della mancata ammissione di CTU, al fine di determinare l’ammontare complessivo dei debiti, nonché l’attivo patrimoniale ed i ricavi lordi nel triennio, al fine di provare la sussistenza dei % requisiti di non fallibilità.
In relazione al secondo motivo, si deve rilevare che, quanto ai ricavi lordi ed all’ ammontare complessivo dei debiti, la parte non ha indicato di avere fatto valere nel reclamo detti profili,né gli stessi risultano trattati nella sentenza; quanto all’attivo patrimoniale, la ricorrente si è limitata a reiterare che i dati contabili sarebbero sovrastimati senza censurare il rilievo della Corte del merito, di deduzione apodittica e generica.
Il quarto motivo rimane assorbito.
E’ fondato invece il terzo motivo, per avere la Corte d’appello applicato, ai fini del giudizio sulla sussistenza dello stato di insolvenza, un criterio non corretto nei confronti della società in liquidazione, nei cui confronti, al fine della valutazione dovendosi applicare invece il principio seguito, tra le altre, nella pronuncia 25167/2016, secondo il quale, quando la società è in liquidazione, la valutazione del giudice, ai fini dell’applicazione dell’art. 5 I.fall., deve essere diretta unicamente ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l’eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali, e ciò in quanto – non proponendosi l’impresa in liquidazione di restare sul mercato, ma avendo come esclusivo obiettivo quello di provvedere al soddisfacimento dei creditori previa realizzazione delle attività, ed alla distribuzione dell’eventuale residuo tra i soci – non è più richiesto che essa disponga, come invece la società in piena attività, di credito e di risorse, e quindi di liquidità, necessari per soddisfare le obbligazioni contratte (vedi a riguardo la pronuncia n. 25167 del 07/12/2016).
Conclusivamente, accolto il solo terzo motivo del ricorso, respinti i primi due motivi ed assorbito il quarto, va cassata la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Respinge i primi due motivi, accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
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