CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 ottobre 2017, n. 24550
Tributi – Operazioni soggettivamente inesistenti – Disconoscimento da parte dei rappresentanti legali di società “fittizie”
Fatti di causa e ragioni della decisione
1. Con l’impugnata sentenza la ctr dell’Emilia Romagna, accolto l’appello principale dell’ufficio, respinto quello incidentale della contribuente società svolgente attività di compravendita di autovetture, giudicava soggettivamente inesistenti talune operazioni essenzialmente perché non c’era alcuna attendibile prova documentale che le stesse fossero state poste in essere dalle società “fittizie” i cui rappresentanti ad es. nulla sapevano delle vendite. La ctr riteneva inoltre indeducibili i costi per provvigioni di vendite di automobili, ciò a causa della mancanza di prova della realtà soggettiva delle operazioni, una mancanza che non giustificava alcun compenso a titolo di provvigione.
2. La contribuente ricorreva per quattro motivi, mentre l’ufficio resisteva con controricorso.
3. Con il primo motivo la contribuente deduceva vizio di contraddittoria motivazione, rimproverando alla Ctr di aver illogicamente motivato poiché quello che era controverso con riguardo alle provvigioni non era la realtà delle stesse, bensì la loro mancanza di inerenza. Il motivo è però infondato atteso che l’indeducibilità dei costi è stata invece logicamente affermata dalla ctr in relazione alla assenza di prova di attività di compravendita, da cui non potevasi pertanto far discendere la maturazione delle provvigioni.
4. Con il secondo motivo la contribuente deduceva, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per aver travalicato i limiti del petitum per aver deciso non se i costi fossero o no inerenti e bensì sulla loro stessa esistenza, non ponendo a fondamento della sentenza le prove proposte dalle parti. Il motivo, in disparte l’inesattezza del riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. che non riguarda gli errori di attività del giudice, è inammissibile non solo perché oscilla tra la denuncia di ultra petizione e la denuncia di aver giudicato in base a prove non allegate, senza specificazione del motivo, ma anche perché per evidente difetto di autosufficienza nemmeno vengono indicate quali sarebbero state le prove non allegate sulle quali si è fondata la decisione.
5. Con il terzo motivo di ricorso la contribuente deduceva vizio di omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione, nella sostanza lamentando che la ctr aveva accertato la soggettiva inesistenza delle operazioni in modo <<generico e approssimativo>>, senza tener conto della documentazione prodotta a sostegno della realtà soggettiva delle operazioni, come ad es. le fatture ecc. Il motivo è infondato, atteso che la ctr ha congruamente e logicamente motivato il carattere <<fittizio>> del fornitore per es. con riferimento alla pratica inesistenza di costi aziendali, oltreché con riferimento anche alle dichiarazioni di terzo, da considerarsi di certa attendibilità perché penalmente rilevanti contra se, apprezzando invece negativamente la documentazione offerta dal contribuente, che in questi casi è sempre formalmente regolare, trattasi di ragionamenti in fatto e diritto che sono conformi alla costante giurisprudenza della Corte (Cass. sez. trib. n. 9876 del 2011).
6. Con il quarto motivo la contribuente deduceva la violazione dell’art. 75 d.p.r. 917/86, applicabile ratione temporis, rimproverando la ctr perché, anche a voler considerare le operazioni soggettivamente inesistenti, non aveva dedotto i costi delle fatture. Il motivo è inammissibile perché la ctr non ha pronunciato sullo specifico punto, la quale ctr doveva pertanto essere censurata per omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo la ricorrente altresì cura di riferire se la domanda era stata proposta con l’originario ricorso, anche allegando la inerenza, competenza e certezza degli stessi, giacché in Corte non sono ammesse domande nuove (Cass. sez. lav. n. 22759 del 2014; Cass. sez. trib. n. 26461 del 2014).
7. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare all’Agenzia delle Entrate le spese processuali, che si liquidano in € 8.000,00 a titolo di compenso, oltre a spese prenotate a debito.
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