CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 dicembre 2017, n. 30537
IRPEF, IVA e IRAP – Avviso di accertamento – Notifica – Regolarità
Rilevato
che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere con motivazione semplificata;
che A. F., ex socia accomandante della Futura s.a.s., propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che aveva respinto il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Milano. Quest’ultima, a sua volta, aveva rigettato l’impugnazione della contribuente avverso una cartella esattoriale per IRPEF, IVA e IRAP per l’anno 2006;
Considerato
che il ricorso è affidato a tre motivi;
che, col primo, la contribuente invoca violazione e falsa applicazione degli artt. 23, 24 e 32 D.Lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.: la CTR avrebbe mal interpretato la norma denunciata, che impediva il deposito di documenti oltre venti giorni prima dell’udienza di trattazione; che, col secondo, la ricorrente assume la violazione e falsa applicazione dell’art. 42 c.p.c, in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.: la sentenza avrebbe erroneamente negato la nullità dell’avviso di accertamento, pur a fronte della sottoscrizione da parte di un funzionario decaduto;
che, da ultimo, la ricorrente rileva la violazione e falsa applicazione degli artt. 116 e 137 c.p.c., nonché 8 I n. 890/1982 e 60 DPR n. 600/1973, in relazione all’art. 360 n.3 c.p.c : i giudici di secondo grado avrebbero erroneamente ritenuto provato l’iter di notifica, nonostante l’Agenzia avesse depositato non la cartolina di ricevimento ma la fotocopia della busta, priva dell’avviso di avvenuto deposito (CAD), sicché la busta, oltre a non dare certezza sul suo contenuto sarebbe stata slegata da qualunque collegamento al CAD; che l’Agenzia si è costituita con controricorso; che il primo motivo è infondato;
che in tema di contenzioso tributario, l’irrituale produzione di un documento nel giudizio di primo grado non assume rilievo nella definizione della controversia, salvo eventualmente per quanto riguarda la regolamentazione delle spese processuali, in quanto, comunque, il documento può essere legittimamente valutato dal giudice di appello, in forza del disposto del comma 2 dell’art. 58 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (Sez. 5, n. 6914 del 25/03/2011);
che il secondo motivo è inammissibile, posto che nel processo tributario, la nullità dell’avviso di accertamento non è rilevabile d’ufficio e la relativa eccezione, se non formulata nel giudizio di primo grado, non è ammissibile qualora venga proposta nelle successive fasi del giudizio, come nella specie (Sez. 5, n. 13126 del 24/06/2016); che il terzo motivo è infondato;
che, a fronte della descrizione del procedimento notificatorio evidenziata dalla CTR, la ricorrente ha mosso rilievi inerenti la valutazione del materiale probatorio, perciò inammissibile in questa sede;
che, in ogni caso, in tema di processo tributario, la notifica “diretta” del ricorso a mezzo posta “si considera fatta nella data di spedizione” anche per l’appellante ai sensi del combinato disposto degli artt. 16, comma 5, 20, comma 2, e 53, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, fermo restando che il perfezionamento della notifica può avvenire anche per compiuta giacenza ex art. 8, secondo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Sez. 5, n. 22932 del 29/10/2014);
che, nella specie, il codice a barre presente nella busta non ritirata alla scadenza corrisponde al numero della raccomandata trascritto nell’avviso di ricevimento; che al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, nella misura indicata in dispositivo; che, ai sensi dall’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, a favore dell’Agenzia delle Entrate, in euro 10.000, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dall’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis, dello stesso articolo 13.
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