CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 aprile 2017, n. 10038
Tributi – TARSU – Accertamento – Raggruppamento ATI
Fatto e diritto
Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016;
dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:
Con sentenza n. 6480/47/2015, depositata il primo luglio 2015, notificata il 6 novembre 2015, la CTR della Campania rigettò l’appello proposto dalla società C.E.I. S.r.l. (di seguito società), nei confronti dell’A.I.P. S.r.l. nella qualità di concessionaria del Comune di Calvi Risorta, per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Caserta, che aveva a sua volta rigettato il ricorso della società avverso avviso di accertamento per TARSU relativa all’anno 2009 con riferimento ad area scoperta classificata come commerciale.
Avverso la pronuncia della CTR la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui resiste con controricorso l’A.I.P. S.r.l. in uno a P. S.r.l. quale mandante del raggruppamento ATI.
A seguito della fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, sulla proposta del relatore come depositata in atti, entrambe le parti hanno depositato memoria, in particolare eccependo parte controricorrente l’improcedibilità del ricorso.
Preliminarmente all’esame dei motivi di ricorso deve essere esaminata dal collegio la questione dell’improcedibilità del ricorso.
Sebbene dedotta da parte controricorrente solo con la memoria depositata in atti, trattandosi di questione rilevabile d’ufficio, essa deve essere esaminata dal collegio preliminarmente all’esame dei motivi di ricorso.
In particolare appare utile premettere che la recente modifica normativa, ai sensi delle disposizioni di legge sopra richiamate, dell’art. 380 bis c.p.c., per effetto della quale l’adunanza in camera di consiglio ha assunto la forma della non partecipazione alla stessa dei difensori delle parti (oltre che del P.M.), restando quindi affidato il contraddittorio, a seguito della fissazione del decreto presidenziale con notifica della proposta del relatore, essenzialmente al deposito di memorie ex art. 378 c.p.c., non ha ricadute di sorta sulla giurisprudenza pregressa di questa Corte, formatasi nel senso di limitare l’applicazione dell’art. 384, comma 3, c.p.c., che impone al giudice di legittimità di provocare il contraddittorio sulla questione rilevata d’ufficio, esclusivamente all’ipotesi in cui la Corte ritenga di dover decidere nel merito (cfr., tra le altre, Cass. Sez. 6-5, ord. 1 aprile 2015, n. 6669; Cass. sez. 6-3, ord. 20 luglio 2011, n. 15964; Cass. sez. unite 26 marzo 2013, n. 7527; Cass. sez. 5, 23 luglio 2007, n. 16275; Cass. sez. unite 21 giugno 2007, n. 14385) e che va dunque ulteriormente ribadita dal collegio.
Nella fattispecie in esame il ricorso, infatti, risulta essere stato oggetto di notifica a mezzo PEC, nelle forme di cui all’art. 3 bis della l. n. 53/1994 e successive modifiche, in data 30 dicembre 2015, e si è perfezionata quindi in tale stessa data in conseguenza dell’attestazione di consegna nella casella di destinazione.
Il fatto poi che il ricorso stesso sia stato oggetto di notifica anche a mezzo di raccomandate con avviso di ricevimento spedite dal difensore della ricorrente munito di debita autorizzazione da parte del competente Consiglio dell’Ordine degli Avvocati ai sensi della citata legge n. 53/1994, con spedizione ugualmente in data 30 dicembre 2015, essendo stata la prima consegnata al difensore dell’A.I.P. S.r.l. al domicilio eletto il 4 gennaio 2016, è irrilevante, stante il perfezionamento della notifica a mezzo PEC in data 30 dicembre 2015.
Da tale data va dunque calcolato il termine di cui all’art. 369, comma 1, c.p.c. per il deposito del ricorso, la cui inosservanza, come è noto, comporta l’improcedibilità, rilevabile d’ufficio, del ricorso medesimo.
Il ricorso è stato depositato in data 26 gennaio 2016, oltre quindi, il termine di venti giorni dalla notifica, che, secondo quanto sopra osservato, veniva a scadere il 19 gennaio 2016.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato improcedibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, con distrazione in favore dell’avv. G.D.P., che ha dichiarato di avere anticipato le spese e non riscosso il compenso professionale riguardo al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Dichiara improcedibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2500,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, se dovuti, con distrazione in favore dell’avv. G.D.P., difensore delle controricorrenti, anticipatario.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 — bis dello stesso articolo 13.
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