CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 luglio 2017, n. 17914
Lavoro – Farmacia – Coadiutore familiare – Iscrizione alla gestione commercianti Inps
Rilevato che
R. R., titolare della farmacia omonima, propose opposizione contro il verbale di accertamento notificato dalla sede Inps di Carrara in data 10/12/2007, con il quale l’Istituto previdenziale aveva richiesto il pagamento di contributi relativi alla posizione di A. M. G. e di L. R., familiari del ricorrente, quali coadiutori dello stesso R. nella conduzione della farmacia e per i quali l’ente riteneva sussistente l’obbligo di iscrizione nella gestione commercianti;
il Tribunale di Massa accolse la domanda con riguardo alla sola posizione di L. R., confermando il verbale relativamente all’altra posizione;
la sentenza fu impugnata dinanzi alla Corte d’appello di Genova che rigettò l’appello con sentenza pubblicata in data 14/6/2011;
la sentenza è stata quindi impugnata in questa sede dal R., il quale ha formulato cinque motivi, cui ha resistito l’INPS con controricorso; considerato che:
con il primo motivo di ricorso, articolato in tre diversi profili, la parte ricorrente denuncia plurime violazioni di legge (art. 1 della L. 27 novembre 1960, n. 1397, come modificato dall’art. 29, primo comma, L. 3 giugno 1975, n. 160 e come modificato dall’art. 1, commi 202 e a 203, L. 23 dicembre 1996, n. 662, degli artt. 1, 2 e 10 I. n. 613/1966) e l’insufficiente motivazione, lamentando l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto sussistente l’obbligo di iscrizione alla gestione commercianti Inps del coadiutore familiare, indipendentemente dall’iscrizione del titolare di farmacia, il quale non essendo un imprenditore ed essendo iscritto all’Enpaf, non può essere iscritto alla detta gestione;
con il secondo motivo il ricorrente censura la sentenza per violazione e falsa applicazione delle stesse disposizioni normative, in rapporto all’art. 26 del d.lgs. n. 114/1998: assume che la locuzione contenuta nella lettera a) dell’art. 1 della L. n. 1397/1960 (“preposti al punto vendita”) abbia carattere dirimente e individui il presupposto che fa sorgere l’obbligo di iscrizione del coadiutore familiare, ossia la preposizione del collaboratore al punto vendita, circostanza questa non ricorrente nel caso di specie;
con il terzo motivo si denuncia la violazione degli artt. 1 e 2 L. 22 luglio 1966,n. 613, 1 L. 27 novembre 1960, n. 1397 in relazione all’art. 38 della Cost. e all’art 12 delle disposizioni sulla legge in generale, nonché l’insufficiente motivazione: si assume che il giudice del merito, affermando l’irrilevanza dell’iscrizione del titolare dell’impresa familiare all’Inps, trascura il dato letterale contenuto nell’art. 1 della legge citata, il quale fa discendere l’obbligo del coadiutore dall’esistenza di una posizione previdenziale del titolare dell’impresa, nella specie inesistente, e tanto in violazione del principio di stretta legalità che informa la materia previdenziale e con motivazione insufficiente;
il quarto motivo sostanzialmente riprende quanto già denunciato nel primo e terzo motivo;
il quinto motivo concerne l’erronea applicazione delle stesse norme succitate alla luce dell’ordinanza della Corte costituzionale n. 448 del 2007, e reputa l’interpretazione della Corte territoriale del tutto inidonea a configurare l’obbligo del coadiutore di essere iscritto nella gestione commercianti; considerato che:
i motivi di ricorso, che si trattano unitariamente per le evidenti ragioni di connessione logico-giuridica che li legano, sono stati già affrontati e respinti in precedenti di questa Corte (su cui da ultimo, v. Cass. 6/8/2015, n. 16520) a partire dalla sentenza resa in data 12/5/2010, n. 11466 (cui hanno fatto seguito, Cass., 20/5/2010, n. 12342; Cass. 25/5/2010, n. 12742; Cass. 11/6/2013, n. 14666, e Cass. 31/10/2013, n. 24590);
in tali decisioni, questa Corte, dopo aver ricostruito il quadro normativo di sistema, è giunta all’affermazione secondo cui “Nel quadro della disciplina dettata dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 202, 203 e 206, del campo di applicazione dell’assicurazione per gli esercenti attività commerciali istituita con la L. n. 613 del 1966, l’assicurazione stessa è operativa anche nei confronti dei coadiutori familiari non farmacisti del titolare di una farmacia – in relazione alle attività di vario tipo demandabili a non farmacisti nella gestione della relativa impresa -, nel concorso dei requisiti di legge relativi sia all’impresa e in particolare alle modalità di organizzazione e conduzione della stessa, sia alle modalità di partecipazione dei coadiutori all’attività dell’impresa” (Cass., 12 maggio 2010, n. 11466);
si è infatti ritenuto che la legge n. 662 del 1996, all’art. 1, commi 202 e 203, ha introdotto innovazioni, stabilendo criteri di identificazione dei soggetti all’assicurazione commercianti più generali, sia pure da coordinarsi con il testo della legge-base n. 613 del 1966;
la finalità dell’art. 1, nei due commi considerati, è quella di introdurre, in luogo del criterio dell’indicazione specifica di tutte le tipologie di attività assoggettate all’assicurazione commercianti, un criterio di carattere generale, con esclusione dei “professionisti ed artisti”;
devono pertanto ritenersi implicitamente abrogati i primi due commi dell’art. 1 della legge n. 613/1966, per quanto riguarda l’indicazione, mediante rinvio all’assicurazione malattia, del campo di applicazione dell’assicurazione commercianti, ma non anche con riguardo all’estensione della detta assicurazione ai familiari coadiutori, definiti dal successivo art. 2 (Cass. 31/10/2013, n. 24590, cit.);
tale interpretazione è confermata anche dal comma 206 della legge n. 662/1996, che esprime l’intenzione di estendere l’assicurazione in qualità di coadiutori familiari ai parenti ed affini entro il terzo grado che già non risultavano compresi in base alla definizione dei rapporti familiari fornita dall’art. 2, anche in ossequio alla dichiarazione di illegittimità costituzionale del citato art. 2, nella parte in cui non considerava gli affini entro il secondo grado (Corte Cost., n. 170 del 1994);
la natura di impresa commerciale delle farmacie non è posta in discussione: accanto al dato di comune esperienza, in cui si constata che, nelle farmacia, all’attività protetta di produzione di galenici e vendita di prodotti terapeutici (farmaci, specialità medicinali, dispositivi medici e presidi medico-chirurgici preparati), esercitarle solo da soggetti muniti di apposito titolo ed iscritti all’albo professionale, si affianca l’attività commerciale di vendita di articoli “da banco” o non sanitari in senso stretto, vengono in rilievo i dati normativi posti in evidenza dalla Corte territoriale nonché l’accertamento compiuto in concreto dalla medesima Corte (pag. 13 della sentenza);
la qualificazione della farmacia come impresa commerciale non esclude la altrettanto indubbia natura di “professione liberale” dell’attività del farmacista, per il quale è prevista un’apposita assicurazione (d.lg.c.p.s. 13 settembre 1946, n. 233, art. 21), con la conseguente esclusione dello stesso dall’assicurazione commercianti;
tale esclusione è coerente con la finalità di evitare duplicazioni di assicurazione, finalità che non si riscontra riguardo agli eventuali coadiutori familiari non farmacisti, rispetto ai quali, al contrario, l’esclusione dell’assicurazione nonostante la loro partecipazione all’attività di un’impresa commerciale rappresenterebbe una disarmonia rilevante sul piano dei principi costituzionali di uguaglianza (art. 3 Cost., comma 1) e di garanzia di un’adeguata tutela di tipo previdenziale dei lavoratori (art. 38 Cost., comma 2);
in tal senso, la lettura delle norme proposta dalla Corte territoriale, oltre ad essere corretta, si pone senz’altro in linea con l’ordinanza della Corte costituzionale n. 448/2007, oltre che con le disposizioni su richiamate;
l’art. 1, commi 202 e 203, della legge n. 662 del 1996, estendendo “ai loro familiari coadiutori, indicati nell’articolo seguente”, l’”assicurazione obbligatoria i.v.s. degli esercenti piccole imprese commerciali…” (art. 1, comma 1, I. n. 613 del 1966) prevede l’obbligo dell’iscrizione a carico dei coadiutori familiari, e ciò indipendentemente dal fatto che il farmacista titolare di farmacia sia personalmente esentato dall’assicurazione;
quanto all’esecuzione di una forma di registrazione, per così dire, “virtuale” del titolare dell’impresa presso l’Inps ai fini dell’attuazione dell’assicurazione nei confronti dei coadiutori familiari, e alla circostanza che lo stesso sia tenuto al versamento dei contributi a favore dei medesimi coadiutori, salvo rivalsa, si tratta nient’altro che di un meccanismo operativo del sistema, che non determina alcuna distorsione o anomalia né incide sul contenuto degli obblighi previdenziali e della loro misura: sotto quest’aspetto, è del tutto privo di decisività il profilo di censura, su cui insiste il ricorrente in particolare nel primo motivo di ricorso, con riguardo all’ affermazione della corte territoriale dell’assenza di una norma che preveda l’iscrivibilità del farmacista come «titolare non attivo»;
le considerazioni che precedono sono assorbenti di ogni altra questione, sollevata con i motivi di ricorso in esame, il quale pertanto dovrà essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, in applicazione del principio della soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 2.600,00, di cui € 100,00 per esborsi, oltre al 15% di spese generali e altri accessori di legge.
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