CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 luglio 2017, n. 17923
Pubblico impiego – Passaggio diretto volontario tra Amministrazioni – Riconoscimento dell’assegno ad personam – Non sussiste
Rilevato
che la Corte di appello di Bologna, con sentenza n. 769/2011, respingendo le opposte impugnazioni, ha confermato la sentenza del locale Tribunale che, in parziale accoglimento della domanda proposta da T.A.M.G., già dipendente del Comune di Catania e trasferita a richiesta all’Agenzia delle Dogane a decorrere dal 1° dicembre 2003 con inquadramento in posizione economica B3, aveva riconosciuto il diritto della ricorrente all’inquadramento nella posizione B3 super ed aveva respinto la domanda volta riconoscimento di un assegno ad personam supplementare pensionabile e non riassorbibile;
che la Corte territoriale, per quanto ancora qui rileva, ha osservato che si era in presenza di un passaggio volontario regolato dall’art. 30 del d.lgs. n. 165/2001, la cui disciplina garantisce al dipendente trasferito il mantenimento del trattamento economico e normativo di cui già godeva, mutando la sola titolarità del rapporto di lavoro, e che correttamente il Giudice di primo grado aveva rigettato la pretesa economica, poiché formulata sulla base di un errato metodo di raffronto tra le retribuzioni: arbitrariamente la ricorrente aveva escluso dal computo l’indennità di agenzia, che costituisce emolumento erogato con carattere di generalità ed avente natura fissa e continuativa, come tale da includersi nel computo della retribuzione percepita presso l’ente di destinazione, con la conseguenza che nulla residuava a titolo differenziale;
che avverso tale sentenza T.A.M.G. ha proposto ricorso affidato a due motivi; l’Agenzia delle Dogane ha depositato atto di costituzione al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione;
che la ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis. c.p.c.;
Considerato
che il primo motivo di ricorso, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 202 del T.U. n. 3/57, come sostituito dall’art. 12 del d.P.R. n. 1079/1979 e dall’art. 24 del d.P.R. n. 420/1974, nonché dall’art. 3, commi 57 e 58 L. n. 537/1993; violazione del divieto di reformatio in peius di cui all’art. 31 d.lgs. n. 165/2001 (art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.), addebita alla sentenza impugnata di non avere applicato il regime previsto dall’art. 202 t.u. cit. che prevede, in caso di passaggio di carriera, il riconoscimento di un assegno ad personam supplementare, non riassorbibile, diretto a consentire la conservazione del più elevato trattamento economico percepito presso l’Amministrazione di provenienza;
che con il secondo motivo di ricorso si addebita alla sentenza omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ex art. 360 n. 5 c.p.c., con riferimento al mancato riconoscimento dell’assegno ad personam in relazione all’art. 31 d.lgs. n. 165/01 e all’art. 2112 c.c., non essendo comprensibile il ragionamento per cui con l’inclusione dell’indennità di agenzia il metodo di raffronto fra le retribuzioni porterebbe ad escludere la disparità retributiva e la reformatio in peius;
che i due motivi, che possono essere trattati congiuntamente involgendo questioni tra loro connesse, sono infondati;
che, in tema di passaggio diretto ex art. 30 d.lgs. n. 165/01 (quale è il passaggio avvenuto nel caso di specie da Ente locale ad Amministrazione pubblica; v. pag. 1 del ricorso per cassazione), questa Corte si è pronunciata con molteplici sentenze, affermando i seguenti principi:
a) In tema di pubblico impiego, l’art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001, che riconduce il passaggio diretto di personale da amministrazioni diverse alla fattispecie della “cessione del contratto”, comporta, per i dipendenti trasferiti, l’applicazione del trattamento giuridico ed economico previsto dai contratti collettivi del comparto dell’Amministrazione cessionaria, salvi gli assegni ad personam attribuiti al fine di rispettare il divieto di reformatio in peius del trattamento economico già acquisito, che sono destinati ad essere riassorbiti negli incrementi del trattamento economico complessivo spettante ai dipendenti dell’Amministrazione cessionaria (Cass. n. 5959 del 2012);
b) in tema di passaggio diretto di dipendenti ai sensi dell’art. 30 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, ove il lavoratore venga a godere di un trattamento retributivo più favorevole di quello spettante alla generalità degli altri, il divario deve essere progressivamente assorbito, contemperandosi così l’esigenza d’irriducibilità del miglior trattamento con il principio di parità di tutti i dipendenti del medesimo soggetto, di cui all’art. 45 d.lgs. n. 165 del 2001; la regola della non riassorbibilità si applica esclusivamente ai passaggi di carriera previsti dall’art. 202 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Cass. n. 24949/2014, conf. Cass. n. 169/2017);
c) nel passaggio regolato dall’art. 30 d.lgs. n. 165/01 la regola generale del riassorbinnento opera in riferimento ai miglioramenti del trattamento economico complessivo dei dipendenti dell’amministrazione di arrivo, e non con riferimento a singole voci che compongono tale trattamento economico, in quanto solo il primo regime è conforme ad una interpretazione costituzionalmente orientata dall’art. 36 Cost., secondo cui il principio di proporzionalità ed adeguatezza della retribuzione va riferito non già alle sue singole componenti ma alla globalità di essa. Ne consegue che alle singole voci componenti la retribuzione non può essere attribuito autonomo rilievo, a meno che ciò sia espressamente previsto dalla legge o dalla contrattazione collettiva cui, peraltro, compete solo la definizione delle modalità applicative del principio, mentre le è preclusa la possibilità di escluderne l’operatività (Cass. n. 4545 del 2016);
che detti principi devono essere ribaditi, per le ragioni tutte indicate nella motivazione delle sentenze sopra richiamate, da intendersi qui trascritte ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ.; che la decisione impugnata è conforme alle conclusioni alle quali questa Corte è pervenuta; difatti, correttamente i Giudici di appello hanno ritenuto di includere nel computo del trattamento presso l’Amministrazione di destinazione l’indennità di agenzia (la cui natura di emolumento fisso e continuativo è stata accertata con statuizione non impugnata), ritenendo che, una volta incluso tale emolumento, il differenziale economico restava interamente riassorbito; tale ratio decidendi non è stata neppure specificamente censurata, poiché il ricorso tende a sostenere la non riassorbibilità dell’assegno ad personam (tesi infondata secondo l’orientamento interpretativo espresso da questa Corte) e ad espungere (altrettanto infondatamente) dal computo della retribuzione di raffronto l’indennità di agenzia, facente parte del complessivo trattamento economico corrisposto dall’Amministrazione di destinazione;
che il ricorso va dunque respinto; nulla va disposto quanto alle spese del giudizio di legittimità, non avendo l’Amministrazione svolto attività difensiva.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; nulla per le spese del presente giudizio.
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