CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 settembre 2017, n. 21775
IVA – Credito Iva – Omessa dichiarazione
ritenuto che, nel caso di specie, l’Amministrazione finanziaria ha notificato alla contribuente cartella di pagamento con il quale ha recuperato l’iva detratta dalla contribuente nel 2003, dopo avere riportato nella relativa dichiarazione il credito dell’anno precedente, per il quale era stata omessa la dichiarazione annuale;
che la vicenda si è risolta in senso favorevole per la contribuente avanti alla Commissione tributaria regionale della Campania (Ctr), la quale, posto il principio che il credito, maturato in un anno di imposta per il quale non sia stata presentata la dichiarazione, non va perduto se viene indicato nella prima dichiarazione utile successiva, ha «dichiarato spettanti al contribuente i crediti Iva e Irap nella misura in cui risulteranno spettanti, in sede di verifica e esame da parte dell’Agenzia dell’entrate sulla base della documentazione contabile già prodotta dallo stesso contribuente nel presente giudizio di primo grado»;
che l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, il primo dei quali censura la sentenza in relazione all’art. 360, comma primo, n, 3 c.p.c., sulla base dell’assunto che, diversamente da quanto ritenuto dalla Ctr, non è possibile riprendere nella dichiarazione successiva un credito sorto nella precedente annualità per la quale non è stata presentata la dichiarazione;
che occorre preliminarmente precisare che la controversia, ancorché avente ad oggetto un atto di recupero di credito d’imposta, anche ai fini Irap, nei confronti di una società di persone, non comporta alcun litisconsorzio necessario tra la società ed i soci, come configurato da Cass., S.U., n. 14815/2008: «mentre, infatti, l’avviso di accertamento (così come qualsiasi altro atto impositivo) incide immediatamente sull’imponibile (recuperandone quote) e solo mediatamente sull’imposta, sicché, avendo ad oggetto un’imposizione Ilor od Irap a carico di una società di persone, si riflette automaticamente, per “trasparenza” del D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 5, sull’imposizione Irpef a carico dei soci, l’atto di recupero del credito d’imposta qui in discussione, incidendo (al pari dell’agevolazione che tende a revocare) direttamente sull’imposta, come – in funzione dell’imponibile – già specificamente definita nei confronti della società e su di essa esclusivamente gravante, non determina alcun riflesso sull’imposta definita a carico dei soci (Cass. n. 17648/2014)»;
che, nel merito, la questione sollevata con il motivo in esame è stata oggetto di un recente intervento delle Sezioni unite di questa Suprema corte, che, con due sentenze coeve, hanno affermato i seguenti principi:
– è possibile riportare a nuovo un credito Iva derivante da una dichiarazione omessa al più tardi con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, se e nella misura in cui sia dimostrata l’effettività dello stesso credito;
– è consentito chiedere il rimborso con la procedura prevista per l’indebito oggettivo come, peraltro, già ammesso dall’Amministrazione finanziaria;
– l’Ufficio può disconoscere il credito Iva riportato a nuovo con la procedura automatizzata dell’iscrizione a ruolo, senza che sia necessario procedere alla notifica di un avviso di accertamento, fatta salva, nel successivo giudizio d’impugnazione della cartella, l’eventuale dimostrazione a cura del contribuente che la deduzione d’imposta, eseguita entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, riguardi acquisti fatti da un soggetto passio d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati a operazioni imponibili; (Cass., S.U., n. 17757 e n. 17758 del 2016);
che al contrario la Ctr ha riconosciuto il credito in astratto, demandandone all’Amministrazione finanziaria la quantificazione, in questo modo invertendo l’ordine logico e giuridico delle questioni;
che, in altre parole, il riconoscimento del credito non avrebbe dovuto essere operato in via preventiva e di principio, ma ex post, se e nella misura in cui la Ctr avesse riscontrato positivamente l’assolvimento, da parte del contribuente, dell’onere di provare le condizioni sostanziale per l’esercizio del diritto di detrazione, in conformità ai recenti insegnamenti di cui sopra;
che, con le medesime modalità seguite per l’iva, e cioè demandandone la quantificazione a una successiva attività dell’Agenzia delle entrate, ha operato il riconoscimento del credito della contribuente anche con riguardo all’Irap;
che tuttavia, posto che il motivo riguarda esclusivamente l’iva, sul punto la Corte non deve esprimere alcuna valutazione;
che il secondo motivo censura la sentenza nella parte in cui la Ctr rimprovera al Fisco di non avere provveduto alla preventiva comunicazione dell’esito del controllo automatizzato, e ciò in una duplice prospettiva: ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4 c.p.c., poiché la relativa censura non era stata introdotta dalla contribuente nel giudizio di primo grado; e ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, non essendo quello avviso dovuto;
che il motivo dedotto in via residuale e ipotetica è inammissibile, perché il rimprovero che la Ctr ha mosso al Fisco non ha avuto alcuna incidenza sulla decisione, come peraltro chiarito dalla stessa sentenza, là dove esclude che la carenza avesse carattere pregiudiziale «ai fini dell’esito del processo»;
che, ad ogni modo, il rilievo della sentenza, sulla necessità della comunicazione in relazione al controllo automatizzato eseguito nel caso di specie, è in contrasto con il principio di diritto stabilito dalle Sezioni unite (Cass. S.U., n. 17758/2016 cit;);
che si giustifica, in relazione al motivo, accolto, la cassazione della sentenza, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione, la quale provvederà a nuovo esame attenendosi al seguente principio di cui sopra;
P.Q.M.
Accoglie nei termini di cui in motivazione il primo motivo di ricorso; dichiara inammissibile il secondo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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