CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 febbraio 2018, n. 4179
Imposte dirette – IRPEF – Accertamento – Redditometro – Eredi – Processo tributario
Premesso che
I.S., in proprio e quale erede del coniuge P.G. (deceduto nel corso del giudizio di merito) ricorre, articolando quattro motivi, per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria centrale del Lazio (in seguito: CTC) n. 404/2011, depositata il 27/01/2011, che – in una controversia relativa a un avviso di accertamento, notificato, in data 13/12/1984, dall’Ufficio distrettuale delle imposte di Velletri, ai coniugi G. e S., riguardante l’accertamento sintetico, per l’anno 1980, del reddito complessivo netto di lire 19.155.000, ai fini dell’IRPEF, e del reddito imponibile di lire 11.517.000, a fini dell’ILOR – accoglieva il ricorso dell’Ufficio delle imposte dirette di Velletri e, in riforma della sentenza di secondo grado (che aveva annullato l’accertamento), confermava il minore reddito netto di lire 13.575.000, rideterminato dalla Commissione Tributaria di primo grado di Velletri (in difetto di appello incidentale, da parte dell’Ufficio, avverso quest’ultima decisione che aveva accolto, in parte, le doglianze dei contribuenti);
l’Agenzia delle entrate ha depositato un atto di costituzione;
il Pubblico ministero ha depositato una memoria;
la ricorrente ha depositato una memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ.
Considerato che
1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 14 d.lgs. n. 546 del 31 dicembre 1992, correlato agli artt. 102, 354 cod. proc. civ., in quanto, nel corso del giudizio di merito, al contribuente G., deceduto il 14/09/2002, succedevano, oltre alla moglie S. (già parte del processo tributario), le figlie C.G. e A.G. alle quali, per la loro veste di litisconsorti necessari, avrebbe dovuto essere esteso il contraddittorio, laddove, invece, la CTC si era limitata (erroneamente) a notificare l’avviso per l’udienza di discussione alla sola S.: «per sé e in qualità di erede del sig. G.P.».
2. Il secondo motivo concerne la violazione e la falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., dell’art. 25, comma 1, d.P.R. n. 636 del 26 ottobre 1972, in quanto il ricorso dell’Ufficio avverso la sentenza d’appello è stato tardivamente depositato, in data 01/02/1989, oltre il termine di sessanta giorni, dalla notifica o dalla comunicazione della decisione impugnata (nella specie, la sentenza di secondo grado è stata notificata in data 01/12/1988), fissato dall’art. 25 cit. e la CTC aveva erroneamente respinto l’eccezione processuale della contribuente, negando che la comunicazione del deposito della decisione di secondo grado valesse come atto di notifica della sentenza ex art. 326 cod. proc. civ. e ritenendo, pertanto, che, in mancanza di detta notifica, si dovesse fare riferimento al termine lungo d’impugnazione dell’art. 327 cod. proc. civ., applicabile al rito tributario ai sensi dell’art. 39 d.P.R. n. 636/1972.
3. Il terzo motivo censura la violazione e la falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., degli artt. 15, 22, 23 d.P.R. n. 636 del 26 ottobre 1972 e dell’art. 329 cod. proc. civ., sul rilievo – anch’esso (erroneamente) disatteso dalla CTC, cui la questione era stata prospettata – dell’inammissibilità dell’appello dell’Ufficio per carenza di specificità dei motivi d’impugnazione.
4. Il quarto motivo attiene alla violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., dell’art. 79 d.lgs. n. 546/1992, per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio.
4.1. La CTC aveva dichiarato inammissibile l’eccezione, della contribuente, d’inefficacia retroattiva del d.m. 21/07/1983, c.d. redditometro, del quale l’Ufficio si era avvalso per la rettifica sintetica dei redditi dei contribuenti relativi a un’annualità – il 1980 – antecedente all’entrata in vigore del nuovo strumento di accertamento fiscale.
4.1.1. La CTC aveva respinto quest’eccezione, ritenendola tardiva, senza considerare che, ai sensi dell’art. 79 cit., il divieto di proporre nuove eccezioni (sancito dall’art. 57 d.lgs. n. 546/1992) non si applica alle cause che: «hanno già percorso un grado di giudizio sotto la previgente disciplina» e, dunque, a maggior ragione, non poteva valere per questa controversia che, all’epoca dell’entrata in vigore della novella del processo tributario, aveva già superato due gradi di giudizio.
5. Il primo motivo è inammissibile.
5.1. Esso è privo di specificità e autosufficienza poiché dal contenuto del ricorso non risulta che la contribuente, nel giudizio dinanzi alla CTC, abbia dedotto né documentato l’esistenza di altri eredi del de cuius, ai quali estendere necessariamente il contraddittorio.
Questa Corte ha più volte affermato che, in tema di litisconsorzio necessario, la parte che alleghi la non integrità del contraddittorio è gravata dallo specifico onere di indicare quali siano i litisconsorti pretermessi (Cass. 27/05/2009, n. 12346).
6. Il secondo motivo è fondato.
6.1. L’Ufficio distrettuale delle imposte dirette non ha rispettato il termine perentorio di 60 giorni per impugnare la sentenza di secondo grado (datata 22/11/1988), avendo depositato il proprio ricorso alla CTC il 01/02/1989, il sessantaduesimo giorno dalla comunicazione, datata 01/12/1988, a cura della segreteria del giudice d’appello, del dispositivo della decisione (poi) impugnata.
Secondo i giudici della CTC: «la comunicazione dell’avvenuto deposito della decisione, da parte della Segreteria della Commissione Tributaria, non costituisce atto di notifica della sentenza ex art. 326 cpc e pertanto, in mancanza di notifica, la sentenza può essere impugnata nel termine lungo di cui all’art. 327 cpc applicabile al rito tributario ex art. 39 DPR 636/72.» (vedi pagg. 2 e 3 della sentenza).
La statuizione è affetta da error in procedendo: sul piano della ricostruzione della (pregressa) dinamica processuale, in realtà, in data 01/12/1988, la segreteria del giudice d’appello ha comunicato alle parti il dispositivo della decisione e non si è limitata (come, invece, sostiene la CTC), a informarle del deposito della sentenza; in punto di rito, con la comunicazione del dispositivo della sentenza (01/12/1988) ha preso avvio il termine d’impugnazione di 60 giorni (art. 25, comma 1, d.P.R. n. 636/1972) e tale arco temporale si era ormai concluso, in data 01/02/1989, quando è stato depositato il ricorso dell’Ufficio alla CTC.
7. All’accoglimento del motivo conseguono l’assorbimento dei rimanenti mezzi e la cassazione senza rinvio dell’impugnata sentenza, come previsto dall’art. 382, comma 3, ultima parte cod. proc. civ., secondo cui la Corte cassa senza rinvio: «in ogni altro caso in cui ritiene che la causa non poteva essere proposta o il processo proseguito.».
8. Visto l’esito del giudizio, le spese processuali del merito vanno compensate, mentre le spese del giudizio di legittimità debbono essere poste a carico dell’Ufficio soccombente.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso;
dichiara inammissibile il primo e assorbiti i rimanenti;
cassa senza rinvio;
compensa, tra le parti, le spese del giudizio di merito;
condanna la controricorrente a pagare alla ricorrente le spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 1.150,00 a titolo di compenso, oltre al 15% a titolo di rimborso forfetario delle spese generali e oltre agli accessori di legge.
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