CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 luglio 2017, n. 18149
Inps – Iscrizione alla Gestione commercianti – Requisiti – Pagamento dei contributi – Attività imprenditoriale abituale e prevalente
Rilevato che
1. P. S. ha proposto opposizione contro l’avviso di addebito, notificato nell’interesse dell’Inps, avente ad oggetto il pagamento di contributi da versare alla Gestione commercianti dell’Inps per gli anni 2007-2012;
2. Rigettata la domanda dal Tribunale, la Corte d’Appello di Torino, con sentenza pubblicata il 30/6/2015, ha accolto l’appello del S., ritenendo insussistenti i requisiti per la sua iscrizione nella Gestione commercianti: ha osservato la Corte che non vi è prova dello svolgimento, da parte dell’opponente, di un’attività imprenditoriale, svolta con abitualità e prevalenza, organizzata e diretta, con il lavoro proprio, e che la sola attività svolta dalla società Model V. s.n.c., di cui il S. era socio, consisteva nella riscossione dei canoni di locazione dell’unico bene immobile di cui essa era proprietaria;
3. l’Inps propone ricorso per la cassazione di tale sentenza; resiste il S. con controricorso;
4. il Collegio autorizza la redazione della motivazione in forma semplificata.
Considerato che
1. Con il ricorso in esame l’Inps deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1, comma 202, 203 e 208 l. n. 662/1996;
1.1. il ricorso è senz’altro ammissibile perché, in relazione all’onere per il ricorrente di esporre sommariamente i fatti di causa, il rinvio a quanto contenuto nella parte espositiva della sentenza impugnata è idoneo a soddisfare il requisito previsto dall’art. 366, comma 1°, n. 3 cod.proc.civ., dal momento che la sentenza non contiene significative lacune e dal contesto del ricorso emergono con chiarezza i fatti rilevanti in modo tale da permettere di comprendere le censure sollevate in sede di legittimità (Cass. 11/01/2008, n. 423; Cass. 16/12/2003, n. 19237);
2. il ricorso non merita accoglimento alla luce dei principi affermati da questa Corte in fattispecie analoghe ed in epoca antecedente all’introduzione del ricorso per cassazione (cfr. Cass. ord., 11/2/2013, n. 3145; v. pure Cass. 6/9/2016, n. 17643, Cass. 25/8/2016, n. 17328);
3. presupposto per l’ iscrizione alla gestione commercianti, in forza dell’art. 1, comma 203, della L. n. 662 del 1996, che ha modificato l’art. 29 della L. n. 160 del 1975, e dell’art. 3 della L. n. 45 del 1986, è lo svolgimento da parte dell’interessato di attività commerciale;
4. la società di persone che svolge un’attività volta alla locazione di immobili di sua proprietà e alla riscossione dei canoni di locazione non svolge un’attività commerciale ai fini previdenziali, a meno che essa non si inserisca in una più ampia di prestazione di servizi quale l’attività di intermediazione immobiliare (Cass. n. 17643/2016, cit.; Cass. ord.,16/12/2016, n. 25017);
5. non rileva di per sé il contenuto dell’oggetto sociale, ma si deve considerare lo svolgimento in concreto di un’attività commerciale (Cass. n. 25017/2016, cit.);
6. l’eventuale impiego dello schema societario per attività di mero godimento, in implicito contrasto con il disposto dell’art. 2248 c.c., non può trovare una sanzione indiretta nel riconoscimento di un obbligo contributivo di cui difettino i presupposti propri, per come sopra ricostruiti;
7. la verifica della sussistenza di requisiti di legge è compito del giudice di merito, fermo restando che l’onere probatorio grava sull’ente previdenziale, tenuto a provare i fatti costitutivi dell’obbligo contributivo (cfr. ex multis Cass., 20/4/2002, n. 5763; Cass., 6/11/2009, n. 23600);
8. nella specie, la Corte ha ritenuto insussistente entrambi i presupposti di legge, escludendo sia l’esercizio di attività commerciale da parte della s.n.c. – cessata fin dal 2005 – sia il coinvolgimento diretto nel lavoro aziendale del S., osservando che la sua attività era limitata alla locazione dell’unico immobile di proprietà della società e alla riscossione dei canoni di locazione, di fatto esercitata dal commercialista della società, e tale accertamento, in quanto appare adeguatamente motivato e privo di illogicità e contraddizioni, è insindacabile in questa sede;
9. dal rigetto del ricorso consegue la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate come da dispositivo;
10. sussistono le condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent n. 3774 del 18 febbraio 2014).
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna l’Inps al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 1.500,00 per compensi professionali e € 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e agli altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater; del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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