CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 febbraio 2017, n. 4660
Tributi – IRAP – Professionisti – Autonoma organizzazione – Spese di gestione dello studio
In fatto
S.G. propone ricorso per cassazione, affidato ad otto motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia Sez. Staccata di Brescia n. 101/64/2012, depositata in data 5/06/2012, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione del silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria ad istanza del contribuente (esercente la professione di dottore commercialista) di rimborso dell’IRAP versata negli anni dal 2001, saldo, al 2004 – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente.
In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame dell’Agenzia delle Entrate, hanno sostenuto che la sussistenza dell’autonoma organizzazione, presupposto impositivo dell’IRAP, doveva evincersi dall’ammontare dei compensi e dalle spese, “ingenti”, di gestione dello studio.
A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti. Il ricorrente ha depositato memoria.
Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.
In diritto
1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la nullità della sentenza, ex art. 360 n. 4 c.p.c., per omessa pronuncia, in violazione dell’art.112 c.p.c., sull’eccezione di Inammissibilità dell’appello dell’Agenzia delle Entrate per mancanza di motivi specifici di impugnazione ex art. 53 d.lgs. 546/1992.
2. La censura è Infondata, in quanto non ricorre il vizio denunciato di omessa pronuncia, dovendo considerarsi implicita la reiezione di quella eccezione (Cass., 11 settembre 2015, n. 17956, cfr. Cass. 13425/2016: “In sede di impugnazione, non rileva né l’omessa pronuncia su di un’eccezione di inammissibilità, né l’omessa motivazione su tale eccezione, atteso che solo l’effettiva esistenza dell’inammissibilità denunciata sarebbe idonea a determinare la decisione del giudice del gravame che, accogliendo le richieste in relazione alle quali l’eccezione è stata formulata, l’ha implicitamente rigettata. “).
3. Con il secondo, Il terzo ed II quarto motivo, il ricorrente lamenta sia la violazione e falsa applicazione degli artt.2 e 3 d.lgs. 446/1997, ex art.360 n. 3 c.p.c., sia l’omessa e Insufficiente motivazione, in ordine alla ritenuta sussistenza dell’autonoma organizzazione, non avendo i giudici della C.T.P. considerato che l’attività di dottore commercialista veniva svolta all’interno dello studio associato “C.J.G.”, di cui il professionista non era il responsabile, con spese minime, non eccedenti il minimo indispensabile, per beni strumentali (acquisto di beni mobili ed arredi e di apparecchiature elettroniche) e compensi a terzi, senza distinzione alcuna per tipologia e natura delle stesse.
4. Le doglianze (essendo i vizi motivazionali da scrutinare secondo la vecchia formulazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c., stante la pubblicazione della decisione impugnata nel giugno 2012) sono fondate.
La C.T.R., per individuare il requisito dell’autonoma organizzazione, ha valorizzato i costi sostenuti dai contribuente nelle diverse annualità, i ricavi percepiti dal contribuente ed i costi di gestione e le spese per l’utilizzo di servizi di terzi e per beni strumentali.
Ora, sicuramente erroneo risulta il rilievo offerto ai ricavi, che non giocano alcun ruolo ai fini dell’anzidetto requisito (Cass. n. 10026/2012; Cass.22595/2016).
Anche il riferimento ai beni strumentali “dal rilevante costo d’acquisto” risulta del tutto generico ed inconferente, alla luce di quanto già affermato da questa Corte (Cass.547/2016), secondo la quale “anche una spesa consistente riferita all’acquisto di un macchinario indispensabile per l’esercizio della professione può rilevarsi inidonea a significare l’esistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione, tutte le volte in cui il capitale a tal fine investito non valga a rappresentare fattore aggiuntivo o moltiplicativo del valore rappresentato dalla mera attività intellettuale dei professionista ma risulti ad essa asservito ai fini dell’acquisto di attrezzatura connaturata e indispensabile all’esercizio dell’attività medesima e come tale inidoneo ad assumere rilievo, quale fattore produttivo di reddito, distinguibile da quello rappresentato dalla stessa attività intellettuale c/o dalla professionalità dei lavoratore autonomo”.
Non corretto risulta poi il riferimento ai “costi di gestione ingenti”, espressione del tutto inconferente in relazione all’attività di lavoro autonomo. Il giudice di merito avrebbe, infatti, dovuto mettere in evidenza la tipologia delle spese, per compensi a terzi e beni strumentali, per verificarne l’effettiva incidenza in ordine al requisito dell’autonoma organizzazione, potendo detti costi anche ricollegarsi all’esercizio dell’attività professionale senza alcuna effettiva organizzazione di capitali e lavoro altrui.
5. Con il quinto motivo, il ricorrente lamenta poi la nullità della sentenza, ex art. 360 n. 4 c.p.c., per omessa pronuncia sulla domanda, subordinata, di rimborso dell’IRAP versata sul compensi derivanti dalla carica di consigliere e/o sindaco di società.
6. Anche tale motivo è fondato, in quanto il contribuente aveva, in via subordinata, chiesto il rimborso dei soli compensi percepiti in qualità di consigliere e sindaco di terze società e, sulla domanda, la C.T.R. ha omesso di pronunciarsi, valutando se, sulla base del materiale probatorio acquisito, fosse possibile scorporare le diverse categorie di compensi eventualmente conseguiti dal professionista e di verificare l’esistenza dei requisiti impositivi per ciascuno dei settori (Cass. 3434/2012)
7. Con il sesto, settimo ed ottavo motivo il ricorrente svolge plurimi vizi (ex art.360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c.) in relazione ai contrasto, rilevato in sede di appello, con la sentenza passata in giudicato n. 74/65/2009 del 19/02/2009 della C.T.R. Sezione staccata di Brescia, pronunciata su analoga istanza di rimborso dell’IRAP versata tra il 1998 ed il 2001 (1° e 2° acconto), in senso favorevole al contribuente.
8. I motivi sesto ed ottavo sono infondati. Non può essere invero invocata, in questa sede, la revocazione della sentenza per contrasto di giudicato e non ricorre un vizio di omesso esame di un “fatto storico”, ex art. 360 n. 5 c.p.c., trattandosi di questione di diritto.
9. Fondato è invece il settimo motivo. Invero, il contribuente aveva invocato, nel giudizio di merito, il giudicato esterno favorevole formatosi in relazione alla medesima imposta ed all’anno 2001 (pure oggetto del presente giudizio), stante l’accertata insussistenza dell’autonomia organizzazione, ma sulla questione la C.T.R. ha del tutto omesso di pronunciare.
10. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento de! secondo, terzo, quarto, quinto e settimo motivo del ricorso, respinti i restanti, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo, terzo, quarto, quinto e settimo motivo del ricorso, respinti i restanti, cassa la sentenza impugnata, con rinvio, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla C.T.R. della Lombardia.