CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 febbraio 2018, n. 4293
IVA – Verifica fiscale – Irregolarità contabili (mancata dichiarazione, mancate registrazioni)
Rilevato che
Con sentenza in data 14 aprile 2016 la Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione distaccata di Latina, respingeva l’appello proposto dalla Associazione Ippica A. avverso la sentenza n. 22/3/14 della Commissione tributaria provinciale di Frosinone che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento per II.DD. ed IVA 2006. La CTR osservava in particolare in ordine alla ripresa IVA che le irregolarità contabili (mancata dichiarazione, mancate registrazioni) riscontrate in sede di verifica basanti la pretesa creditoria erariale de qua, non potevano considerarsi meramente formali, come addotto dalla associazione contribuente, sicché la pretesa creditoria stessa, per mancato riconoscimento della detrazione, doveva considerarsi fondata.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’associazione contribuente deducendo un motivo unico.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
La ricorrente successivamente ha depositato una memoria.
Considerato che
Con l’unico mezzo dedotto la ricorrente si duole della violazione/falsa applicazione di plurime disposizioni legislative interne e di principi/norme di diritto eurounitario derivato, poiché la CTR ha ascritto valore sostanziale alle irregolarità contabili contestatile e quindi negato il suo diritto alla detrazione dell’IYA nell’annualità fiscale oggetto dell’atto impositivo impugnato.
La censura è infondata.
Va ribadito che:
-«La neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno c sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicché, in tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili» (Sez. U, Sentenza n. 17757 del 08/09/2016, Rv. 640943 – 01);
-«In tema di IVA, è onere del contribuente dimostrare la ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 26, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, per accedere al regime della variazione in diminuzione dell’imposta, tramite la corretta e completa registrazione delle operazioni, da cui emerga inequivocabilmente la corrispondenza tra le stesse, oppure, ove tale onere non possa essere così assolto, attraverso altri mezzi di prova nel rispetto delle regole generali ed in particolare dell’art. 2704 cod. civ., in forza del quale non è opponibile all’Amministrazione finanziaria una scrittura privata priva di sottoscrizione autenticata in data certa» (Sez. 5, Sentenza n. 8535 del 11/04/2014, Rv. 630118 – 01);
-«In tema di IVA, per accedere al regime della variazione in diminuzione è necessario effettuare la registrazione della variazione e della relativa causa, ai sensi degli artt. 23, 24 e 25 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ed è onere del contribuente dimostrare la corrispondenza delle operazioni mediante l’indicazione di quei dati che risultino idonei a collegarle, attraverso la dimostrazione dell’identità tra l’oggetto della fattura e delle registrazioni originarie e l’oggetto della registrazione della variazione, sì da palesare inequivocabilmente la corrispondenza tra i due atti contabili» (Sez. 5, Sentenza n. 11396 del 03/06/2015, Rv. 635692- 01).
La sentenza impugnata è pienamente conforme ai principi di diritto espressi in tali arresti giurisprudenziali, avendo accertato in fatto che non solo la dichiarazione IVA 2006 era stata omessa dall’associazione contribuente, ma anche che la stessa non aveva effettuato i versamenti trimestrali dell’imposta, così rendendo inapplicabile il regime agevolato di cui alla legge 398/1991, né aveva regolarmente tenuto i registri prescritti dal d.P.R. 633/1972 e correlativamente controprovato la sussistenza delle condizioni sostanziali fondanti il diritto alla detrazione IVA in contestazione, con particolare riguardo alle note di credito ex art. 26, d.P.R 633/1972.
Le ulteriori deduzioni di cui alla memoria depositata attingono essenzialmente ai profili fattuali/meritali della controversia, che tuttavia non possono essere oggetto di valutazione in questo giudizio, secondo il consolidato principio di diritto che «Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione» (Scz. 6-5, Ordinanza n. 9097 del 07/04/2017, Rv. 643792 – 01).
Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.600 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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