CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 gennaio 2018, n. 1476
Tributi – Avviso di classamento immobili – Parco eolico – Difetto di motivazione – Annullamento
Fatto e diritto
costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016, e dato atto che la società controricorrente ha depositato memoria critica alla proposta del relatore, osserva quanto segue;
Con sentenza n. 8573/29/2015, depositata il primo ottobre 2015, non notificata, la CTR della Campania rigettò l’appello proposto dall’allora Agenzia del Territorio – Ufficio di Benevento, nei confronti della E.E.G. S.r.l. (di seguito società) avverso la sentenza di primo grado della CTP di Benevento, che aveva accolto il ricorso della contribuente avverso avviso di classamento relativo ad unità immobiliari (parco eolico – categoria catastale D/1), site nel Comune di Ginestra degli Schiavoni (Benevento).
La sentenza della CTR, pur ritenendo fondato il motivo d’appello con il quale l’Amministrazione si doleva dell’erroneità della pronuncia di primo grado, che aveva accolto il ricorso della società per difetto di motivazione, ritenne infondato il gravame quanto al merito dell’attribuzione della rendita catastale, per avere l’Ufficio «preso a riferimento per la propria valutazione il costo di aerogeneratori assolutamente non comparabili tra loro per le diverse caratteristiche tecniche e per l’epoca di costruzione».
Avverso detta pronuncia l’Agenzia delle Entrate, quale successore ex lege dell’Agenzia del Territorio, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
La società resiste con controricorso, col quale ha altresì spiegato ricorso incidentale, affidato ad otto motivi, ulteriormente illustrato da memoria. L’Agenzia delle Entrate resiste a sua volta con controricorso. Con il primo motivo la ricorrente Amministrazione denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. lamentando che la pronuncia impugnata avrebbe pronunciato ultrapetìta nella parte in cui, pur ritenendo fondato l’appello dell’Ufficio quanto all’insussistenza del vizio di motivazione dell’avviso di classamento, ha comunque disatteso il gravame entrando nel merito dell’accertamento, in relazione al quale la società non aveva proposto appello incidentale.
Con il secondo motivo la ricorrente principale denuncia cumulativamente «omesso esame di un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.» e «violazione di legge per erronea, falsa applicazione» dell’art. «28 della legge» (rectius d.P.R.) «n. 1142/1949, letto ed interpretato alla luce della circolare 6/2012 dell’Agenzia del Territorio Direzione Centrale Catasto e Cartografia in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.», lamentando che la decisione impugnata da un lato sarebbe incorsa in vizio di omesso esame di un punto decisivo della controversia relativo ai dati di fatto ed agli elementi oggettivi di valutazione, da cui emergeva che la comparazione non deve essere effettuata secondo un criterio di uguaglianza tra beni aventi le stesse caratteristiche, ma attraverso metodo sintetico comparativo tra beni aventi analoghe caratteristiche, volto ad individuare il gradino nel quale inserire il bene da stimare, scegliendo come elemento ordinatore uno o più parametri di confronto a tutti i beni in gioco; dall’altro avrebbe violato e falsamente applicato l’art. 28 del d.P.R. n. 1142/1949, letto alla luce della succitata circolare, in considerazione del fatto che alcun deprezzamento per vetustà era possibile nella fattispecie, per essere stati gli impianti realizzati nel 2012, quindi successivamente all’epoca censuaria di riferimento (1988-1989) per la determinazione del valore venale delle unità immobiliari, mentre si era debitamente tenuto conto, quanto all’obsolescenza, di un coefficiente di riduzione (portato in appello dal 35 al 38%).
Il primo motivo è manifestamente infondato.
La pronuncia di primo grado, che ha accolto il ricorso della società in relazione alla doglianza relativa al difetto di motivazione dell’avviso di classamento, ha quindi ritenuto assorbite le ulteriori questioni proposte, ivi compresa quella relativa al merito del valore fondiario e conseguentemente della rendita attribuita alle unità immobiliari oggetto della controversia.
Nel caso di specie, quindi, era sufficiente che la società, vittoriosa in primo grado, riproponesse specificamente in appello, secondo quanto richiesto dall’art. 56 del d. lgs. n. 546/1992, le questioni assorbite, perché non s’intendessero rinunciate (cfr. Cass. sez. unite 12 maggio 2017, n. 11799; Cass. sez. 6-5, ord. 22 giugno 2016, n. 12937; Cass. sez. 5, 18 dicembre 2014, n. 26830).
Peraltro occorre rilevare, come, nella fattispecie in esame, la società avesse articolato anche appello incidentale condizionato, col quale, tra le altre questioni, chiedeva ancora che fosse accertata la piena conformità della rendita catastale proposta con la procedura DOCFA al criterio comparativo di cui all’art. 28, comma 1, del d.P.R. n. 1142/1949.
È, invece, inammissibile, il secondo motivo, nel quale, peraltro, la ricorrente Amministrazione finanziaria, cumula due diversi ordini di censure.
Con la prima, l’Agenzia delle Entrate, prospettando il vizio della decisione impugnata in relazione al parametro di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., assume che la decisione impugnata avrebbe omesso l’esame di un punto decisivo della controversia relativo ai dati di fatto ed agli elementi decisivi di valutazione, sul presupposto che la comparazione non dovesse essere effettuata secondo il criterio di uguaglianza tra beni aventi le stesse caratteristiche.
In tal modo, tuttavia, la censura, oltre a muovere da un presupposto di fatto che non è dato rinvenire nella decisione impugnata (la CTR ha, infatti, escluso, la comparazione con il valore dell’aerogeneratore di cui al pvc della Guardia di Finanza del 2006, non postulando la necessità della comparazione tra beni uguali, ma sulla base di un giudizio di fatto in punto di difetto assoluto di omogeneità tra i beni in comparazione per epoca di costruzione e per potenza), esula dal parametro invocato dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nella sua attuale formulazione, che richiede proprio l’omesso esame di fatto, da intendersi come fatto storico, principale o secondario che, ove invece debitamente esaminato, avrebbe determinato un esito diverso del giudizio (cfr. Cass. sez. unite 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. sez. lav. 9 luglio 2015, n. 14324; Cass. sez. 2, 14 giugno 2017, n. 14802).
Nel caso di specie, come è dato leggere dalla decisione impugnata, la CTR ha dato conto di avere avuto chiara la cognizione dei costi, delle caratteristiche tecniche, in relazione alla potenza degli impianti, ed all’epoca di costruzione degli aerogeneratori in comparazione, pervenendo, peraltro, al giudizio secondo il quale essi non avrebbero potuto utilmente assurgere ad elementi idonei per la determinazione della rendita catastale nel procedimento indiretto secondo il metodo dell’approccio di costo.
Sotto il profilo della dedotta censura di violazione di norma di diritto, occorre rilevare, per un verso, che essa è prospettata in maniera confusa in relazione alla generica dedotta violazione dell’art. 28 del d.P.R. n. 1142/1949. Detta disposizione, come è noto, si compone di due commi, solo il secondo dei quali si riferisce al cd. procedimento indiretto per approccio di costo, laddove non sia possibile determinare il capitale fondiario secondo il procedimento diretto costituito dall’approccio reddituale per il quale (art. 28, comma 1), «Il capitale fondiario è costituito dal valore venale della unità immobiliare all’epoca censuaria stabilita», che «si determina, di regola, tenendo presenti i prezzi correnti per la vendita di unità immobiliari analoghe».
Lo stesso riferimento alle disposizioni della circolare n. 6/2012 dell’Agenzia del Territorio del 30 novembre 2012 non assurge ad elemento chiarificatore della censura.
La circolare, il cui oggetto attiene alla «determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari a destinazione speciale e particolare: profili tecnico – estimativi» si occupa, infatti, con i relativi allegati, dell’intera problematica in oggetto, rilevando, in particolare (pag. 4) come la possibilità di utilizzare gli approcci reddituale e di mercato sia fortemente limitata «dal vincolo normativo costituito dall’epoca censuaria di riferimento, che, ormai lontana nel tempo» (biennio 1988 – 89, giusta l’art. 1 comma 3, d.m. 20 gennaio 1990), «aumenta il livello d’incertezza che caratterizza le analisi di mercato dei segmenti immobiliari in esame».
Quand’anche poi dovesse comunque ritenersi che la censura contenga elementi sufficienti perché sia riferita alla denuncia dell’erroneità del procedimento indiretto di determinazione della rendita catastale mediante il metodo dell’approccio di costo, secondo cui (art. 28, comma 2 del d.P.R. n. 1142/1949) «Qualora non sia possibile determinare il capitale fondiario sulla base degli elementi previsti nel precedente comma, il valore venale si stabilisce con riguardo al costo di ricostruzione, applicando su questo un adeguato coefficiente di riduzione in rapporto allo stato attuale delle unità immobiliari», deve rilevarsi come essa non tenga conto dei più recenti “Indirizzi operativi in tema di determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari destinate a centrali eoliche” quali indicati dagli stessi più recenti documenti di prassi (cfr. Allegato a AGEDP – RE Registro Ufficiale 15 marzo 2017 – 1), secondo cui, nella stima catastale ante 1° gennaio 2016 degli impianti, quantunque realizzati, come nella fattispecie in esame nel 2012, dopo cioè l’epoca censuaria di riferimento, per la relativa componente impiantistica ai fini della stima catastale debba essere utilizzato il costo medio infracensuario, dovendo poi i costi di ricostruzione, come determinati, delle diverse strutture, impianti fissi e sistemazioni esterne, essere ricondotti all’epoca censuaria delle stime catastali (biennio 1988-89) mediante l’indice FOI pubblicato dall’ISTAT, attesa l’assenza di ulteriori indici dei prezzi specifici per la tipologia di opere in esame (cfr. pagg. 17-18 del succitato Allegato).
Il ricorso principale così come proposto dall’Agenzia delle Entrate deve essere quindi rigettato.
Quanto sopra determina l’assorbimento del ricorso incidentale con riferimento ai primi sei motivi, in relazione ai quali esso deve essere qualificato come condizionato, essendo venuto meno l’interesse della controricorrente alla pronuncia sulle relative questioni, rimaste assorbite nella decisione resa dalla CTR o rispetto alle quali, come in punto di asserito difetto di motivazione dell’atto di rettifica della rendita catastale, la società era rimasta soccombente.
Il settimo ed ottavo motivo, con i quali la controricorrente si duole della disposta compensazione delle spese di lite, possono essere trattati congiuntamente.
Col settimo motivo, in particolare, la società controricorrente denuncia violazione dell’art. 36 del d. lgs. n. 546/1992 per motivazione irrimediabilmente apparente, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. nella parte in cui la sentenza impugnata ha giustificato la disposta compensazione delle spese di lite sulla base della sola affermazione che «Sussistono sufficienti motivi per procedere all’integrale compensazione delle spese di lite, attesa la peculiarità della materia».
Con l’ottavo motivo, la controricorrente lamenta invece violazione dell’art. 92 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. per avere il giudice tributario d’appello disposto la compensazione integrale delle spese di lite tra le parti al di fuori dei casi previsti dalla relativa disposizione.
Se è vero che la giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le altre, Cass. sez. 6-5, 31 maggio 2016, n. 11217) ha affermato che il riferimento alla peculiarità della questione o della materia non è sufficiente ad integrare una motivazione idonea a giustificare la compensazione delle spese di lite tra le parti, in relazione ai presupposti giustificativi stabiliti dall’art. 92 c.p.c. nel testo quale richiamato dall’art. 15, comma 1, del d. lgs. n. 546/1992, quale applicabile ratione temporis, nondimeno, con riferimento all’omessa motivazione, va ricordato che la mancanza di motivazione su questione di diritto e non di fatto deve ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, qualora il giudice di merito sia comunque pervenuto ad un’esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame. In tal caso, come precisato dalle Sezioni Unite (Cass. 22 febbraio 2017, n. 2731), «la Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, nonché dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111, comma 2 Cost., ha il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c., di correggere la motivazione anche a fronte di un “error in procedendo”, quale la motivazione omessa, mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta […| sempre che si tratti di questione che non richieda ulteriori accertamenti di fatto».
Nella fattispecie in esame le gravi ed eccezionali ragioni idonee a giustificare la disposta integrale compensazione delle spese di lite tra le parti vanno ravvisate nell’assenza di specifici precedenti di legittimità sulla questione di merito sottoposta all’esame del giudice tributario in punto di determinazione della rendita catastale secondo il procedimento indiretto dell’approccio di costo.
La sentenza impugnata va dunque confermata, quantunque con correzione in diritto della relativa pronuncia nei termini sopra indicati.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, cedono a carico dell’Amministrazione ricorrente, avuto riguardo alla soccombenza largamente prevalente della stessa in relazione allo specifico oggetto del relativo contenzioso.
Rilevato che risulta soccombente, in relazione al ricorso principale, parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1- quater del d.P.R. 30 maggio 2012, n. 115.
Viceversa ricorrono i presupposti di legge, come da dispositivo, per il versamento da parte della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari quello dovuto per il ricorso incidentale stesso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale.
Dichiara assorbito il ricorso incidentale, condizionato in relazione ai primi sei motivi, e lo rigetta in relazione al settimo ed all’ottavo motivo.
Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale stesso, a norma del comma 1 – bis dello stesso articolo 13.
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