CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 maggio 2017, n. 12830
Tributi – Accertamento – Imposte sui redditi – Operazioni su conti correnti bancari – Principio di libertà dei mezzi di prova
Rilevato che
Con sentenza in data 17 settembre 2015 la Commissione tributaria regionale del Lazio respingeva l’appello proposto da T. C. avverso la sentenza n. 6384/21/15 della Commissione tributaria provinciale di Roma che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento IRAP, IRPEF, IVA ed altro 2009. La CTR osservava in particolare che l’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento per mancanza/vizio della delega alla sottoscrizione del medesimo era infondata, essendo la questione oggetto della stessa priva di rilevanza, anche a seguito della sentenza n. 37/2015 della Corte costituzionale, trattandosi di atti privi di rilevanza esterna all’Ente impositore; nel merito, che le presunzioni ex art. 32, d.P.R. 600/1973, 53, d.P.R. 633/1972 basanti l’atto impositivo impugnato dovevano considerarsi pienamente valide e fondate, in assenza di adeguati chiarimenti e controprove da parte della contribuente.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione la T. deducendo tre motivi.
L’Agenzia delle entrate si è costituita tardivamente al solo fine di partecipare al contradditorio orale.
Considerato che
Con il primo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la ricorrente denuncia violazione/falsa applicazione dell’art. 42, primo e terzo comma, d.P.R. 600/1973, poiché la CTR ha escluso la nullità dell’avviso di accertamento de quo per la mancata allegazione della delega al funzionario firmatario del medesimo, affermandone l’irrilevanza esterna.
La censura è fondata.
Va infatti ribadito che «In tema d’imposte sui redditi, l’avviso di accertamento, a norma dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, deve essere sottoscritto, a pena di nullità, dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato, incombendo sull’Amministrazione finanziaria dimostrare, in tale ultima evenienza e in caso di contestazione, l’esistenza della delega e l’appartenenza dell’impiegato delegato alla carriera direttiva» (Sez. 6-5, Ordinanza n. 9736 del 12/05/2016, Rv. 639958 – 01).
La sentenza impugnata collide evidentemente con tale principio di diritto laddove, senza alcun fondamento giuridico, afferma che la delega di funzioni/firma è atto privo di rilevanza esterna, così omettendo il necessario giudizio di merito sulla delega prodotta in prime cure dall’Agenzia fiscale.
Con il secondo mezzo -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la ricorrente si duole di violazione/falsa applicazione degli artt. 32, primo comma, n. 2, d.P.R. 600/1973, 2727, cod. civ., poiché la CTR ha affermato la fondatezza in concreto della presunzione legale derivante dalla prima disposizione legislativa, peraltro non tenendo conto degli effetti della parziale pronuncia di incostituzionalità della medesima di cui alla sentenza n. 228/2014 della Corte costituzionale.
Con il terzo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.- vi è denuncia di nullità della sentenza impugnata ed -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- altresì di violazione dell’art. 115, cod. proc. civ., poiché la CTR ha omesso di valutare le prove documentali “liberatorie” che aveva prodotto in giudizio in ossequio alle previsioni di cui alla disposizione del d.P.R. 600/1973 applicata con l’avviso di accertamento impugnato.
Le censure, da esaminarsi congiuntamente per stretta connessione, sono fondate.
Va infatti ribadito che «In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 32, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 prevede una presunzione legale in base alla quale sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi e a fronte della quale il contribuente, in mancanza di espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova, può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto a individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative» (Sez. 5, Sentenza n. 25502 del 30/11/2011, Rv. 620342 – 01; conforme Sez. 6-5, Ordinanza n. 2781 del 12/02/2015, Rv. 634241 – 01).
La sentenza impugnata è palesemente difforme da tale principio di diritto, avendo apoditticamente/genericamente e non analiticamente/specificamente valutato i documenti controprobatori dimessi dalla contribuente a sostegno delle proprie allegazioni difensive ricalcate sull’onere probatorio spettantele ex art. 32, d.P.R. 600/1973.
Con ciò devono ritenersi integrati i vizi di legittimità denunciati con le censure in oggetto.
Il ricorso deve dunque essere accolto con cassazione della sentenza impugnata e rinvio al giudice a quo per nuovo esame.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
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