CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 novembre 2016, n. 23781
Inail – Infortuni sul lavoro – Rendita – Danno biologico
Fatto e diritto
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 29 settembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
“Il Tribunale di Potenza, accogliendo la domanda proposta da De C. D. nei confronti dell’INAIL, gli riconosceva, il diritto ad una rendita a seguito degli infortuni sul lavoro verificatisi nel 1998, 2000, 2004 e 2007 nella misura del 16% di inabilità permanente, condannando l’istituto alla relativa prestazione oltre accessori.
Tale decisione, a seguito di gravame dell’INAIL, veniva in parte riformata dalla Corte di Appello di Potenza che, con sentenza dell’11 marzo 2014, condannava l’istituto al pagamento in favore del De C. di un indennizzo per danno biologico pari al 13%, oltre interessi.
Ad avviso della corte territoriale i postumi relativi all’infortunio occorso nel 1998 – quindi, prima dell’entrata in vigore del d.Lgs. n. 38 del 23 febbraio 2000 – non si cumulavano ai fini della liquidazione di un’unica prestazione assicurativa con gli altri verificatisi successivamente alla entrata in vigore del detto d.Lgs. restando del tutto autonomi i due regimi di tutela essendo diverso il bene protetto, non più la mera capacità di lavoro in relazione ad una generica occupazione, ma la perdita del bene salute non solo ma anche come strumenta per Io svolgimento di un’attività lavorativa. Determinava, quindi, sulla scorta di una nuova consulenza tecnica disposta m appella, nella suindicata misura il danno biologico residuato al De C. a seguito degli infortuni del 2000, del 2004 e del 2007.
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il De C. affidato ad un unico articolato motivo.
L’Inail, resiste con controricorso.
Con l’unico morivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del d.Lgs. 23.2.2000 n. 38 in relazione agli artt. 79 e 80 del d.P.R. 30.6.1965 n. 1124 nonché agli artt. 1, 2, 3, 4, 32, 35, 38 e 41 Cost. (in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5, c.p.c.).
In sintesi, si assume: che la decisione della corte di merito di non cumulare i postumi derivati dall’infortunio del 1998 sarebbe in contrasto con l’art. 38 Cost.; che l’utilizzo da parte del CTU della “formula Gabrielli” per valutare i postumi dei vari infortuni sarebbe stato errata dovendo, piuttosto, essere applicata la formula del Balthazard, ciò anche in considerazione dei dubbi di illegittimità costituzionale della norma che richiamava la “formula Gabrielli”.
Il motivo è infondato.
Vale ricordare che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 426 del 2006, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 6, secondo e terzo periodo, del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 – nella parte in cui non consente di procedere ad una valutazione complessiva dei postumi conseguenti ad infortuni sul lavoro o malattie professionali verificatisi o denunciati prima della data di entrata in vigore del decreto ministeriale 12 luglio 2000 (Approvazione di “Tabella delle menomazioni”; “Tabella di indennizzo danno biologico”; “Tabella dei coefficienti”; relative al danno biologico ai fini della tutela dell’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali) e di quelli intervenuti dopo tale data – sollevata, in riferimento agli artt. 3, secondo comma, 38, secondo comma, e 76 della Costituzione.
Questa Corte, inoltre, ha precisato che in tema di infortuni sul lavoro e malattie professionali, ove alcuni infortuni o malattie si siano verificati prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 23 febbraio 2000, n. 38 ed altri successivamente, i relativi postumi, ai sensi dell’art. 13, comma 6, prima parte, di detto decreto, non si cumulano ai fini della liquidazione di un’unica prestazione previdenziale, restando del tutto autonomi e separati i due regimi di tutela, che coesistono fino allo scadere dei termini revisionali delle rendite costituite per eventi verificatisi o denunciati prima del 25 luglio 2000, (da ultimo cfr. Cass. n. 12629 del 18/06/2015) e tale esclusione della cumulabilità dei postumi relativi a eventi ricadenti nei diversi regimi normativi opera sia nel caso di eventi già indennizzati in capitale e non in rendita, sia di eventi dai quali siano derivate inabilità inferiori al grado richiesto per la liquidazione delle prestazioni a carico dell’Inail (Cass. n. 21452 del 12/10/2007).
Orbene, l’impugnata sentenza ha correttamente applicalo tali principi escludendo la cumulabilità dei postumi relativi all’infortunio verificatosi nel 1998 che, avendo comportalo una riduzione della attitudine al lavoro del De C. nella misura del 5% (dato questo pacifico tra le parti) non potevano dar diritto ad alcuna rendita ai sensi del d.RR. n. 1124/1965.
Infine, correttamente il CTU ha applicato la formula del Gabrielli come stabilito dall’art. 13, co. 6°, del d.Lgs. n. 38/2000 cit.
Per tutto quanto sopra considerato, si propone il rigetto del ricorso con ordinanza ex art. 375 cod. proc. civ., n. 5.”.
Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.
Il Collegio condivide pienamente il contenuto della sopra riportata relazione e, pertanto, rigetta il ricorso.
Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono poste a carico del ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent n. 3774 del 18 febbraio 2014). inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio liquidale in curo 100,00 per esborsi, euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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