CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 novembre 2017, n. 27787
Tributi – IVA – Accertamento – Riscossione – Cessione di beni infragruppo – Contenzioso tributario
Rilevato che
– l’Agenzia delle entrate impugna per cassazione, con due motivi, la decisione della CTR della Lombardia che, confermando la sentenza di primo grado, aveva ritenuto illegittimi gli avvisi di accertamento, per Iva, Irpeg ed Irap per gli anni 2002 e 2003, con i quali era stata recuperata a tassazione la differenza rispetto al valore normale a seguito di cessione di beni infragruppo dalla controllante tedesca, oltre alla contabilizzazione di costi non di competenza e non inerenti;
– la L.M.H.I. Spa si costituisce eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso;
Considerato che
– va disattesa preliminarmente l’eccezione di tardività del ricorso;
– l’art. 38, d.lgs. n. 546 del 1992, non ha istituito un regime speciale per il processo tributario in ordine all’applicazione del termine lungo di impugnazione, impermeabile alle disposizioni transitorie di cui all’art. 58 della I. n. 69 del 2009: tale principio si desume dall’art. 62 del medesimo decreto, che fa espresso riferimento, per la disciplina del giudizio di cassazione in materia tributaria, alle norme del codice di procedura civile, così attribuendo prevalenza alle norme processuali ordinarie ed escludendo l’esistenza di un giudizio “tributario di legittimità” (Cass. n. 12642 del 19/05/2017, Rv. 644238);
– ne deriva che trattandosi, nella specie, di giudizio instaurato anteriormente al 4 luglio 2009 (la sentenza di primo grado risale al 2007), è inapplicabile, per effetto dell’art. 58 cit., la riduzione a sei mesi del termine lungo;
– è pure infondata l’eccepita violazione dell’art. 366, n. 3, c.p.c.: l’esposizione dei fatti di causa, che deve essere “sommaria”, risulta adeguata ed idonea a fornirne una sufficiente rappresentazione;
– il primo motivo, rivolto esclusivamente al principale rilievo contenuto nell’avviso per l’anno 2003 relativo al contestato transfer pricing per le operazioni infragruppo, denuncia la violazione dell’art. 76, comma 5, (ora 110, comma 7), d.P.R. n. 917 del 1986; il secondo motivo denuncia, sulla medesima questione, motivazione insufficiente su un fatto controverso, identificato nella rispondenza al valore normale del prezzo di acquisto della merce (carrelli elevatori), attività “caratteristica” svolta in perdita, incentrandosi la motivazione sul totale delle attività svolte e correlato utile positivo della società;
– il primo motivo è fondato – da cui l’infondatezza dell’eccepita inammissibilità ex art. 360 bis c.p.c. – per essere la CTR incorsa nella violazione dell’art. 76, comma 5, (ora 110, comma 7) tuir;
– la normativa in esame, infatti, non integra una disciplina antielusiva in senso proprio, ma è finalizzata alla repressione del fenomeno economico del transfer pricing (spostamento d’imponibile fiscale a seguito di operazioni tra società appartenenti al medesimo gruppo e soggette a normative nazionali differenti) in sé considerato, sicché la prova gravante sull’Amministrazione finanziaria non riguarda la maggiore fiscalità nazionale o il concreto vantaggio fiscale conseguito dal contribuente, ma solo l’esistenza di transazioni, tra imprese collegate, ad un prezzo apparentemente inferiore a quello normale, incombendo, invece, sul contribuente, giusta le regole ordinarie di vicinanza della prova ex art. 2697 c.c. ed in materia di deduzioni fiscali, l’onere di dimostrare che tali transazioni siano intervenute per valori di mercato da considerarsi normali alla stregua di quanto specificamente previsto dal citato art. 9, comma 3, tuir (v. Cass. n. 11949 del 2012; Cass. n. 10742 del 2013; Cass. n. 18392 del 2015; Cass. n. 7493 del 2016);
– è ben vero che secondo una giurisprudenza più risalente, seguita invero anche da un isolato più recente arresto (v. Cass. n. 15642 del 2015), la norma veniva ricondotta ad una clausola elusiva ma tale orientamento, ormai superato, non può essere condiviso tenuto conto che la ratio della normativa va rinvenuta “nel principio di libera concorrenza enunciato nell’art. 9 del Modello di Convenzione OCSE” e che, quindi, la valutazione in base al valore normale investe la “sostanza economica dell’operazione” che va confrontata “con analoghe operazioni realizzate in circostanze comparabili in condizioni di libero mercato tra soggetti indipendenti” (v. in particolare Cass. n. 27018 del 15/11/2017, che, nel ricomporre le diverse opzioni interpretative emerse nella giurisprudenza della Corte, ha espressamente affermato «la ratio della disciplina di cui all’art. 110, comma 7, tuir, va individuata nel principio di libera concorrenza, esclusa ogni qualificazione della stessa come norma antielusiva»)
– non ricorrono, dunque, i presupposti per rimettere la trattazione della causa alla pubblica udienza, né, tantomeno, per la rimessione degli atti alle Sezioni Unite;
– neppure, del resto, può ritenersi la normativa così interpretata sospetta di illegittimità costituzionale, attesa, da un lato, l’evidente differenza tra operazioni poste nel mercato interno, soggette ad una unitaria disciplina nazionale, e quelle transfontaliere, per le quali l’esigenza è di tutelare il potere impositivo nazionale, e, dall’altro, rinvenendo l’art. 110, comma 7, tuir la propria ratio nel principio di libera concorrenza e nell’oggettivazione del valore delle operazioni ai soli fini fiscali, senza che ne siano alterati gli equilibri civilistici tra i contraenti, che restano regolati dal solo reciproco consenso, sicché non è lesivo dei principi di iniziativa economica, né, tantomeno, di capacità e progressività nell’imposizione;
– il secondo motivo resta assorbito;
– in accoglimento del ricorso, pertanto, la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese di legittimità, alla CTR competente in diversa composizione, che dovrà accertare, nel rispetto del riparto dell’onere probatorio tra le parti come sopra definito, la condizione essenziale per l’applicazione della normativa, ossia se le cessioni siano intervenute per valori di mercato da considerarsi inferiori a quelli normali;
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla CTR della Lombardia in diversa composizione.
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