CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 febbraio 2018, n. 4441

Malattia professionale – Indennizzo in forma capitale – Aggravamento delle condizioni – Consulenza tecnica d’ufficio – Vizio di ultrapetizione

Rilevato

che S.F. con ricorso del 21.12.2009 chiedeva il riconoscimento della malattia della broncopneumopatia dalla quale era affetto, oltre le prestazioni di legge;

che riconosciuta la malattia con postumi al 15% e proposto appello dall’Inail, la Corte d’appello di Cagliari (sentenza del 21.5.2012) rinnovava la consulenza ed accoglieva parzialmente l’impugnazione, fissando un indennizzo in capitale commisurato ad un danno biologico del 9% dalla domanda amministrativa e del 12% a decorrere dal mese di luglio del 2011, oltre interessi di mora; che per la cassazione della sentenza ricorre l’Inail con tre motivi; che S.F. rimane solo intimato;

Considerato

che col primo motivo l’Inail deduce la violazione dell’art. 13, comma 4, del D.L.vo n. 38 del 23.2.2000 assumendo che la Corte d’appello di Cagliari è incorsa in errore nel ritenere che sulla base delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio potesse disporsi la percentuale di invalidità dal 9% al 12% a seguito del presunto aggravamento delle condizioni di salute di S.F., pur in assenza di esplicita richiesta da parte dell’avente diritto; che nella fattispecie eventuali aggravamenti delle condizioni di salute dell’assicurato avrebbero potuto assumere rilevanza non già ai fini dell’originaria domanda, ma solo ai fini dell’eventuale revisione dell’indennizzo già riconosciuto;

che la decisione della Corte territoriale era, quindi, affetta da vizio di ultrapetlzione dal momento che l’assicurato aveva chiesto esclusivamente la conferma della sentenza di primo grado che gli aveva riconosciuto il diritto all’erogazione dell’indennizzo ragguagliato al 15% di inabilità e non, invece, il riconoscimento di un aggravamento delle condizioni di salute; che col secondo motivo, dedotto per violazione dell’art. 112 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., l’istituto ricorrente lamenta che la Corte d’appello ha riconosciuto al S. un aggravamento da questi non richiesto, precludendogli, oltretutto, il diritto di richiedere un adeguamento del capitale in un momento successivo e per un grado superiore;

che, pertanto, la Corte d’appello avrebbe dovuto limitarsi ad accogliere il gravame in ordine al riconosciuto grado di inabilità del 9% senza annettere effetti all’aggravamento successivamente accertato dall’ausiliare tecnico, rispetto al quale il S. non aveva proposto alcuna domanda; che col terzo motivo, formulato per violazione dell’art. 149 disp. att. c.p.c., l’Inail si duole del fatto che la Corte d’appello, travalicando i limiti della domanda espressamente limitata al riconoscimento di una rendita per broncopneumopatia, ha accertato un sopravvenuto aggravamento senza che ciò fosse stato richiesto dall’assicurato; in tal modo, la Corte avrebbe esercitato un potere di revisione che la legge attribuisce all’istituto assicuratore o la cui sollecitazione è rimessa all’impulso dell’assicurato, il tutto attraverso un apposito procedimento amministrativo;

che i tre motivi, che per ragioni di connessione possono essere trattati congiuntamente, sono infondati;

che si è, infatti, statuito (Cass. Sez. Lav. n. 796 del 20.1.2012) che “l’intero sistema dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali è ispirato all’esigenza di adeguare, per quanto possibile, il diritto alla prestazione, nascente dalla legge, all’effettiva misura della riduzione dell’attitudine al lavoro. Ne consegue che l’art. 13, comma 4, del d.lgs. n. 38 del 2000 non osta a che il giudice condanni l’istituto erogatore, oltre che al pagamento dell’indennizzo in capitale e al suo adeguamento in relazione a un accertato aggravamento, anche a un secondo adeguamento dello stesso, dato che la limitazione a una sola volta del diritto alla revisione del suddetto indennizzo presuppone che quest’ultimo sia stato già riconosciuto all’assicurato”;

che si è, altresì, precisato (Cass. sez. 6 – L- Ordinanza n. 28954 del 27.12.2011) che “il sistema dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali è ispirato all’esigenza di adeguare, per quanto possibile, la prestazione all’effettiva misura della riduzione dell’attitudine al lavoro. Ne consegue che in sede giudiziale, sia che si tratti di prima liquidazione, sia che si tratti di revisione, l’oggetto del giudizio verte sull’accertamento dell’effettivo grado di riduzione dell’idoneità lavorativa, senza che sia consentito ancorare l’adeguamento della rendita a una presunta volontà vincolativa dell’assicurato”;

che è, pertanto, da escludere che la Corte di merito sia incorsa nel denunziato vizio di ultrapetizione, posto che l’oggetto del contendere era rappresentato dalla verifica della sussistenza del diritto al preteso indennizzo ed alla determinazione della relativa percentuale in capitale, percentuale, questa, già individuata dal primo giudice nella misura del 15%, senza che rispetto alla determinazione della percentuale si fosse registrata una presunta volontà vincolativa dell’interessato;

che lo stesso istituto assicuratore ha riconosciuto che era corretta la decisione della Corte d’appello nella parte in cui, accogliendo parzialmente il gravame avverso la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto al S. un Indennizzo in capitale commisurato ad un danno biologico del 15%, aveva accertato che il predetto indennizzo doveva essere, invece, commisurato alle percentuali inferiori del 9% e del 12%, decorrenti rispettivamente dalla domanda amministrativa e dal mese di luglio del 2011;

che, pertanto, non è fondata la tesi difensiva dell’Inail che tenta di configurare come presunto aggravamento non richiesto dall’interessato quello che è in realtà il risultato di un nuovo accertamento, sollecitato in sede di gravame dallo stesso istituto, che consentiva di verificare la sussistenza di una percentuale finale del 12% dell’indennizzo, misura, questa, inferiore a quella del 15% accertata dal primo giudice su istanza dell’assicurato; che neanche può ritenersi fondato il richiamo operato dall’Inail alla norma di cui al quarto comma dell’art. 13 del d.lvo n. 38/2000, sia perché nella fattispecie era stato già riconosciuto in prime cure un indennizzo in capitale, laddove la norma in esame si riferisce all’aggravamento che può verificarsi nei casi di guarigione senza postumi di invalidità o di postumi che non abbiano raggiunto il minimo per l’indennizzabilità in capitale (soglia minima del 6%) o in rendita (16%), sia perché il S. non aveva attivato un procedimento di revisione della prestazione, avendo solo chiesto il riconoscimento della natura professionale della malattia lamentata ed il riconoscimento delle relative prestazioni;

che, in definitiva, il ricorso va rigettato;

che non va adottata alcuna statuizione in ordine alle spese del presente giudizio dal momento che S.F. è rimasto solo intimato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.