CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 gennaio 2018, n. 1651
Riliquidazione pensione già corrisposta dall’INPDAI – Istanza di sospensione del procedimento nelle more della pronuncia della Corte EDU sui ricorsi proposti – Non previsto obbligo per i giudici italiani di sospendere il giudizio – Ricorso inammissibile
Rilevato in fatto
che, con sentenza depositata il 2.8.2011, la Corte d’appello di Roma, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda di G.C. e altri quattordici litisconsorti volta alla riliquidazione della pensione già corrisposta loro dall’INPDAI con esclusione del c.d. limite soggettivo costituito dalla misura massima della pensione liquidabile a coloro che fossero in possesso di sola contribuzione INPDAI;
che avverso tali statuizioni G.C. e tre degli originari litisconsorti hanno proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura, illustrati da memoria; che l’INPS ha resistito con controricorso;
Considerato in diritto
che, con il primo motivo, i ricorrenti denunciano violazione degli artt. 3 e 24 Cost., 295 c.p.c.e delle leggi nn. 848/1955 e 12/2006, per non avere la Corte di merito accolto l’istanza di sospensione del procedimento nelle more che la Corte EDU si pronunciasse sui ricorsi proposti avverso quindici sentenze di questa Corte di legittimità aventi oggetto analogo a quello del presente giudizio, e in subordine sollevano questione di legittimità costituzionale della citata legge n. 12/2006, nella parte in cui non prevede l’obbligo per i giudici italiani di sospendere il giudizio nel caso in cui pendano procedimenti identici davanti alla Corte EDU;
che il motivo difetta di specificità, dal momento che – a fronte della recisa affermazione della Corte territoriale secondo cui non sarebbero stati forniti elementi utili per valutare la corrispondenza tra la fattispecie in esame e quelle portate alla cognizione della Corte EDU e che mancherebbe perfino la prova della previa delibazione della loro ricevibilità in tale sede (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata) – il contenuto nei ricorsi asseritamente pendenti avanti alla Corte EDU non è stato né trascritto né riassunto nel ricorso per cassazione, nemmeno nelle sue parti rilevanti, in violazione del principio costantemente affermato da questa Corte secondo cui il ricorrente per cassazione, che intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere, imposto dall’art. 366, comma 1°, nn. 4 e 6, c.p.c., di produrlo agli atti, indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale è stato acquisito e dove attualmente esso si trovi, e di indicarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso (cfr. da ult. Cass. n. 19048 del 2016); che, conseguentemente, in mancanza di prova dell’identità della questione oggetto del presente giudizio e di quelle fatte valere avanti alla Corte EDU, la proposta questione di legittimità costituzionale difetta palesemente di rilevanza;
che. con il secondo motivo, i ricorrenti si dolgono di violazione e falsa applicazione degli artt. 3, commi 1-3, d.lgs. n. 181/1997, 1, commi 1° e 2°, d.P.R. n. 58/1976 (in relazione agli artt. 5, commi 1° e 4°, I. n. 44/1973, e 2, d.m. 7.7.1973), e 59, comma 1, I. n. 449/1997, per avere la Corte territoriale ritenuto che, a seguito della ricongiunzione presso l’INPDAI della contribuzione da loro accreditata presso il Fondo elettrici, la loro pensione andasse liquidata con l’applicazione del c.d. limite soggettivo, laddove l’unico massimale applicabile avrebbe potuto essere quello c.d. oggettivo, corrispondente ai diversi coefficienti di rendimento propri della contribuzione trasferita, in quanto fatti salvi dall’art. 59, comma 1, I. n. 449/1997, e dall’art. 3, comma 1, d.lgs. n. 181/1997, già cit. ;
che, con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione dell’art. 1, commi 1° e 2°, d.P.R. n. 58/1976, del d.m. 7.7.1973, del d.m. n. 422/1988 e degli artt. 59, comma 1, I. n. 449/1997, 111 Cost e 6 e 14 CEDU, nonché vizio di motivazione, per avere la Corte di merito avallato un’interpretazione della normativa dianzi cit. che li discrimina rispetto ad altri che posseggono minore anzianità contributiva;
che entrambi i motivi possono essere esaminati congiuntamente, stante l’intima connessione delle censure svolte;
che questa Corte ha ormai consolidato il principio secondo cui, in tema di trasferimento presso l’INPDAI di contribuzione versata presso il Fondo elettrici, l’art. 1, comma 2°, d.P.R. n. 58/1976, nello stabilire che l’ammontare della pensione, ivi compresa la quota parte conseguente all’esercizio della facoltà ex art. 5, I. n. 44/1973, «non può essere superiore a quello della pensione massima erogabile dall’INPDAI ai sensi del comma precedente», ossia secondo il regime generale dell’INPDAI, contiene un rinvio non recettizio, sicché la pensione massima erogabile dall’INPDAI non si determina in conformità alla previsione originaria, ma, attesa la natura formale del rinvio, avendo riguardo alla pensione massima del regime INPDAI erogabile al momento del pensionamento, e quindi applicando il ius superveniens in base al quale si deve tenere conto dell’introduzione, nel sistema INPDAI, dei coefficienti di rendimento decrescenti della retribuzione eccedente il massimale (cfr. da ult. Cass. n. 17411 del 2016);
che la censura di vizio di motivazione formulata nel terzo motivo appare invece inammissibile, dal momento che la circostanza secondo cui i ricorrenti sarebbero stati collocati in quiescenza con un’anzianità contributiva inferiore a quella massima è questione di cui la sentenza impugnata non fa cenno né parte ricorrente indica quando e come essa sarebbe stata ritualmente allegata nel corso del processo, per modo che essa, involgendo accertamenti di fatto, va ritenuta nuova e non deducibile in questa sede di legittimità (Cass. n. 20518 del 2008); che il ricorso, conclusivamente, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 3.700,00, di cui € 3.500,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
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