CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 gennaio 2018, n. 1672
Imposte dirette – IRPEF – Dichiarazione reddituali – Accertamento
Rilevato
che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere con motivazione semplificata;
che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che aveva accolto l’appello di C.U. contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Milano. Quest’ultima aveva respinto l’impugnazione del contribuente avverso un avviso di accertamento IRPEF, per l’anno 2007;
Considerato
che il ricorso è affidato a due motivi;
che, col primo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 102 c.p.c.e 14 D.Lgs. n. 546/1992, con conseguente nullità della sentenza, ex art. 360 n. 4 c.p.c.: la CTR avrebbe mancato di rilevare d’ufficio la carenza del litisconsorzio necessario nei confronti dell’altro socio della s.a.s. D. e C.;
che, col secondo, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 5 DPR n. 917/1986, 31 e 40 DPR n. 600/1973, ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c: la CTR avrebbe trascurato di considerare che l’avviso di accertamento col quale era stato rettificato il reddito della società era stato notificato anche all’U., in qualità di socio, sicché l’accertamento, una volta divenuto definitivo nei confronti della società, non sarebbe stato contestabile neppure dal socio, che non lo aveva, a suo tempo, impugnato;
che l’U. si è costituito con controricorso; che il primo motivo è fondato;
che, non è parte del processo l’altro socio A.C.; che è invero pacifico che la fattispecie riguardi l’accertamento di maggior reddito ai fini IRPEF – a carico dei soci conseguente all’accertamento di maggior reddito d’impresa a carico di una società priva di personalità giuridica;
che la unitarietà dell’accertamento che è (o deve essere) alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società ed associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 (T.U.I.R.) e dei soci delle stesse (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40) e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto da uno dei soci o dalla società anche avverso un solo avviso di rettifica, riguarda inscindibilmente la società ed i soci (salvo che questi prospettino questioni personali), i quali tutti devono essere parte dello stesso processo e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, comma 1) perché non ha ad oggetto la singola posizione debitoria dei ricorrenti, bensì la posizione inscindibilmente comune a tutti i debitori rispetto alla obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, cioè gli elementi comuni della fattispecie costitutiva della obbligazione (Cass., SS.UU. 1052/2007);
che trattasi pertanto di fattispecie di litisconsorzio necessario originario, con la conseguenza che il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati destinatario di un atto impositivo apre la strada al giudizio necessariamente collettivo ed il giudice adito in primo grado deve ordinare l’integrazione del contraddittorio (a meno che non si possa disporre la riunione dei ricorsi proposti separatamente, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 29): il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è nullo per violazione del contraddittorio di cui all’art. 101 c.p.c. e art. 111 Cost., comma 2, e trattasi di nullità assoluta che può e deve essere rilevata in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (Cass. SS. UU. 14815 del 2008; Sez. 6-5, n. 7789 del 20/04/2016);
che nel caso di specie il giudizio è stato celebrato senza che fosse disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti anche dell’altro socio, sicché deve concludersi che l’intero rapporto processuale si è sviluppato in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14;
che si impone quindi la cassazione della decisione impugnata e dell’intero giudizio, e la causa deve essere rinviata alla Commissione tributaria provinciale di Milano; che il secondo motivo resta assorbito;
che il ricorrente, anche nella memoria ex art. 380 bis c.p.c., afferma di aver “ottenuto l’annullamento degli atti di accertamento”, ma non offre alcuna prova che, in altro giudizio, sia stata resa una tale decisione in via definitiva, mentre la stessa CTR ha dato atto che l’avviso di accertamento nei confronti della società sarebbe divenuto definitivo; che, ove il ricorrente intendesse riferirsi al presente giudizio, sarebbe agevole opporre che il rispetto del contraddittorio è preliminare a qualsivoglia questione di merito; che il giudice del rinvio dovrà occuparsi anche del regolamento delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria provinciale di Milano.
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