CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 giugno 2017, n. 15839
Fallimento e altre procedure concorsuali – Competenza territoriale – Tribunale – Collocazione sede sociale
Rilevato che
la Corte d’appello di Firenze ha respinto il reclamo della A. s.r.l. avverso la sentenza dichiarativa del proprio fallimento pronunciata dal Tribunale il 12 novembre 2014 su istanza di alcuni lavoratori dipendenti;
la Corte ha confermato la competenza del Tribunale di Firenze, essendo situata in Figline Valdarno la struttura alberghiera in concreto gestita dalla società e presso la quale i lavoratori istanti avevano prestato la propria opera, mentre la sede legale in Torino, presso cui erano stati invano esperiti numerosi tentativi di pignoramento, era risultata corrispondere a un’abitazione privata, e del resto la stessa reclamante, costituitasi davanti al Tribunale, non aveva sollevato eccezioni di incompetenza; ha escluso che la concessione di un termine a difesa in favore dei creditori istanti, da parte del Tribunale, costituisse ragione di nullità della sentenza; ha confermato, infine, la sussistenza dello stato di insolvenza in quanto il mancato pagamento — incontestato — dei crediti retributivi dei dipendenti è comportamento che un’impresa solvibile giammai porrebbe in essere pregiudicando la sua stessa efficienza operativa;
la A. ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi, cui non hanno resistito le parti intimate.
Ritenuto che
il primo motivo di ricorso, con il quale si ripropone la questione della competenza territoriale, è infondato nella parte in cui si insiste per la competenza del Tribunale di Torino sull’assunto che la sola dichiarazione che il luogo indicato come sede sociale era in realtà un’abitazione privata, resa all’ufficiale giudiziario dalla persona reperita sul posto, era insufficiente: tale dichiarazione costituisce invece prova sufficiente, in difetto di prova contraria, dell’assenza, in quel luogo, di una sede effettiva o di una qualsiasi struttura della società; il medesimo motivo, inoltre, è improcedibile nella parte in cui si sostiene sussistere la competenza del Tribunale di Pisa essendo situata in Castelfranco di Sotto l’unica unità operativa funzionante dell’impresa: la ricorrente, infatti, non ha prodotto, con il ricorso, l’atto di reclamo nel quale la questione sarebbe stata posta (la sentenza impugnata, invero, non fa cenno a una deduzione di competenza del Tribunale di Pisa da parte della reclamante) né i documenti che nello stesso sarebbero stati richiamati;
il secondo motivo, con il quale si denuncia violazione dell’art. 15 legge fallim. a causa del rinvio concesso ai creditori istanti al fine di esaminare le difese presentate della debitrice, è infondato non essendo previsto dalla legge alcun divieto in tal senso, tanto meno a pena di nullità;
il terzo motivo, con il quale, denunciando violazione dell’art. 5 legge fallim., si contesta la sussistenza dello stato di insolvenza sostenendo che si trattava, in realtà, di una mera illiquidità temporanea, è inammissibile contenendo, di fatto, pure e semplici critiche di merito; il ricorso va in conclusione rigettato;
in mancanza di attività difensiva delle parti intimate non occorre provvedere sulle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17,1. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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