CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 maggio 2017, n. 12960
Accertamento – art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 – Delega di firma – Indicazione del delegato – Nullità
Massima:
Nullo quell’accertamento con la delega in bianco, come nel caso di specie in cui si tratta di una delega impersonale, “in bianco”, senza l’indicazione specifica del soggetto delegato, quindi illegittima perché non si può ammettere una delega fatta per relationem ad un soggetto incerto. In tema di accertamento tributario, la delega di firma deve necessariamente indicare il nominativo del delegato, a pena della sua nullità: non può consistere in un ordine di servizio o in bianco, che si limiti ad indicare la sola qualifica professionale del delegato senza consentire al contribuente di verificare agevolmente la ricorrenza dei poteri in capo al sottoscrittore. Soltanto in alcuni, diversi contesti fiscali – la cartella esattoriale, il diniego di condono, l’avviso di mora, l’attribuzione di rendita – in mancanza di una sanzione espressa, opera la presunzione generale di riferibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso è adottato; mentre, per i tributi locali, è tata ritenuta valida anche la mera firma stampata.
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti della S. e M. C. srl in liquidazione (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 1039/02/2016, depositata in data 24/02/2016 con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso per maggiori IRES, IRAP ed IVA dovute in relazione all’anno d’imposta 2006, a seguito di disconoscimento di costi correlati a fatture emesse da una terza impresa in quanto riferite, secondo l’Ufficio, ad operazioni inesistenti, – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso della contribuente.
In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame della contribuente, hanno dichiarato nullo l’atto impositivo in quanto sottoscritto da funzionario della carriera direttiva non specificamente delegato dal Direttore p.t dell’Agenzia delle Entrate, avendo l’Agenzia delle Entrate prodotto, a fronte della contestazione mossa dalla contribuente, un atto di delega non nominativo ovvero “in bianco”.
A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.
Ragioni della decisione
1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., degli artt. 42 DPR 600/1973, 21 septies, 21 octies e 21 nonies l. 241/1990, non essendo la specificazione del nome del delegato un requisito richiesto a pena di invalidità della delega di firma, coincidendo, nella specie, il delegato con la persona fisica che ricopre il ruolo di responsabile dell’articolazione interna al momento della sottoscrizione dell’atto impugnato.
2. La censura è infondata.
Questa Corte (Cass. 22803/2015) ha, di recente, precisato che “in tema di accertamento tributario, la delega di firma o di funzioni di cui all’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 deve necessariamente indicare il nominativo del delegato, pena la sua nullità, che determina, a sua volta, quella dell’atto impositivo, sicché non può consistere in un ordine di servizio in bianco, che si limiti ad indicare la sola qualifica professionale del delegato senza consentire al contribuente di verificare agevolmente la ricorrenza dei poteri in capo al sottoscrittore”.
La Corte ha ritenuto, nella controversia esaminata, la delega “nulla in quanto, come già rilevato, priva del nominativo del dirigente delegato, non potendo la delega essere fatta “per relationem” con riferimento a un soggetto incerto, ben potendo i capi uffici o capi team al momento della delega non essere più tali al momento della sottoscrizione degli atti impositivi (per trasferimento, pensionamento etc) e non potendo essere sostituiti dei soggetti eventualmente subentranti neanche individuabili al momento del conferimento della delega a cui non può riconoscersi ultrattività con riferimento a possibili mutamenti di qualifica di soggetti individuati, al momento del conferimento della delega, sole per relationem con riferimento all’incarico ricoperto. La cd delega “in bianco”, priva del nominativo soggetto delegato deve quindi essere considerata nulla non essendo possibile verificare agevolmente da parte del contribuente se il delegatario avesse il potere di sottoscrivere l’atto impugnato e non essendo ragionevole attribuire al contribuente una tale indagine amministrativa ai fine di verificare la legittimità dell’atto”.
Solo in diversi contesti fiscali – quali ad esempio la cartella esattoriale (Cass. n.13461/12), il diniego di condono (Cass. n.ri 11458/12 e 220/14), l’avviso di mora (Cass. n.4283/10), l’attribuzione di rendita (Cass. n.8248/06) – in mancanza di una sanzione espressa, opera la presunzione generale di riferibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso è adottato; mentre, per i tributi locali, è stata ritenuta valida anche la mera firma stampata, ex L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 87 (Cass.. n. 9627/12).
Occorre, in sostanza, una delega “nominativa”, perché solo in tal modo si radica il rapporto di fiducia tra delegante e delegato.
Nella specie, la C.T.R., ha specificato, in fatto, che si trattava di una “delega “impersonale” e quindi “in bianco”, senza l’indicazione specifica del soggetto delegato, e quindi illegittima,… non potendosi ammettere una delega fatta – per relationem” con riferimento ad un “soggetto incerto”.
La C.T.R. ha fatte dunque applicazione dei suddetti principi di diritto ed ha affermato espressamente che, “alla luce degli atti di causa”, l’Agenzia delle Entrate non ha dimostrato l’esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore dell’avviso di accertamento o “la presenza della delega del titolare dell’Ufficio”.
La ricorrente non denuncia, nel presente ricorso, l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 n 5 c.p.c., quanto l’erronea valutazione del materiale probatorio prodotto ed esaminato dal giudice, sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto, ex art.360 n. 3 c.p.c., profilo infondato per quanto sopra esposto. La ricorrente avrebbe dovuto, semmai, dedurre un errore revocatorio del giudice, laddove sussistenti i presupposti di legge.
3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.
Considerato il solo recente consolidarsi della giurisprudenza di questo giudice di legittimità, vanno integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato e non si applica l’art. 13 comma 1- quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (nel caso di prenotazione a debito il contributo non è versato ma prenotato al fine di consentire, in caso di condanna della controparte alla rifusione delle spese in favore del ricorrente, il recupero dello stesso in danno della parte soccombente).
P.Q.M.
Respinge il ricorso; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
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