CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 novembre 2016, n. 23923
Tributi – Avviso di accertamento – Motivazione – Obbligo di allegazione degli atti richiamati – Limiti
In fatto
E.L. propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 1440/01/2015, depositata in data 13/02/2015, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso per IRPEF ed addizionali, regionali e comunali, in relazione all’anno d’imposta 2006 – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva dichiarato cessata la materia del contendere, in relazione a parte dell’atto impositivo già annullato in autotutela dall’Amministrazione finanziaria, ed aveva dichiarato nullo l’avviso di accertamento, per la restante parte, in quanto carente di motivazione.
In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame dell’Agenzia delle Entrate, hanno sostenuto che, quanto alla motivazione dell’atto impositivo, non era ravvisabile alcun vizio, non essendo indispensabile l’allegazione all’atto degli altri atti richiamati ove, come nella specie il PVC, già conosciuti dal contribuente, mentre, nel merito, la prestazione del servizio di intermediazione mobiliare in favore di una terza società era stata svolta direttamente dal contribuente, in qualità di “delegato dell’A. srl, cosicché allo stesso andava “attribuita la percezione del relativo compenso, anche se fatturato dalla società A.” (l’E. era legale rappresentante della società fiduciaria I.G.I. Lda, con sede in Madeira, intestataria del 90% delle quote azionane della A. srl, e dunque aveva “il controllo di fatto della A. srl” la cui attività peraltro non risultava documentata).
A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.
Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.
In diritto
1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo. la violazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., dell’art. 7 l. 212/2000, avendo i giudici della C.T.R. respinto il motivo di appello concernente il vizio di motivazione dell’atto impositivo, malgrado non fosse stata allegata “la segnalazione della Direzione centrale” cui l’atto faceva riferimento.
2. La censura, al di là dei profili di difetto di autosufficienza (non essendo riportata la motivazione dell’avviso di accertamento impugnato), è infondata.
La C.T.R., valutala la motivazione dell’atto impositivo, ha dato conto dei presupposti fondanti l’accertamento.
Quanto alla mancata allegazione della segnalazione della Direzione (Centrale Accertamento Ufficio Centrale, deve osservarsi che, come chiarito da questa Corte (Cass 23615/2011), “il requisito motivazionale dell’accertamento, ai sensi dell’art. 42, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione di fatti astrattamente giustificativi, di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando poi affidate al giudizio d’impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi, dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva”.
In sostanza, nel regime introdotto dall’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche “per relationem”, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri, atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari; dell’atto o del documento che risultino necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente – ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento. Questa Corte (Cass. 15327/2014) ha precisato che l’art. 7, comma 1, dello Statuto del contribuente, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento da esso richiamato in motivazione, si riferisce esclusivamente agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza. Nella specie, nel PVC, conosciuto dal contribuente, veniva richiamata la segnalazione in oggetto.
3. Con il secondo motivo, il ricorrerne denuncia un vizio, ex art. 360 n. 4 c.p.c., di “contraddittorietà” della motivazione.
4. La censura è inammissibile.
Le Sezioni Unite di questa Corte, premessa la piena operatività nel giudizio di cassazione in materia tributaria del nuovo testo dell’art. 360 n. 5 c.p.c., hanno, di recente, affermato (Cass. 8053 e 8054/2014) che “la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5. cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi, sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparante”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (cfr. ord. 21257/2014).
Ne consegue che, mentre l’omessa pronunzia continua a sostanziarsi nella totale carenza di considerazione della domanda e dell’eccezione sottoposta all’esame del giudicante, il quale manchi completamente perfino di adottare un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo implicito, di accoglimento o di rigetto, invece indispensabile alla soluzione del caso concreto, il vizio motivazionale previsto dal nuovo testo del n. 5) dell’art. 360 c.p.c. presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia pur sempre stato da parte del giudice di merito, ma che esso sia affetto dalla “totale pretermissione” di uno specifico fatto storico, oppure che si sia tradotto nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel ”contrasto irriducibile ha affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa, invece, qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza della motivazione” o “contraddittorietà” della motivazione.
Nella specie, non ricorre il vizio invocato di “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, avendo i giudici d’appello ritenuto che l’importo della prestazione fatturata dalla A. srl. di cui E. o aveva “il controllo di fatto” pur non essendone all’epoca amministratore doveva essere attribuito al medesimo, il quale aveva materialmente beneficiato della somma.
5. Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., dell’art.42 DPR 600/1973, lamentando la nullità dell’avviso di accertamento in quanto sottoscritto da Direttore Provinciale, “dirigente nominato senza concorso”.
6. La censura è inammissibile.
Invero, non viene esplicitato dal ricorrerne quando ed in quale sede detta eccezione sia stata sollevata, nel giudizio di mento (non trasparendo l’eccezione dalla sentenza impugnata). Deve ribadirsi che le forme di invalidità dell’atto tributario, ove anche dal legislatore indicate sotto il nomen di nullità, non sono rilevabili d’ufficio, né possono essere fatte valere per la prima volta nel giudizio di cassazione (Cass. n. 18448/2015).
7. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono in soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del DPR 115/2002, si dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali, liquidate in complessivi E. 3.000,00, a titolo di compensi, oltre eventuali spese prenotare a debito.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrerne dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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