CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 novembre 2016, n. 23940
Tributi – IRAP – Rimobrso – Medico convenzionato SSN – Impiego di personale dipendente – Valutazione delle caratteristiche delle attività svolte dal dipendente
In fatto e in diritto
Il dott. F.C., medico di medicina generale convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale, ricorre contro l’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania, confermando la sentenza di primo grado, ha negato il diritto del contribuente al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 2003/2005, ritenendo che ricorresse il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione per non essere contestato l’utilizzo, da parte del contribuente, di lavoro dipendente.
Il ricorso si fonda su due motivi, rispettivamente riferiti al vizio di violazione di legge (articoli 2 e 3 D.Lgs. 446/97) e al vizio di omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 n. 5, c.p.c.
L’Agenzia delle Entrate si è costituita solo per partecipare alla discussione orale.
La parte ricorrente ha depositato memoria.
Col primo motivo si censura la sentenza gravata per aver ritenuto configurabile il requisito dell’autonoma organizzazione in relazione ad un medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale; al riguardo il ricorrente argomenta “la non configurabilità del presupposto di applicazione del tributo in capo al medico generico in quanto l’organizzazione di cui dispone per l’esercizio di detta attività non possiede in nessuna circostanza l’indefettibile requisito dell’autonomia”. Secondo il ricorrente, in particolare, la considerazione che i medici convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale non possono avere un numero di assistiti superiore ad un tetto massimo predeterminato indurrebbe ad escludere qualunque correlazione tra l’impiego di beni strumentali e di personale dipendente ed i proventi dell’attività professionale.
L’argomento non può essere accolto, avendo questa Corte già avuto modo di chiarire, nella sentenza 1542/15, che – a parte la considerazione che un supporto organizzativo di beni strumentali e di collaboratori può servire non solo ad incrementare il numero dei pazienti (e quindi il reddito) del medico di base ma anche, nel caso del massimalista, a mantenere tale numero (e quindi il reddito) garantendo, attraverso il miglior servizio reso ai pazienti, la fidelizzazione di medesimi – è decisivo il rilievo che la disciplina dell’IRAP, secondo l’interpretazione offertane da questa Corte, assoggetta ad imposta il professionista che si avvalga di un’autonoma organizzazione di supporto al proprio lavoro indipendentemente dai riflessi immediati che tale organizzazione determini sull’entità del suo reddito.
In sostanza, quindi, anche per i medici convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale, come per qualunque altro professionista, l’accertamento della sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione deve essere verificata in concreto e non è suscettibile di essere affermato o negato in astratto per l’intera categoria; cosicché non incorre in violazione di legge la sentenza che tale requisito abbia ravvisato in un medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale in base al concreto apprezzamento delle risultanze relative ai mezzi ed ai lavoratori dipendenti del cui ausilio il medesimo si avvalga.
Fondata è tuttavia la censura nella parte in cui il professionista si duole della ritenuta rilevanza, ai fini dell’IRAP, dell’apporto fornito da un lavoratore dipendente.
Ed invero, le Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. Un., n. 9451/2016) hanno di recente chiarito la irrilevanza, ai fini della configurazione del requisito dell’autonoma organizzazione richiesta per la debenza dell’IRAP di una collaborazione fornita da un soggetto adibito a mansioni di segretaria ovvero meramente esecutive. A tale principi non si è attenuto il giudice di merito che ha anzi riconosciuto l’incidenza, ai fini del presupposto costitutivo dell’IRAP, della presenza di un dipendente anche se svolgente le mansioni di segretaria, limitandosi a considerare l’esistenza di un’attività lavorativa alle dipendenze del contribuente senza tuttavia indagare sulle caratteristiche di tale attività.
Sulla base di tali considerazioni, il primo motivo di ricorso va accolto per quanto di ragione con l’assorbimento del secondo e la cassazione della sentenza con rinvio ad altra sezione della CTR della Campania anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c.
Accoglie il primo motivo per quanto di ragione, assorbito il secondo.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR della Campania anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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